Insieme al mitico cenone, questi sono anche i giorni delle previsioni per l’anno che verrà; queste, come da copione collaudatissimo, spaziano tra i temi più diversi e persino seriosissimi quotidiani “british” come il Financial Times insieme a quelle sulle borse inseriscono suggerimenti agli scommettitori per gli imminenti mondiali di calcio (per la cronaca, la scommessa più interessante a 28 a 1 per il quotidiano inglese sarebbe quella sull’Italia). Non mancano, ovviamente, anche quelle finanziarie per cercare di capire cosa ci riserverà il 2014.
I temi non mancano: dall’inflazione al costo della benzina, dall’andamento della borsa a quello delle obbligazioni passando per il sempreverde spread e il Pil. Forse mai come quest’anno, però, per capire cosa ci possa riservare il futuro bisogna avere bene in mente cosa è successo negli ultimi mesi, perché i mercati si sono mossi alla grande prendendo scommesse decise sul prossimo futuro.
È stato l’anno delle borse in risalita con Tokyo su del 57%, New York del 29,1%, con i non per nulla disprezzabili 25% di Francoforte e 17% di Milano. È stato l’anno della riduzione degli spread e delle obbligazioni corporate in grande spolvero. I mercati hanno scomesso forte sulla riduzione dei rischi finanziari e se non sulla crescita futura certamente sul “peggio è passato” e “da qui non si può peggiorare ulteriormente”. È stato soprattutto l’anno delle banche centrali, i cui annunci e le cui mosse sono state al centro dell’attenzione degli investitori con i giorni clou che tenevano in sospeso i mercati per giorni e settimane.
Questo rozzissimo riassunto è sufficiente per proiettarci nel 2014 con un minimo di cognizione di causa. La scommessa che è stata fatta è quella, se non sulla fine della crisi, sulla fine del peggioramento e sull’inizio di un miglioramento dell’economia, soprattutto nei paesi dell’area euro; l’altra scommessa è che le banche centrali non smetteranno di dare il proprio supporto ai mercati.
Il tema iniziale sarà quello della corrispondenza o meno tra le scommesse forti prese dai mercati e i dati economici e societari che verranno effettivamente registrati. I titoli incorporano stime di crescita dei ricavi e degli utili aggressive che presuppongono dati in miglioramento netto rispetto a quelli del 2013. Questa sarà la prima criticità nei prossimi mesi che potrebbe portare anche a cocenti delusioni per i più ottimisti.
È ragionevole ipotizzare che il primo punto di svolta avvenga in occasione della pubblicazione dei risultati annuali quando normalmente manager e società mettono nero su bianco target e previsioni, avendo già a disposizione i dati dei primi mesi e i report interni sullo stato di salute dei clienti. Se dovesse, in altre parole, emergere che il miglioramento o non c’è o è molto inferiore a quello atteso, la delusione si vedrebbe sotto forma di cali percentuali. Questo potrebbe essere il tema dei primi 4 o 5 mesi del 2014.
I veri protagonisti per l’anno prossimo non sembrano però destinati a cambiare. Abbiamo detto che gli attori principali sono stati le banche centrali con i loro annunci e le loro politiche monetarie. L’esempio del mercato italiano è abbastanza lampante; nonostante i dati economici e di finanza pubblica disastrosi la borsa è salita e lo spread è sceso. Certo, le previsioni di miglioramento economico, giuste o sbagliate che siano, hanno avuto un effetto importante, ma l’anno non si sarebbe concluso in questo modo, senza oltretutto particolari scossoni nemmeno nelle fasi di più acuta crisi politica, se non fosse stata diffusa tra gli investitori la convinzione che le banche centrali non avrebbero fatto mancare il proprio supporto. L’azione della banche centrali ha aumentato la propensione per il rischio instillando la convinzione che ci fosse sempre una rete di sicurezza che salvasse da eventuali scivoloni finanziari ed economici.
Questo stesso scenario potrebbe rimanere valido anche per il prossimo anno. Nel caso in cui la ripresa non ci fosse o fosse estremamente fragile l’azione delle banche centrali dovrebbe continuare a supportare i mercati. La più grande illusione che si può coltivare è che la crisi si risolva come per magia in qualche trimestre mentre è molto più ragionevole che la soluzione agli enormi squilibri che si sono creati si trovi in anni.
Tutto questo rimane valido, nel caso italiano, se il Paese fa “i compiti”, con riforme vere e tagli veri alla spesa improduttiva che finora nonostante anni di crisi non si sono neanche intravisti. Altrimenti nemmeno le banche centrali, che pure continueranno a essere di supporto, potranno fare nulla.