Nei giorni scorsi la Commissione bicamerale di vigilanza sugli enti previdenziali, nell’ambito di un’indagine “sulle attività finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti previdenziali e dei fondi pensione anche in relazione allo sviluppo del mercato finanziario e al contributo fornito alla crescita dell’economia reale”, ha proceduto all’audizione della presidente f.f. (il Governo dopo anni non è ancora riuscito a nominare un presidente effettivo) della Covip, Francesca Balzani.
Pur essendo l’oggetto dell’audizione rivolto al tema degli investimenti (è sempre presente nelle forze politiche la tentazione di impiegare nell’economia reale le ingenti risorse accumulate nelle forme di previdenza complementare) la presidente ha voluto – correttamente – illustrare anche l’andamento del settore della previdenza privata, che prosegue nel quadro delle sue finalità istituzionali, nonostante che giaccia nel dimenticatoio dell’iniziativa legislativa da quasi un ventennio.
Alla fine del 2024 l’offerta di strumenti di previdenza complementare si componeva di 33 fondi negoziali, 38 aperti, 69 piani individuali pensionistici (PIP), 151 fondi preesistenti. Il totale degli iscritti è arrivato a sfiorare i dieci milioni, a fronte di posizioni individuali in essere che superano gli undici milioni.
Le posizioni in essere presso i fondi pensione negoziali erano circa 4,2 milioni; quelle aperte presso i fondi aperti 2,1 milioni e quelle presso i PIP 4,2 milioni, di cui 0,3 milioni ancora afferenti ai PIP c.d. “vecchi”. Circa 700.000 erano le posizioni nei fondi preesistenti la riforma del 1993 (e successive modifiche).
Le risorse destinate alle prestazioni accumulate dalle forme pensionistiche complementari alla fine del 2024 ammontavano, sulla base di dati ancora preliminari, a 243 miliardi di euro, corrispondenti al 10,8% del Pil e al 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Tali risorse erano così ripartite: ai fondi pensione negoziali circa 74,6 miliardi euro; ai fondi aperti a 37,3 miliardi; ai fondi preesistenti 69,4 miliardi. Le risorse dei PIP erano complessivamente pari a 61,5 miliardi di euro, inclusi 6,8 miliardi riferibili ai PIP “vecchi”.
Questi dati meritano qualche considerazione. In primo luogo, l’ammontare consistente (nonostante il numero limitato degli aderenti) delle risorse che fanno capo ai fondi preesistenti si spiega con la durata dell’attività svolta in anni precedenti le forme di nuova istituzione. Dal canto loro vanno sottolineati sia il numero delle adesioni, sia l’ammontare delle risorse riferiti ai PIP, in quanto si tratta di un uso individuale della previdenza complementare, tramite vere e proprie polizze vita sottoposte alle regole delle altre forme e caratterizzate da maggiori oneri di gestione; quasi a confermare le difficoltà di un utilizzo collettivo attraverso la contrattazione.
Quanto ai rendimenti delle forme di previdenza complementare, nel 2024 si sono riscontrati risultati positivi, come già nell’anno precedente, con valori più elevati per le gestioni con una maggiore esposizione azionaria.
Per i comparti azionari, infatti, si riscontrano, per le diverse tipologie di forme, rendimenti netti medi compresi tra il 10,4% e il 13%. Nelle linee bilanciate i risultati medi sono compresi tra il 6,4% e il 7%. Rendimenti medi inferiori, ma comunque positivi, si sono rilevati per i comparti obbligazionari e garantiti.
Più in generale, per quanto riguarda l’aspetto dei rendimenti è opportuna una annotazione. Sappiamo che la principale fonte di finanziamento della previdenza complementare è il Tfr, la voce retributiva accantonata nel bilancio dell’azienda che viene erogata al lavoratore al momento della cessazione del rapporto e che si avvale di una rivalutazione annua ex lege in misura del 75% dell’incremento del costo della vita per gli operai e per gli impiegati, sulla base dei dati Istat, con l’aggiunta di un tasso fisso dell’1,5%. Se invece il Tfr di volta in volta maturando viene destinato a una forma di previdenza complementare, la rivalutazione deve guadagnarsela sul mercato.
Come risulta dalla tabella sopra riportata, nell’arco di un decennio (2014-2024) i rendimenti generali delle diverse forme non sono stati particolarmente più convenienti, in media, di quelli risultanti a tavolino per il Tfr. Rispetto al loro naturale termine di confronto (la rivalutazione ex lege del Tfr), è evidente come tutte le linee “azionarie” (quelle con una quota di azioni sul totale del portafoglio almeno pari al 50%) e quasi tutte quelle “bilanciate” abbiano avuto un rendimento superiore – in molti casi nettamente superiore. Viceversa, ciò non avviene per le linee di investimento garantite e per quelle obbligazionarie. Analoghi risultati si osservano per fondi aperti e PIP.
Ciò richiama l’attenzione sugli investimenti. Per la composizione degli investimenti, i dati relativi al 2024 non erano ancora disponibili al momento dell’audizione, mentre era possibile un’adeguata analisi facendo riferimento alla situazione alla fine del 2023. A tale data, le risorse destinate alle prestazioni del sistema di previdenza complementare erano pari a 224,4 miliardi euro dei quali, tuttavia, solo 189 miliardi erano effettivamente disponibili per le scelte di investimento da compiere da parte delle forme pensionistiche complementari ovvero dei loro gestori.
Infatti, i restanti 35,6 miliardi di euro, pur essendo comunque destinati a finalità pensionistiche, sono costituiti principalmente da riserve tecniche presso le compagnie di assicurazione. In generale, la composizione del portafoglio dei fondi è storicamente caratterizzata da una sostanziale stabilità.
Considerando il totale di sistema, gli investimenti sono allocati principalmente in titoli di Stato o altri titoli di debito (complessivamente il 56% del totale), in titoli di capitale (21,4%), in OICVM (12,4%). L’esposizione complessiva in azioni, includendo anche quella realizzata tramite OICVM, altri OICR e strumenti derivati, raggiungeva il 28,8%.
Il valore degli investimenti domestici a fine 2023 era pari a 36,6 miliardi di euro, pari al 19,4% del totale, nel quale peraltro erano incluse anche alcune voci minori non allocate su base geografica. I titoli dello Stato italiano costituivano di gran lunga la voce più importante degli investimenti domestici: 26,7 miliardi di euro.
Gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane erano pari a 2,8 miliardi per i titoli di debito (obbligazioni) e a 1,7 miliardi per i titoli di capitale (azioni). In sostanza, gli investimenti nell’economia reale sono praticamente simbolici.
Nel tempo, emerge una tendenza alla riduzione della quota degli investimenti domestici sul totale. La discesa è dovuta essenzialmente alla quota degli investimenti in titoli dello Stato italiano, compensata dall’aumento di titoli di Stato esteri, tipicamente dell’area dell’euro.
Per concludere, secondo la Covip, vi sono diverse ragioni per le quali le risorse investite nelle linee a più alto contenuto azionario sono prescelte da pochi iscritti e ricevono quindi poche risorse in proporzione alle altre. Al riguardo, nelle scelte operate dagli iscritti in marito alle linee di investimento hanno certamente un ruolo le preferenze individuali, in molti casi caratterizzate da una bassa tolleranza rispetto al rischio, ovvero l’età più avanzata degli iscritti che hanno accumulato posizioni individuali più elevate e che investono meno in azioni.
Più in generale, osserva la Covip, il nostro Paese può essere caratterizzato da un livello di cultura finanziaria talora non pienamente adeguato a valutare in modo appropriato caratteristiche in termini di rischio e rendimento delle diverse opportunità di investimento. È arduo, pertanto, che la previdenza privata a capitalizzazione sia in grado di svolgere quel ruolo strategico che le è stato affidato nell’ambito delle riforme del sistema pensionistico e non rimanga una forma di investimento favorita dall’impiego del Tfr e da alcune agevolazioni fiscali: una caratteristica che viene confermata anche dalla prevalente erogazione della prestazione in forma di capitale anziché di rendita, nonché dall’uso delle anticipazioni.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.