“Siamo nel 2054. Cecilia ha appena compiuto 50 anni. Sono le 20.00. Ha appena finito di lavorare al Ministero della Transizione Gastronomica Sostenibile. Entra nel supermercato per fare la spesa. All’ingresso un solerte agente di polizia le controlla il chip sottocutaneo. Dentro ci sono tutti i suoi dati biometrici e non. Con quello il Partito controlla tutto e tutti. Su quello vengono caricati gli stipendi e con quello, in automatico, si paga qualsiasi cosa.
Sugli scaffali solo i prodotti salutisti che il Partito ha selezionato. Niente carne. Niente pesce. Niente formaggi. È stato tutto sostituito con prodotti sintetici: il branzetto, il salmotto, la chianotta, il salumotto, il grona, il parmecciano. Tutti confezionati in vaschette, rigorosamente di carta (la plastica non esiste più dal 2040). Ci sono anche la verdura e la frutta ma sono prodotte solo da fabbriche con coltivazioni verticali. I campi e i contadini sono solo un ricordo. Come gli alberi e i fiori.
Alle pareti dei videowall con i richiami del Ministero della Verità: “Il Partito ti vuole bene e ci tiene alla tua salute”; “Mangia i prodotti scelti dal Partito”; “Se scegli i prodotti del partito non ti ammali”.
Cecilia sceglie alcuni prodotti con lo sguardo. Un braccio meccanico li inserisce nel carrello automatico che li legge e riporta sul tablet i prezzi. Incautamente osserva un salamotto. Subito risuona una voce metallica: “Cecilia stai superando il numero di calorie settimanali. Questo prodotto non va bene per te”.
Nel settore bevande non ci sono, né vino e neppure superalcolici. Solo bibite dealcol, non zuccherate e nemmeno gasate. I nomi sono tutto un programma: Barulo, Pinò, Fornet, Aperal. I colori anche. Le sigarette non esistono più. Al loro posto dei vaporizzatori, lontano ricordo del tabacco.
Un branzetto, il grona, la chianotta, un Barulo e un Aperal: la spesa è finita. Non ci sono casse. Tutto è stato letto dal microchip che detrarrà il costo direttamente dallo stipendio. Prima di uscire la solita voce metallica si complimenta: “Brava Cecilia hai fatto ottimi acquisti. Ricordati che il Partito ti vuole magra e scattante. Buona serata”.
Cecilia saluta il poliziotto che non la degna di uno sguardo. Si avvia mestamente a casa dove potrà mangiare seduta davanti allo schermo dove proiettano in continuazione i film educativi del Partito.
Aspetta la mezzanotte. Poi scende in strada, facendo bene attenzione a non incontrare le ronde della Vigilanza. Sa dove andare. Nella cantina del palazzo a due isolati da casa sua c’è un locale gestito dalla Resistenza Alimentare. Scende di soppiatto. Il posto è schermato. Il chip qui non funziona. Apre la porta e trova il supermercato alternativo. Qui ci sono i prodotti di una volta: carne, prosciutti, salame, formaggi. Non si sa come, ma i Partigiani Alimentari riescono a procurarsi tutto attraversando la frontiera di Europia, il loro paese. Al di là ci sono ancora campi, allevamenti, contadini. Ma quelli sono i nemici del Partito.
Non potendo pagare, Cecilia scambia oggetti, libri antichi e altro ancora. In un angolo trova un salame. Si commuove. Ricorda quando il nonno Angelo, da piccola, la invitava a casa sua e glielo tagliava a fette sottili. Con l’immancabile bicchiere di vino rosso.
Lui non ha visto i cambiamenti del Partito. Ha fatto in tempo a vivere in un mondo dove nessuno ti guardava nel frigorifero. Nessuno ti imponeva una dieta. Nessuno ti costringeva a mangiare quello che non ti piaceva…”.
Potrebbe essere l’inizio di un romanzo dal titolo: “Il Grande Fratello Alimentare”. Ambientato in un mondo distopico, governato dal Partito dei Salutisti. E che ricorda quel “1984” scritto da George Orwell.
Per ora è fiction. Ma ci stiamo arrivando. Le etichette con le avvertenze che il vino fa male, la sugar tax, la demonizzazione della carne, le sigarette che non si possono fumare all’aperto: inconfondibili segnali che si va in quella direzione.
Dimenticando che tutto fa male se preso in misura eccessiva, anche le medicine. Come scriveva Paracelso, medico svizzero vissuto nel 1500: “Il veleno… è la dose”.
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