Imam in classe a Crema durante l’orario scolastico: scoppia il caso politico, chiesto l’intervento urgente del Ministero dell’Istruzione
In una scuola primaria di Crema, un imam ha tenuto una lezione agli alunni durante l’orario scolastico, un intervento che ha acceso la discussione su cosa significhi davvero apertura culturale all’interno delle aule e quali limiti debbano essere posti per tutelare il principio di laicità ma l’episodio non è rimasto isolato: a Pioltello un’altra scuola ha chiuso per il Ramadan, a Treviso, durante una gita, alcuni bambini sono stati invitati a inginocchiarsi all’interno di una moschea e, la ripetitività di certi casi suggerisce che non si tratti più di iniziative sporadiche, ma di un approccio strutturato che si va rafforzando sotto la bandiera dell’inclusione.
Il deputato Rossano Sasso ha presentato un’interrogazione urgente al Ministero dell’Istruzione, in quanto, secondo lui, episodi come quello di Crema dimostrano che nelle scuole si sta perdendo il controllo su ciò che viene insegnato e da chi: la presenza dell’imam in aula è stata raccontata come un momento educativo, un’occasione di confronto con una cultura diversa, ma per molti genitori e osservatori si è trattato di un vero e proprio scivolamento verso forme di indottrinamento che poco hanno a che fare con l’informazione oggettiva.
Ci si chiede con insistenza chi scelga i relatori che entrano a scuola, chi approvi i contenuti delle lezioni e, soprattutto, perché non venga garantito lo stesso spazio ad altre religioni o punti di vista e quando si agisce con troppa leggerezza – con il pretesto del dialogo – si rischia di esporre i bambini a messaggi unilaterali: se questi arrivano in classe non come parte di un percorso critico ma come esposizione diretta a una fede, il rischio è che la scuola venga trasformata in un terreno neutro solo in apparenza.
In molti, infatti, iniziano a domandarsi se la cultura italiana stia cedendo pezzo dopo pezzo sotto il peso di un multiculturalismo mal gestito: un sistema che apre le porte senza chiedere nulla in cambio, rinunciando gradualmente ai propri simboli, ai propri valori e alla propria identità, spesso in nome di un rispetto che però non viene sempre ricambiato.
Islam e scuola, la lezione dell’imam riaccende il dibattito pubblico
Il tema centrale resta la figura dell’imam, non solo come guida religiosa, ma come presenza sempre più frequente in contesti non strettamente spirituali come moschee, centri culturali, scuole: a Milano, in una moschea di via Padova, documentata in un’inchiesta di “Fuori dal Coro”, un uomo ha dichiarato apertamente che i musulmani conquisteranno il mondo, iniziando proprio dall’Italia, considerata il punto d’ingresso naturale verso l’Europa.
Parole forti, che fanno discutere, ma che trovano eco nelle preoccupazioni espresse da molti cittadini, in un clima di tensione che sembra ormai normalizzato e, in questo contesto, la religione islamica appare non solo come una fede, ma come una rete sociale e culturale molto strutturata, spesso difficilmente controllabile, che sfrutta anche zone grigie del sistema normativo italiano per espandere la propria influenza.
A Paderno Dugnano, ad esempio, l’ex tempio dei Testimoni di Geova è stato acquistato da un’associazione islamica – una trasformazione avvenuta in modo silenzioso, senza una vera discussione con i cittadini – con il fenomeno delle moschee irregolari, registrate come associazioni culturali, diffuso in tutta Italia e, secondo l’europarlamentare Anna Maria Cisint, questo è parte di una strategia: guadagnare spazio, visibilità, presenza, non sempre rispettando leggi e regole.
Cisint parla apertamente di un’Europa paralizzata da un multiculturalismo malinteso, che rinuncia ad affermare i propri principi in nome di un’accoglienza spesso unilaterale, mentre la politica discute, la realtà si trasforma – giorno dopo giorno – e in questo vuoto che l’imam entra in classe, non come una voce tra le tante, ma come figura che parla a nome di una religione, con la forza simbolica che ciò comporta; se questa presenza non è bilanciata ed inserita in un contesto realmente pluralista, allora il rischio è che la scuola venga percepita non più come spazio neutro di crescita, ma come primo terreno di conquista culturale.