Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta oltre che presidente della fondazione Minotauro di Milano e docente presso il dipartimento di psicologia dell’Università Milano-Bicocca e presso la facoltà di scienze della formazione dell’Università Cattolica di Milano, sulle pagine de La Verità analizza l’aumento dei casi di ansia e depressione tra i giovanissimi. “Negli ultimi anni il tabù è venuto meno”, sottolinea, “ma secondo me oggi il vero problema è la fragilità adulta. Esiste una enorme difficoltà da parte delle nuove generazioni di genitori e insegnanti ad affrontare le caratteristiche di ragazzi e bambini, costretti a crescere in una società così complessa, con tante trasformazioni, iperconnessa. Provare a identificarsi con un bambino o un adolescente oggi è molto meno facile per gli adulti di oggi”.
Secondo l’esperto “le nuove generazioni crescono con un vuoto identitario, non possono esprimere davvero i loro sentimenti, e dall’altra parte sentono un’assenza di prospettive future, sperimentando difficoltà significative. Che non trovano forma in vero conflitto, in aggregazioni, in battaglie culturali e contro le autorità, ma prendono forma in un attacco contro sé stessi, al proprio corpo, quindi tentati suicidi, disturbi alimentari, ritiro sociale“. I giovani avrebbero bisogno di più autorevolezza. La mancanza di questa “consiste nello scaricare tutte le responsabilità su internet e pandemia. Il disagio dei ragazzi proviene da una società che non pensa a loro. Questo porta anche a una rimozione dei dolori, degli inciampi, dei fallimenti, che son visti malissimo dai genitori e da una scuola che alimenta competizione dal primo giorno. L’autorevolezza invece consiste nel dire “chi sei tu?” a un figlio o a uno studente”.
“Disturbi tra i giovani in aumento già prima della pandemia”
Ad accentuare i problemi psicologici dei giovani è stata la pandemia che “ha consentito ad alcuni ragazzi di manifestare la loro sofferenza davanti ad alcuni adulti troppo fragili per accettarla”. Nonostante ciò “i disturbi erano già in aumento prima. È come è stata gestita la pandemia e il post pandemia ad aver fatto danni. Basti pensare che alla riapertura delle scuole, anziché parlare di quanto successo, della malattia e della morte, si facevano solo verifiche e interrogazioni per recuperare i voti” spiega Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, a La Verità. A preoccupare è anche l’iperconnessione, non solamente dei giovani. “Pensiamo ai consigli di classe: non si fanno più in presenza, ma nei gruppi Whatsapp delle mamme. I gruppi Whatsapp dei genitori vanno chiusi. Genitori e insegnanti continuano a fare foto e video a ogni festa ma si continua a dire che il problema ce l’hanno i ragazzi, mentre la società intera banchetta sui social“.
Bisognerebbe dunque vietare agli adulti di mettere i propri figli sui social? Sì, ma ancora prima “bisogna vietare di riprenderli” secondo lo psicologo. “Son provvedimenti che andrebbero presi a favore dei ragazzi, ma lavoro da 35 anni con il ministero dell’Istruzione, i provvedimenti vengono presi per gli adulti. Basterebbe vietare l’ingresso a scuola dei telefoni a genitori e insegnanti. Ed educare i ragazzi all’utilizzo del digitale. Internet è lo schermo su cui da troppi anni proiettiamo tutte le nostre fragilità”.