La scorsa settimana l'Istat ha pubblicato un focus interessante sui pensionati e la loro partecipazione al mercato del lavoro
L’Istat ha pubblicato un Focus su “Pensione e partecipazione al mercato del lavoro” inserito nella Rilevazione sulle forze di lavoro condotta nel corso del 2023, redatto sulla base di un modulo somministrato a tutte le persone di età compresa tra i 50 e i 74 anni, incluse le occupate.
Le informazioni rilevate sono finalizzate a monitorare il progressivo raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Strategia Europa 2030, con particolare riferimento all’incremento della partecipazione al mercato del lavoro della popolazione in età avanzata, e a valutare l’esposizione al rischio di vulnerabilità economica dovuta all’assenza di un reddito da pensione tra le persone anziane.
Il Focus inizia dalle analisi delle principali caratteristiche dei beneficiari dei trattamenti pensionistici, anche nel confronto europeo, e dell’età al pensionamento, per approfondire poi la condizione occupazionale dopo la pensione e analizzare le specificità dei pensionati che svolgono attività lavorative.
I beneficiari dei trattamenti pensionistici
L’analisi si concentra sulle persone tra i 50 e i 74 anni che beneficiano di una pensione in funzione della vecchiaia cioè all’insieme dei trattamenti che coprono i rischi economici legati all’età avanzata. Rientrano in questa categoria le pensioni erogate al termine di un’attività lavorativa (pensioni da lavoro), le pensioni private ottenute a seguito di un piano pensionistico personale e, solamente per le persone con età superiore a 66 anni, le pensioni di reversibilità, invalidità e assegno sociale (pensioni non da lavoro).
Il 32,1% della popolazione tra 50 e 74 anni (circa 6 milioni e 607mila individui) riceve almeno una pensione; l’età media è pari a 68,3 anni: il 37,1% ha tra 65 e 69 anni e il 43,4% ha almeno 70 anni. Le donne, nonostante rappresentino la maggioranza (51,6%) della popolazione tra 50 e 74 anni, costituiscono meno della metà (il 45%) del sottogruppo di coloro che percepiscono trattamenti pensionistici: si tratta di 2 milioni e 971mila pensionate, di cui ben il 46,7% ha 70 anni e oltre. Tra gli uomini 50-74enni, i beneficiari di pensione sono 3 milioni e 637mila, di cui oltre un quinto (21,7%) ha tra 50 e 64 anni.
Figura 1 – Uomini e donne tra 50 e 74 anni che percepiscono una pensione per classe di età (anno 2023)
Il 43,4% della popolazione di età compresa tra 50 e 74 anni non percepisce una pensione ed è occupata, quasi 9 milioni di individui relativamente giovani, essendo l’età media pari a 56,3 anni. La quota è in linea con la media dell’Unione europea (43,2%). La percentuale dei pensionati tra i 50 e i 74 anni di età (32,1%) è invece tra le più basse in Europa, superiore solo a quelle di Spagna (24,3%), Danimarca (25,5%) e Grecia (31,7%), distanziandosi di oltre 8 punti percentuali dalla media Ue-27 (40,5%).
Di contro, in Italia la quota di persone che non lavorano e non beneficiano di alcuna pensione (24,4%) è tra le più alte (è inferiore solo a quelle di Spagna, 29,8%, e Grecia, 25,1%) e si discosta dalla media dei Paesi di 8,1 punti percentuali.
Elevate le differenze di genere: in Italia il 28% delle donne percepisce una pensione, contro una media europea del 40,7%; per gli uomini i valori sono rispettivamente 36,5% e 40,4%. In altri termini, l’Italia si colloca al di sotto della media Ue-27 di circa 13 punti percentuali per effetto della componente femminile (essendo la differenza di appena 4 punti con riferimento alla componente maschile).
Più bassa rispetto alla media europea (4,1%) è anche la quota, pari al 2%, di chi riceve una pensione con funzione di vecchiaia ed è occupato; si tratta di 418mila individui con un’età media pari a 66,5 anni.
Infine, un individuo su quattro non lavora e non beneficia di alcuna pensione; sono circa 5 milioni di individui e hanno in media 59,8 anni, sono soprattutto donne (75,7%) che vivono in coppia (33,4% senza figli coabitanti e 38,7% con figli coabitanti), con cittadinanza italiana (92,6%), poco istruiti (il 67,4% ha al massimo la licenza media inferiore), che in metà dei casi risiedono nel Mezzogiorno; un terzo non ha mai lavorato: il 42% tra le donne, quota che sale al 47% nel Mezzogiorno e raggiunge il 55% tra chi possiede al più la licenza elementare.
Il 63,5% dei 50-64enni è occupato e solo il 9,5% percepisce un trattamento pensionistico; nella fascia di età 65-74 anni i valori passano rispettivamente al 9,7% e al 77,5% Nel Mezzogiorno si registra la quota più bassa sia di occupati, sia di percettori di trattamenti pensionistici: lavora poco più della metà delle persone tra 50 e 64 anni (contro circa il 70% nel Nord) e beneficia di una pensione poco meno del 70% delle persone tra 65 e 74 anni (rispetto a valori superiori all’80% nel Nord).
Inoltre, sempre nel Mezzogiorno, il 23,8% delle persone tra 65 e 74 anni non è occupata e non riceve alcuna pensione, rispetto al 14,6% nel Centro, al 13% nel Nord ovest e al 12,2% nel Nord est.
Circa il 70% della popolazione tra 65 e 74 anni riceve una pensione da lavoro
Tra i 50-74enni, coloro che ricevono una pensione da lavoro sono il 29,6%; la percentuale scende al 9,3% tra 50 e 64 anni e sale al 69,9% tra 65 e 74 anni. I percettori di pensione non derivante da una pregressa attività lavorativa, cioè i percettori di pensioni private ottenute a seguito di un piano pensionistico personale e i percettori di pensioni di reversibilità, invalidità e assegno sociale di età superiore ai 66 anni, rappresentano una quota residuale, pari al 2,6%, delle persone di età compresa tra i 50 e i 74 anni, quota che sale al 10,5% tra i 70-74enni (3,1% tra gli uomini e 17,1% tra le donne).
A seguito della diversa partecipazione al mercato del lavoro delle donne rispetto agli uomini, le differenze di genere sono marcate: con riferimento alla classe di età 65-74 anni, la quota di pensionate da lavoro, pari al 56,2%, è di quasi 29 punti percentuali inferiore a quella osservata tra gli uomini (la differenza arriva a quasi 31 punti percentuali nella classe di età 70-74 anni). In aggiunta, tra le 65-74enni il 12,1% percepisce una pensione non proveniente da una pregressa attività lavorativa (17,1% nella classe di età compresa tra 70 e 74 anni), quota che scende a circa il 3% tra i coetanei maschi.
L’età alla pensione
Quando si arriva, in tutti i Focus, a monitorare l’età effettiva del pensionamento alla decorrenza ci si rende conto che il Paese è popolato di mentitori: non è vero che in Italia si vada in pensione a età troppo elevate; è vero invece che ci si va da anziani/giovani, soprattutto se uomini.
L’età media alla ricezione della prima pensione con funzione di vecchiaia (da lavoro e da altro tipo) è pari a 61,4 anni, dato in linea con la media europea (61,3 anni); è più elevata tra le donne (61,9 anni) rispetto agli uomini (60,9 anni). Inoltre, le donne in Italia iniziano a ricevere una pensione più tardi rispetto a quanto osservato a livello europeo: la media europea è pari a 60,9 anni per le donne e 61,3 anni per gli uomini.
Tra i beneficiari di una pensione da lavoro tra 50 e 74 anni, l’età media al pensionamento è pari a 60,9 anni. Per effetto dei passati provvedimenti legislativi (in cui l’età legale al pensionamento era più bassa), delle norme più recenti che hanno introdotto misure di flessibilità in uscita (quota 100, 102 e 103) e delle anticipazioni alla pensione per i lavori usuranti o gravosi, la curva presenta dei picchi, soprattutto tra le donne, in corrispondenza delle età pari a 60 (13,7%) e 67 anni (11,8%);
nel primo caso la maggior parte delle persone è andata in pensione prima della riforma “Fornero” del 2012. Inoltre, un’elevata quota di beneficiari di pensione da lavoro (quasi il 10%) dichiara un’età al pensionamento pari a 62 anni.
Mediamente, le donne iniziano a percepire la pensione da lavoro leggermente più tardi rispetto agli uomini: l’età media è pari a 61,0 anni rispetto a 60,8 tra gli uomini. L’età media è inoltre più alta nel Mezzogiorno (62,3), tra gli stranieri (63,5) e tra i laureati (63,1), conseguenza per questi ultimi anche del posticipato ingresso nel mercato del lavoro rispetto alle persone meno istruite.
La condizione lavorativa dopo la pensione
Un pensionato su 10 ha avuto esperienza di lavoro dopo aver ricevuto la pensione. Il 71,8% dei pensionati ha smesso di lavorare al momento della pensione e un ulteriore 17,4% non lavorava già da prima. La quota di coloro che dichiarano di aver lavorato nei primi sei mesi successivi al momento del ricevimento della pensione è pari al 9,4% (il 6,6% ha continuato a svolgere lo stesso lavoro che aveva prima di percepire la pensione), mentre ammonta all’1,4% quella di chi ha svolto almeno un lavoro, ma solamente dopo i primi 6 mesi di pensionamento.
In sintesi, il 10,8% dei pensionati tra 50 e 74 anni dichiara di aver lavorato anche dopo aver iniziato a percepire una pensione (712mila soggetti).
Un pensionato su due ha lavorato dopo la pensione per soddisfazione personale
Tra i pensionati che hanno continuato a lavorare subito dopo aver ricevuto la pensione (9,4% dei pensionati), più della metà (51,7%) dichiara di averlo fatto principalmente per soddisfazione personale e per continuare a essere produttivo nella società in cui vive la quota è superiore rispetto a quella osservata a livello europeo (36,3%) e raggiunge i due terzi tra i laureati. Il 29,7% indica come principale la motivazione di natura economica (la quota non si discosta dalla media europea), che risulta la più frequente tra gli stranieri e tra coloro la cui pensione non proviene da una pregressa attività lavorativa.
Infine, residuali sono le altre motivazioni, tra le quali quelle di natura relazionale (4,3%) e quelle relative alla maggiore disponibilità di reddito, anche se non necessario (6,0%), meno frequenti rispetto alla media europea (11,2% e 9,1% rispettivamente).
I pensionati occupati
Il 6,3% dei pensionati tra 50 e 74 anni è occupato (418mila soggetti). Rispetto al totale degli occupati della medesima fascia d’età si tratta persone con bassi titoli di studio (fino a licenza elementare 11,7% contro 3,9%) o lavoratori autonomi (79,5% contro 25,7%), soprattutto lavoratori in proprio (44,0% contro il 14,7%), liberi professionisti (18,2% contro 6,6%) e imprenditori (7,2% contro 2,3%).
Tra le figure professionali sono più rappresentate quelle di artigiano, operaio specializzato, agricoltore (28,2% contro 14,8%), professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (17,9% contro 15,7%) e quelle di legislatori, imprenditori e alta dirigenza (9,3% contro 4,5%); meno rappresentate sono invece le professioni esecutive nel lavoro d’ufficio (3,9% contro 12,3%) e le professioni non qualificate (3,9% contro 11,3%).
I pensionati occupati, rispetto al totale degli occupati, svolgono più spesso un lavoro a tempo parziale (37,7% contro 17,0%), nei settori dell’agricoltura (13,0% contro 4,1%) e del commercio (19,9% contro 12,4%).
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