La nuova notizia che raffredda gli entusiasmi viene da Standard&Poor’s. Gli spread sono scesi, i mercati sembrano più tranquilli, il presidente della Bce, Mario Draghi, ha impugnato un “bazooka” contro la speculazione, ma il prodotto non cambia. L’agenzia di rating statunitense rivede infatti al ribasso le stime di crescita dell’Eurozona e di nuovo si concentra sulla situazione italiana e spagnola. In particolare, gli analisti di Standard&Poor’s prevedono per il 2012 una contrazione del prodotto interno lordo europeo dello 0,8% dallo 0,7% stimato precedentemente. Per il 2013, l’agenzia di rating prevede una crescita invariata, cioè una crescita zero. In Italia e in Spagna la crisi peggiorerà. Per l’Italia si parla di una “recessione più profonda”. Per la Spagna la stima sul pil prevede una contrazione dell’1,4% nel 2013 contro quella già stimata di un -0,6%. Claudio Borghi Aquilini è, in questo momento, un economista controtendenza. Editorialista de Il Giornale, docente di Economia degli Intermediari finanziari all’Università Cattolica di Milano, da tempo dice che l’Eurozona non reggerà e che la stessa asimmetria tra le varie aree continua ad aumentare e ad aggravare i problemi.
Che cosa ne pensa di questa nuova stima fatta da Standard&Poor’s?
Io parto dal presupposto che queste previsioni alla fine non valgono nulla. Rappresentano più o meno un dito puntato nell’aria. In queste vicende si scontra sempre un aspetto matematico con un aspetto psicologico, che è rappresentato dalle persone che comprano, si muovono e reagiscono di fronte alla situazione in cui stanno vivendo. Ricordo quello che si diceva all’inizio dell’anno rispetto all’Italia, quando si pensava a una crescita zero, poi corretta dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che parlò di un -0,5% per la stretta fiscale, poi la successiva correzione di Mario Monti a primavera che parlava di un -1,6%. Infine, il risultato diramato la settimana scorsa di un -2,4%. Era facilmente prevedibile: basta pensare alla reazione delle persone.
In che senso professore?
Se in un periodo di stagnazione come quello che si sta vivendo nel nostro Paese viene messa in atto una “gelata fiscale” come quella che è stata fatta, le persone che cosa fanno? Il meno che ci si possa aspettare è che tirino i remi in barca, che consumino di meno, che cerchino di stare attenti molto più di prima a tutto. Direi che in questi casi le stime matematiche hanno poco peso rispetto alle reazioni psicologiche delle persone. Quindi, pur prendendo le stime di Standard&Poor’s come le dicevo all’inizio, credo che siano più credibili, in questo caso, di quello che pensano gli altri.
Lei ha letto il comunicato del Governo dopo la nuova previsione delle stime sul pil e sul rapporto debito/pil?
Sì, e mi sembra che di fronte a questi dati non facciano neppure una piega. Eppure un punto di pil sono 15 miliardi di euro. Poi ci sono altre cose da considerare: il fatto che abbiamo firmato il Fiscal compact e questo comporta un’ulteriore riduzione. Poi ci sono le distinzioni tra rapporto debito/pil al netto e al lordo degli aiuti ai paesi europei in crisi: un fatto incredibile. E non riesco a comprendere come possano prevedere una risalita per il 2014, basandosi sulla ripresa del mercato mondiale e sui provvedimenti del governo.
Perché?
A parte il fatto che l’economia mondiale è in frenata, non riesco a comprendere come facciano a prevedere quello che può avvenire fuori Italia nel 2013 e 2014 quando non hanno saputo neppure prevedere i risultati del 2012 per l’Italia. Mi sembra che stiano parlando del nulla. A volte si riescono anche a truccare i conti come fanno in Gran Bretagna.
Cioè?
In Gran Bretagna il rapporto debito/pil reale viene presentato depurato dal sostegno che il governo ha dato alle banche, quando le ha nazionalizzate. Ma se le banche sono statalizzate i soldi da dove vengono? Se si considerasse quello che si è speso per quel sostegno, il rapporto debito/pil inglese sarebbe al 140% o giù di lì. Cioè l’Inghilterra sarebbe fuori dall’Europa.
Lei rimane sempre scettico sul futuro dell’Eurozona.
Non riesco a vederci un futuro. Ragionando anche con persone competenti, si dice che alla fine ci salverà l’unità totale. Non so proprio come e quando ci si possa arrivare. Intanto le asimmetrie tra le aree dell’Eurozona continuano, anche quando i Paesi più forti come la Germania cominciano a soffrire. Le asimmetrie restano immutate e alla fine ci dovrebbe essere un Nord che paga per il Sud. Non ci credo.
Ma che futuro ci si può aspettare da una simile situazione?
A mio parere si arriverà alla massimizzazione del danno. Si andrà a casa con il massimo danno possibile. È già avvenuto altrove, come in Argentina. La storia, in fondo, si ripete.
(Gianluigi Da Rold)