Il mondo del volontariato sta vivendo da tempo molteplici trasformazioni. Negli ultimi anni sono emerse e si sono consolidate nuove forme di azione volontaria: a quella “tradizionale” si sono affiancate la forma episodica e quella on-line o digitale. La prima fa riferimento all’impegno continuativo , la seconda forma, quella episodica, vede un impegno per attività occasionali , per brevi periodi di tempo , per rispondere a esigenze particolari e contingenti (per esempio eventi culturali o sportivi, attività della durata di un giorno o pochi giorni, ecc.).
La terza forma, infine, è la più sfuggente e si è potenziata con lo sviluppo di internet: in questo caso le persone sono impegnate quotidianamente o saltuariamente in formazioni o in supporto a studenti a distanza, oppure in attività di revisione di testi per pagine online come voci per Wikipedia o ancora nella gestione di gruppi whatsapp o pagine Facebook per informazioni nelle comunità.
Fatto salvo che tutte queste forme stabiliscono la gratuità e la spontaneità, la solidarietà e una qualche forma di organizzazione (stabile e continuativa per la prima, non stabile o meno presente per le altre), in cosa sono accomunate queste forme di impegno? In cosa differiscono? In particolare, le nuove forme in cosa differiscono rispetto alla forma tradizionale?
A queste domande cerca di rispondere il Progetto di Ricerca d’Interesse Nazionale (PRIN22) dal titolo Profiling tradizionali, episodici, e volontariato online: percorsi dall’impegno civico alle reti collaborative locali , finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, in cui sono coinvolti il Dipartimento di Scienze umane dell’Università di Verona, il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e il Dipartimento di Scienze umane dell’Università Federico II di Napoli che coordina il progetto.
L’analisi dei dati è ancora in corso, ma è possibile presentare alcune analisi preliminari di confronto tra la forma “tradizionale” e le altre due forme – che in queste analisi verranno considerate congiuntamente in quanto entrambe differenti dalla prima.
I partecipanti coinvolti – reperiti grazie alla collaborazione dei CSV di Brescia, Milano, Verona e Napoli – sono 406, di cui 203 svolgono attività “tradizionale” ei restanti attività episodiche e/o online. L’età dei partecipanti è in media di 52,7 anni e varia da 19 a 80 anni.
Lo strumento per la rilevazione dei dati è un questionario volto a rilevare costrutti cruciali indagati nella letteratura sul volontariato. Presenteremo qui i dati relativi alle motivazioni. Il riferimento teorico è il Voluntary Function Model di Omoto e Snyder: a parere degli autori una persona può essere mossa al volontariato, contemporaneamente, da motivazioni differenti. La motivazione può essere:
– Valoriale, relativa alle istanze e ai valori connessi al proprio investimento altruistico e alla prosocialità;
– Conoscitiva, concernente l’opportunità di apprendere nuove competenze (concernenti le persone, i luoghi o se stessi) o di mettere a frutto conoscenze ed abilità che abitualmente non vengono utilizzate;
– Sociale, legato all’opportunità di impegnarsi in un’attività ritenuta importante dagli altri significativi e di incontrare altre persone con le quali instaurare un rapporto di amicizia;
– Professionale , relativa alla possibilità di aumentare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro e di sviluppo professionale;
– Ego – protettiva, centrata sulla difesa dell’Io dagli aspetti negativi del proprio sé, permettendo la riduzione del senso di colpa provocato dalla consapevolezza di essere più fortunati di altri;
– Valorizzazione del Sé, riguardante la crescita e sviluppo del Sé nonché l’autostima;
– Comunità, ovvero il desiderio di restituzione alla comunità quanto di buono ricevuto;
Le motivazioni sono state misurate utilizzando il Voluntary Function Inventory di Omoto e Snyder, che vede cinque item per ciascuna motivazione, eccetto la motivazione comunità che ne prevede 4, e una scala di risposta da 1 = poco d’accordo a 5 = molto d’accordo.
Ai punteggi medi (Tabella 1) è stata applicata l’analisi della varianza, da cui emerge che l’unica differenza statisticamente significativa riguarda la motivazione di Valorizzazione del Sé, che risulta essere maggiore nei volontari che lavorano secondo la forma non tradizionale. Per le altre motivazioni non si registrano differenze statisticamente significative.
È questo un dato molto interessante considerato che spesso i volontari che optano per le forme più nuove di volontariato (episodiche e on-line) sono guardati con occhio critico e considerati meno motivati di coloro che optano per forme tradizionali.
Ciò conferma che, se è vero che il mondo del volontariato sta velocemente cambiando forme e modalità, le motivazioni al suo cuore restano le stesse e restano condivise: costruire bene comune. E se anche questo dovrebbe essere accompagnato da una valorizzazione del sé, nulla toglie al valore dell’azione di volontariato: la generatività sociale sempre porta con sé motivazioni valoriali e prosociali come anche motivazioni agentiche. E il volontario più maturo sa che è nell’equilibrio tra motivazioni eterocentrate ed autocentrate, con una prevalenza delle prime, che si collocano il segreto e la magia del volontariato.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.