Dall’ateneo di Largo Gemelli filtrano notizie circa la domanda di accreditamento, come associazione studentesca riconosciuta dall’Università Cattolica (la raccolta di firme per la petizione al rettore è in corso), di un “aspirante collettivo LGBT+” che ha scelto come sigla “LGBCatT”. Il gruppo di studenti ‒ per ora attivo principalmente attraverso una pagina Facebook con 122 followers, dove compaiono inviti ai vari pride lombardi e ad incontri “con aperitivo e buffet” presso il circolo “Lato B” di Milano ‒ si propone di diffondere una cultura lesbica, gay, bisessuali, transgender, queer e altri orientamenti gender (LGBTQ+) che “promuova l’uguaglianza e il rispetto di tutte le identità sessuali e di genere presenti nella nostra Università” (Cattolica).
Il collettivo LGBCatT intende inoltre “creare uno spazio sicuro [per fare cosa? E sicuro rispetto a chi? nda] per chiunque si identifichi nella comunità LGBTQ+, offrendo un contesto di mutuo supporto e libera espressione [espressione di che cosa? nda]”. Gli aderenti a LGBCatT si sono, infine, premurati di assicurare nel volantino di presentazione che “il gruppo si conforma con il codice etico [quale codice etico? E di chi? nda]” e “si impegna a promuovere l’integrazione con i già presenti organi universitari nel rispetto del credo cattolico proprio dell’Università”.
È nella vivace tradizione dell’Università Cattolica – già a partire dagli anni Settanta – la presenza di associazioni, movimenti, federazioni e gruppi studenteschi che hanno trovato spazio nei chiostri dell’ateneo e li hanno animati con incontri, proposte culturali, religiose, sociali e politiche, dibattiti e momenti di vita comune dentro e fuori l’università. Si tratta di uno dei segni più belli e incisivi della vitalità integralmente umana della comunità accademica, che nella sua componente studentesca trova una effervescenza e una baldanza capace di coinvolgere (e, alcune volte, anche travolgere positivamente) i ricercatori, i docenti e tutto il personale.
Le “pro-vocazioni” culturali ed esperienziali che nascono dagli studenti e dalla loro amicizia e creatività hanno sempre aiutato l’Università Cattolica a (ri)scoprire la propria “vocazione” di luogo della ragione e della fede cattolica che approfondiscono i diversi campi del sapere, del saper fare e del saper vivere insieme secondo la totalità dei loro fattori costitutivi. Tutto questo, però, in riferimento ultimo a quello “sguardo cattolico” sulla vita che trova nel Magistero petrino la sua garanzia di autenticità e di perennità.
Non sono mancate presenze studentesche e loro rappresentanze che hanno proposto visioni alternative (anche radicalmente opposte) a quella cattolica su diversi aspetti della vita, della fede, della cultura, dell’economia, della scienza, delle tecnologie e della società. Ma lo hanno sempre fatto – e in questo sta l’onestà intellettuale e la positiva ricchezza di queste posizioni che si sono presentate e confrontate con la proposta inequivocabilmente cattolica dell’università e di diverse realtà associative degli studenti – non celando di sostenere posizioni in dissenso o contrasto rispetto a questa proposta. Questo ha fatto nascere un talvolta duro, ma sempre fecondo, incontro (e anche scontro) tra le diverse realtà accademiche e studentesche, che ha aiutato a rafforzare e rendere più evidenti le ragioni e l’esperienza di ognuno, senza confondere i cuori e le menti dei giovani con il fumo di un’ammaliante quanto inconsistente concordantia oppositorum.
Il dialogo e il dibattito sono costruttivi – e non di rado preziosi perché arricchenti – quando gli interlocutori e i disputatori non vogliono far credere che le loro tesi sono compossibili o addirittura già contenute in quelle degli altri, a dispetto di questi che non le riconoscono come tali. La battaglia culturale e sociale a viso scoperto e in campo aperto non ha paragone con le quinte colonne che confondono le menti e smarriscono i cuori.
In riferimento alla concezione gender dell’antropologia, che rigetta lo sguardo duale sulla realtà uomo-donna, così come reso evidente dall’osservazione e dalla ragione e rivelato nelle Scritture come dato originale e originante della Creazione divina, per insinuare invece un’idea plurale e fluida dell’identità di genere essenzialmente slegata dalla dimensione corporea della sessualità, l’insegnamento del Magistero recente – in particolare quello di Papa Francesco – è netto e inequivocabile, e contiene una denuncia della sua inaccettabilità senza appello.
A Napoli, l’11 marzo 2015, Francesco ammoniva i giovani a diffidare di “quello sbaglio della mente umana che è la teoria del gender, che crea tanta confusione”. Riprendeva così le parole di Benedetto XVI: “La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente. L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela. […] L’uomo contesta la propria natura. […] Se, però, non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. […] Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo” (21 dicembre 2012).
Sulla natura ideologica della concezione LGBTQ+ dell’identità di genere, Papa Bergoglio si è espresso con parole forti, che invitano a prendere decisamente le distanze da essa, culturalmente e socialmente: “Questa è la colonizzazione ideologica: entrano in un popolo con un’idea che niente ha a che fare col popolo. […] Perché dico ‘colonizzazione ideologica’? […] Lo stesso hanno fatto le dittature del secolo scorso. Sono entrate con la loro dottrina. Pensate ai Balilla, pensate alla Gioventù Hitleriana. Hanno colonizzato il popolo, volevano farlo. Ma quanta sofferenza. I popoli non devono perdere la libertà. Il popolo ha la sua cultura, la sua storia” (19 gennaio 2015).
La libertà e la cultura di un popolo, quello cristiano e quelli europei, sono seriamente minacciate dall’ambizione dominante, cioè di potere, della propaganda gender. E lo stesso Francesco aggiunge: esiste “un grande nemico del matrimonio, oggi: la teoria del gender. Oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio. Oggi ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee. Pertanto, bisogna difendersi dalle colonizzazioni ideologiche” (1 ottobre 2016).
Personalmente – per alcuni decenni di stima e amicizia con molti studenti della Cattolica che ho incontrato nel mio insegnamento e in diversi momenti della vita accademica – sono certo che i giovani di Largo Gemelli e delle altre sedi della Cattolica, e lo loro comunità di vita e di presenza universitaria (in particolare quelle di formazione e missione cattolica), sapranno reagire alla provocazione del gender con l’intelligenza del realismo, la forza della ragionevolezza e la testimonianza della moralità. Sarebbe impensabile che – con l’evidenza dell’osservazione del dato antropologico, i dati delle scienze biomediche, psicologiche e pedagogiche a loro disposizione, la propria esperienza personale della corporeità e dell’affettività e quella familiare della generatività – uno “sbaglio della mente umana” (Papa Francesco) dalla “profonda erroneità” (Benedetto XVI) resti senza una risposta decisa e precisa.
Una risposta che mentre abbraccia la persona, ogni persona e tutte le persone, testimonia in modo convincente e disarmato la verità e la bellezza dell’opera di Dio nella creazione dell’uomo e della donna. Una risposta non afona, non priva di quel giudizio di ragione e di fede che nasce dall’esperienza dell’amicizia e della relazione uomo-donna che – mentre abbraccia chiunque, a prescindere dalle sue posizioni – non resta indifferente di fronte ad esse, in particolare quando queste assumono i connotati di una “colonizzazione ideologica” di natura totalitaria (Papa Francesco) che mina alla radice la libertà del compito di assumere e vivere – non senza fatica, ma con gratitudine verso Dio – il dono dell’essere donne e uomini per creazione, non per scelta.
I responsabili dei movimenti, delle federazioni e delle associazioni studentesche che riconoscono con gioia la paternità di Papa Francesco e ne stimano e valorizzano il suo Magistero e la freschezza della sua testimonianza petrina della fede cattolica sapranno, anche in questo caso, fare riferimento al suo insegnamento nell’accompagnare gli universitari, con una presenza in ateneo che volge le spalle all’errore ripetutamente denunciato dal Santo Padre per aprirsi allo sguardo stupito e grato sulla verità e sull’amore di Colui che “maschio e femmina li creò” (Gn 1, 27).