“Va da sé che tutti i contributi europei, nazionali, regionali e locali saranno concessi esclusivamente alle imprese che confermeranno la loro permanenza sul territorio”. Tradotto: niente aiuti economici alle aziende che delocalizzano. A dichiararlo è stato Giancarlo Muzzarelli, assessore alle Attività produttive della giunta Errani, che ha aggiunto che la Regione Emilia-Romagna ha fornito una “totale disponibilità per affrontare i casi anche per spostamenti parziali e temporanei, ma concordati”. Ilsussidiario.net ha chiesto un commento a queste dichiarazioni a Giovanni Solinas, ordinario di Economia dei distretti industriali presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
Che cosa ne pensa delle dichiarazioni di Muzzarelli?
E’ difficile dare un parere forte sull’iter giuridico-amministrativo scelto dalla Regione. Per una serie di ragioni, ritengo però che nel messaggio e nel segnale alle imprese dell’assessore Muzzarelli ci sia molta sensatezza. In primo luogo, perché nelle aree terremotate si trovano un pezzo importante della meccanica del nostro Paese, con imprese note a tutti, e un distretto biomedicale. In quest’ultimo in particolare sono fondamentali i tempi di pagamento, la rapidità di consegna e la disponibilità di sussidiarie estere. Il rischio di una delocalizzazione è quindi evidente per questi due settori, mentre lo è meno per il tessile e per la ceramica.
Perché?
Sassuolo non poteva più crescere e si sono cercati spazi in altre aree del Modenese, che continuano però a non essere strategiche per quanto riguarda il polo ceramico. Per quel che concerne l’agroalimentare, sappiamo tutti invece i danni riportati dall’agricoltura e in particolare dalla produzione di Parmigiano Reggiano: in questo caso però i problemi di delocalizzazione per ovvi motivi non sussistono.
In quali settori le condizioni sono più difficili?
La gravità della situazione è particolarmente acuta per le imprese biomedicali. Se le condizioni lo consentiranno, le multinazionali manterranno un pezzo significativo di industria nel Modenese. Trovo positivo però il fatto che la Regione dia un segnale forte dell’impegno della collettività, per ricreare il prima possibile una situazione che consenta a tutti di lavorare. Se un amministratore delegato decide di gestire il prossimo anno riorganizzando la catena di fornitura in altre aree del mondo, che sia libero di farlo. Però la giunta regionale, in quanto ente che ha il potere di condizionare gli orientamenti, ha tutti i motivi per chiedere all’imprenditore di riflettere bene prima di compiere una scelta simile, perché in Emilia-Romagna può contare sulla disponibilità di un’intera comunità.
La Regione sarà in grado di ricreare le condizioni perché le imprese colpite dal terremoto possano riprendersi?
Con Concordia distrutta, Cavezzo devastata e i gravi danni riportati negli altri Comuni, questo lo sa solo Dio. Nel Modenese esiste però un elemento di capitale umano, di conoscenze, di passione della gente e di amore per questa terra, a partire dal quale occorre almeno compiere un tentativo. Non è la Regione che può riuscire a realizzare questo, ma può dare un segnale e poi dipenderà dal comportamento di tutti il fatto di riuscirci o meno.
Per quale motivo?
Tutti, a partire dall’università, cioè a partire da me nel momento in cui svolgo il mio lavoro, devono dare un segno di condivisione e di disponibilità a compiere quello che possono nel loro specifico per la ricostruzione.
In che modo?
I modi sono infiniti. La facoltà di Economia può ricorrere al lavoro volontario di studenti e professori per elaborare le stime dei danni e metterle a disposizione della collettività. I ricercatori possono dedicare il loro tempo alle imprese terremotate per preparare progetti di sviluppo tecnologico.
Le imprese ce la faranno?
Se ce l’hanno fatta dopo la seconda guerra mondiale, non si capisce perché non debbano riuscirci ora. L’urgenza è creare le condizioni di condivisione e questo è un compito di tutti, istituzioni e singole persone. E’ una responsabilità della politica, ma anche di università, enti amministrativi e di qualunque persona che abbia un minimo di buonsenso e che dica “io ci sto”.
Questo significa anche mettere da parte le polemiche inutili?
Sì, e mi riferisco per esempio alla questione delle trivellazioni di Rivara, che ritengo non abbiano avuto nessun ruolo. Sono inoltre contrario a un’eccessiva polemica sull’ipotesi che i capannoni fossero stati costruiti male. Tutto questo non aiuta nessuno.
(Pietro Vernizzi)