Emerge un nuovo dato dal Supplemento al Bollettino statistico della Banca d’Italia: il debito italiano raggiunge un record storico, quello di 1995,1 miliardi di euro, in rialzo di 19,5 miliardi rispetto al dato di agosto. Dall’inizio dell’anno, il debito pubblico italiano è aumentato complessivamente di 88,4 miliardi di euro in scia al fabbisogno delle amministrazioni pubbliche per 61,9 miliardi. C’è da segnalare un fatto interessante: nei primi nove mesi del 2012 il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche ha superato di 900 milioni di euro i 61 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. Ma se si escludono gli stanziamenti in favore della Grecia, la quota di competenza dell’Italia nei prestiti del fondo Efsf e le misure relative alla Tesoreria unica, il fabbisogno dei primi nove mesi del 2012 risulta sostanzialmente in linea con quello dello scorso anno.
Si può avanzare il sospetto che la competenza del “governo dei tecnici” è sempre messa più a dura prova da questi dati che continuano a uscire in questi ultimi mesi? Facciamo un piccolo riassunto, breve e sintetico affidandolo ai numeri: discesa del Pil del 2,6% o del 2,4% a essere ottimisti per quest’anno; aumento della disoccupazione che arriverà oltre l’11% il prossimo; crollo dei consumi superiore al 3% con tendenza a crescere anche nel 2013; pareggio strutturale di bilancio per il 2013 già in precarietà per un -0,5%; spread che, dopo tutti gli interventi della Bce, resta sempre sui 360 punti con puntate verso i 370; la famosa “seconda fase” della crescita legata a speranze di ripresa della domanda mondiale che nessuno riesce a vedere. E ora, appunto, l’aumento del debito pubblico. Siamo europeisti che abbiamo aiutato la Grecia, siamo europeisti perché dobbiamo “fare i compiti a casa” che ci ricordano sempre i tedeschi, siamo tanto europeisti che stiamo sfiorando il masochismo per pressione fiscale e impoverimento complessivo della nostra economia.
Claudio Borghi Aquilini è docente degli Intermediari finanziari all’Università Cattolica di Milano. Non è sorpreso dalla crescita del debito: «Il debito cresce sempre e occorre vedere il contesto della situazione. Tanto per intenderci, basta guardare la memoria corta della sinistra e del centrosinistra in questi anni. Romano Prodi, ad esempio, ha governato in un momento di euforia economica, Silvio Berlusconi è stato più sfortunato nel 2001, con l’11 settembre, e con il 2008, quando scoppiò la bolla finanziaria legata ai subprime. Si capisce facilmente che il contesto è differente, come può esserlo in questa fase. Ma il problema è che la crescita del debito è parallela a una decrescita del Pil. È su questo punto che non si comprende la linea politica dei cosiddetti tecnici».
Complessivamente però il risultato è piuttosto modesto, dopo tutti gli interventi fatti quest’anno, la linea di austerità, i sacrifici e la politica degli annunci.
Non c’è dubbio che se si fa un bilancio e si azzarda una previsione, si può sintetizzare che la cura del “governo dei tecnici” sia stata solamente fallimentare. Adesso guarderemo poi i risultati con calma, vedremo e pondereremo. Ma se io dovessi scommettere o azzardare un pronostico, credo che i risultati siano negativi, molto negativi. Hanno messo il Paese in recessione.
Ma come hanno fatto a non rendersene conto?
A me pare che lo stesso premier, Mario Monti, abbia teorizzato la necessità di una crisi perché in questo modo si possono fare le riforme. Questa linea è emersa in un discorso alla Luiss di Roma, qualche giorno fa. Solo con la crisi si possono fare le riforme. Che cosa si può dire di fronte a una simile linea? Occorre solo prenderne atto e trarne i debiti giudizi. Del resto, è stato pure pubblicato da qualche giornale, fuori dal coro di consensi per i “tecnici”, che sia il sottosegretario Gianfranco Polillo, che il ministro Piero Giarda guardano con favore la caduta dei consumi, perché in questo modo l’Italia migliora il saldo commerciale. Praticamente il crollo della domanda interna e dell’import è una cosa che sembra che gli vada bene.
Intanto lo spread sale ancora, o almeno non scende come dovrebbe, nonostante gli interventi della Bce.
C’è una tabella sul New Yotk Times di oggi, con un commento di Paul Krugman. Sarebbe illuminante che qualcuno la leggesse e si rendesse conto di quanto viene ritenuta stupida una moneta come l’euro.
Ma quanto può durare, a suo parere, una simile situazione, con la crisi polita italiana che è parallela alla crisi economica.
È difficile fare previsioni. In Italia ci sono imprese che, malgrado tutto quello che sta capitando, stanno facendo autentici miracoli. C’è poi una rete familiare che riesce tutto sommato a reggere l’impatto di questa cura dei “tecnici”. Anche una profonda crisi politica, diciamo la proiezione del risultato siciliano a livello nazionale, può ugualmente far governare con qualche stampella un governo minoritario di sinistra, così come sta avvenendo in Sicilia. In più, lo stesso governo può sempre reggersi su qualche intervento della Bce e andare avanti. Credo che i segnali di una crisi dell’euro e di questo sistema possano arrivare da qualche altra parte. Penso alla Spagna, quando si dovrà affrontare il problema spagnolo in tutte le sue implicazioni.
(Gianluigi Da Rold)