Continua la bagarre sul “maestro unico”. Mamme che lancia in resta occupano le scuole e si improvvisano sindacaliste o “ministre ombra”; bambini che gioiosamente condotti per mano lasciano il lecca-lecca e fanno le prime esperienze politiche sventolando cartelli anti-Gelmini; pedagogisti che si confrontano accanitamente su qual è la teoria migliore per sfornare dalla scuola italiana bambini preparati, educati e corretti; politici che si azzuffano….e la lista potrebbe continuare a lungo.
Il rischio che tutti corriamo, assistendo e partecipando alle contrapposizioni enfatizzate dagli organi di informazione, è di cadere nella medesima logica e domandarsi: qual è il modello migliore? Individuata la risposta, diventa quasi automatico combattere perché diventi la soluzione adottata da tutti. Ma è davvero questa la domanda da fare oppure occorre la fatica di un approccio diverso al problema? Proviamo allora a spostare la nostra attenzione dalla ricerca del modello migliore a qualcosa che sta più a monte.
Come ha scritto pochi giorni fa Fabrizio Foschi in un articolo apparso sul ilsussidiario.net, «la proposta del ministro Gelmini non è una gran novità rispetto a quel che, in alcune scuole, è già in atto nel rispetto delle esigenze delle famiglie».
Già, le esigenze delle famiglie. Certamente il tempo pieno, per cui dicono di lottare le mamme di cui sopra, è una esigenza: moltissime famiglie hanno bisogno, per motivi di lavoro, di lasciare i propri figli a scuola anche durante il pomeriggio; altre hanno la possibilità di portarli a casa e di seguirli nello svolgimento del compito pomeridiano; altre hanno bisogno di lasciarli a scuola per usufruire della mensa oppure perché al pomeriggio ci sono offerte formative interessanti, ecc…Tante esigenze diverse, tante opportunità di risposta. Ma in Italia non è ancora possibile rispondere liberamente. Solo le scuole non statali hanno questa possibilità, ma la pagano carissima e sono costrette a farla pagare anche alle famiglie.
Ci vorrebbe quell’autonomia che non c’è, per cui solo alcune scuole statali sono faticosamente riuscite, approfittando di un emendamento alla legge 148/90 -dice ancora Foschi- a «modificare la propria struttura passando via via all’insegnante prevalente e poi a quello unico». Maestro unico, o prevalente, che va per la maggiore in tutta Europa. Molte fra le esperienze europee, segnalate in questi giorni da alcuni organi di stampa ed anche nel citato articolo di Foschi, hanno in comune non solo questa scelta, ma anche un altro aspetto importantissimo che in Italia è ancora fortemente deficitario: l’autonomia (come è possibile verificare consultando “L’autonomia scolastica in Europa. Politiche e modalità di attuazione” – http://eacea.ec.europa.eu/ressources/eurydice/pdf/0_integral/090IT.pdf – dal quale si evince che in Italia l’autonomia è debole proprio sulle aree che maggiormente incidono sulla qualità della scuola).
Autonomia! Questa è la parola “magica”, questa è la strada da seguire. Autonomia per le scuole, libere di scegliere fra diverse modalità di organizzazione educativa e didattica o addirittura di proporne delle nuove, creativamente, per rispondere alle esigenze delle famiglie e del territorio in cui si collocano. Autonomia per le famiglie, libere di scegliere fra le diverse proposte senza dover pagare costi aggiuntivi o subire quanto stabilito centralisticamente da chi pensa di sapere qual è il modo migliore per educare i figli degli altri. Autonomia finanziaria per tutti: scuole statali e non statali, perché tutte possano concorrere all’avventura dell’educazione rischiando in prima persona.
Non ci sentiamo dunque di proporre il maestro unico o prevalente in Italia solo perché in Europa, come dimostrato, fanno tutti così, oppure perché ci pare che sia il modello migliore, come non ci sembra opportuna la scelta del modulo, del tempo pieno o di qualsiasi altra modalità, solo perché la decide il Ministro o il “saggio” di turno.
Quello che numerose esperienze europee ci mostrano, infatti, non è un modello pedagogico adeguato a tutti, ma una impostazione della questione educativa improntata ad una libertà che da noi ancora non c’è.
Lasciamo davvero alle scuole la possibilità/responsabilità di organizzarsi come ritengono meglio, e alle famiglie la possibilità –e i soldi- di scegliere la scuola (statale o non statale) che propone l’ipotesi educativa ed organizzativa più conforme alle proprie aspettative. E vediamo cosa succede.
NORVEGIA | Forte autonomia |
BELGIO (nl) BELGIO (fr) | Forte autonomia. Forte autonomia |
ESTONIA | Forte autonomia |
FINLANDIA | Forte autonomia |
FRANCIA | Autonomia parziale |
GERMANIA | Forte autonomia in diversi Lander dal 2004 |
GRECIA | Autonomia debole |
INGHILTERRA | Forte autonomia |
LITUANIA | Forte autonomia |
PAESI BASSI | Forte autonomia, sebbene diversificata in base alle zone |
PORTOGALLO | Autonomia forte ma ancora incompleta |
REPUBBLICA CECA | Forte autonomia |
POLONIA | Forte autonomia |
SLOVACCHIA | Forte autonomia |
SPAGNA | Rafforzato il principio di autonomia scolastica dal 2006 |
SVEZIA | Forte autonomia |
UNGHERIA | Forte autonomia |