“Arriverà un piccolo contributo per i panifici, per distribuire pane alla gente, e per le mense pubbliche che forniscono una razione giornaliera di cibo cotto”. Il ministro israeliano Bezalel Smotrich spiega così la decisione del governo Netanyahu di sbloccare il passaggio degli aiuti umanitari per la Striscia. E ribadisce: “I civili di Gaza riceveranno pane e un piatto di cibo, e questo è tutto”.
L’operazione annunciata dal premier israeliano, d’altra parte, spiega Renzo Guolo, ordinario di sociologia della religione all’Università di Padova, è funzionale al progetto di distruzione e occupazione di Gaza, che prevede un progressivo svuotamento del territorio ormai reso completamente inabitabile. Radunare i palestinesi in certe zone per distribuire cibo (poco) vuol dire anche che da quelle zone saranno forzati ad andarsene.
Quello che succederà poi nella Striscia, chi ricostruirà e cosa verrà realizzato, non è ancora chiaro. L’importante, per ora, è continuare con la politica del fatto compiuto, dimostrando che nella Striscia i palestinesi non ci possono più stare.
Intanto Israele continua a bombardare e ha chiesto ai palestinesi di Khan Younis (e non solo) di evacuare la zona per un attacco senza precedenti. Un ostacolo in più anche per la distribuzione dei viveri. Mentre l’OMS lancia l’allarme carestia.
Netanyahu promette apertamente che Israele occuperà tutta la Striscia di Gaza, ma dice che la carestia è una linea rossa oltre la quale non si può andare, tanto che adesso lascerà passare gli aiuti umanitari. È solo un annuncio per placare le proteste contro Israele o lo farà davvero?
Questo dipenderà molto anche dalle pressioni di Trump. È chiaro che la decisione di occupare Gaza è stata presa, ma Israele, ormai criticatissimo per il modo in cui ha condotto la guerra, non può permettersi di accentuare quello che sta già succedendo. Nella Striscia, ne ha parlato anche il Papa nelle ultime ore, c’è una situazione sempre più difficile da sostenere per tutti, anche per i Paesi che sono alleati di Israele. Per poter realizzare l’occupazione di Gaza, che è il vero obiettivo politico e militare, gli israeliani devono in qualche modo rendere possibile una distribuzione minimale di aiuti.
Come faranno in un contesto così devastato?
Che questa distribuzione riesca è tutta un’altra questione, perché aver smantellato le strutture delle Nazioni Unite significa non avere un dispositivo organizzativo capace di gestire la vicenda. Dipenderà anche dagli spazi in cui verrà concentrata la popolazione, operazione che Israele vuole realizzare per mettere mano all’occupazione dell’area.
Netanyahu ha già preso tempo dicendo che per realizzare i centri in cui distribuire gli aiuti, difesi dall’IDF e con appaltatori americani, ci vorrà almeno qualche giorno. Nel frattempo si va avanti con i bombardamenti, tanto che la gente di Khan Younis ha ricevuto un nuovo ordine di evacuazione. In queste condizioni è ancora possibile far arrivare il cibo e il resto?
La strategia di Netanyahu e della destra estrema messianica che lo sostiene è riprendere Gaza, riconquistare la Striscia, altrimenti non si capirebbe questo accanimento perfino sulle macerie. L’obiettivo è rendere inabitabile totalmente l’area, non solo dal punto di vista insediativo e domestico, ma anche da quello produttivo. Insomma, a Gaza non si deve più poter fare nulla. È una situazione finalizzata a favorire la fuoriuscita cosiddetta volontaria (che in realtà volontaria non è) della popolazione palestinese. Ovviamente, il premier israeliano deve cedere, almeno dal punto di vista formale, sulla distribuzione del cibo: per un Paese che ha la storia di Israele sarebbe del tutto intollerabile, più di quanto non lo sia già, venire accusato di crimini contro l’umanità o, addirittura, come alcuni dicono, di genocidio, per avere usato la fame come strumento di guerra. Per quanto poi in politica internazionale ci si dimentichi di quello che è successo, questa è una guerra destinata a lasciare uno sfregio sull’immagine di Israele.
Se l’obiettivo è occupare tutta la Striscia e, per raggiungerlo, la si distrugge completamente, qual è il vero piano israeliano per il futuro dell’area? A queste condizioni non la ricostruiranno certo i Paesi del Golfo. Se la dovrà risistemare tutta Netanyahu?
È questo il punto: bisogna capire cosa sarà dell’ipotesi di Trump di Gaza come “riviera” del Medio Oriente. Non è detto che in questo momento ci sia una perfetta coincidenza degli obiettivi tra USA e Israele: per il presidente americano è necessario avere l’avallo dei Paesi del Golfo, a cui vuole in qualche modo appaltare una parte della ricostruzione e dello sforzo economico. Penso che sia davvero difficile che i Paesi arabi, per quanto guardino ai propri affari e si siano dimenticati dei palestinesi, possano firmare un accordo per la ricostruzione con un trattamento simile della popolazione della Striscia. Il problema, in questa vicenda, è che occorre il consenso dell’amministrazione Trump.
Cosa va ancora chiarito per capire il futuro di Gaza?
Il punto è che il governo di Israele si regge sulla politica del fatto compiuto. Significa che intanto si distrugge tutto e ci si impossessa del territorio rendendolo inabitabile, espellendo i palestinesi, forzati ad andarsene “volontariamente”. Quella che ha in mente Israele è una specie di diaspora alla spicciolata: non dobbiamo certo pensare a un esodo di un milione e mezzo di persone che si mettono in fila e se ne vanno. L’idea è di favorire la “libera” uscita delle persone a decine di migliaia per volta, fino allo svuotamento progressivo. Dopodiché, nella Striscia non ci sarà più nulla: non sarà più abitabile, chi ci potrà mettere mano?
In conclusione, cosa ne faranno di questo territorio? Israele non sa come verrà gestito?
Questo è poco ma sicuro. È un nodo da sciogliere: si sposta semplicemente in là la contraddizione, perché non si può pensare che in questo modo sarà superata la questione nazionale palestinese. Chi ritiene questo si sbaglia.
Come si riproporrà allora la questione palestinese?
La contraddizione si scarica su Paesi come Giordania, Egitto e forse qualche Paese del Golfo. In tutto questo è chiaro che, se la situazione va avanti così, difficilmente ci sarà anche spazio per la gestione degli ostaggi.
L’apertura di Netanyahu per lo sblocco degli aiuti, comunque, resta funzionale alla distruzione e occupazione della Striscia e all’espulsione dei palestinesi?
Consente di concentrare la popolazione in aree definite in maniera tale da distribuire il cibo. Saranno aree da cui poi sarà più facile eventualmente far uscire la gente. Sono tutte cose che stanno costruendo passo per passo. Non è detto che poi vada a finire così. Che, però, l’intento sia ormai quello di liberare Gaza dai palestinesi è evidente.
(Paolo Rossetti)
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