Il clima di fiducia delle imprese nel mese di dicembre è rimasto stabile a quota 87,6 rispetto al mese precedente. Lo ha reso noto l’Istat, secondo cui nello stesso periodo la fiducia dei consumatori è diminuita da 100,2 a 99,7. Intanto il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha annunciato un “investment compact” basato su «misure fiscali a sostegno delle piccole e medie imprese, in particolare quelle innovative, anche attraverso un rifinanziamento del Fondo di garanzia». Ne abbiamo parlato con Sergio De Nardis, capo economista del centro di analisi Nomisma.
Il clima di fiducia delle imprese italiane resta stabile. È un dato positivo o negativo?
L’indicatore in definitiva più rilevante per chi segue la congiuntura è quello sulle imprese manifatturiere, perché consente di prevedere la produzione industriale. Questo indicatore ha smesso di scendere da agosto/settembre. Quindi c’è un miglioramento marginale nella manifattura che indica che c’è una situazione di sostanziale stasi produttiva e un modesto rialzo. Nel complesso la leggerei come una situazione di stagnazione dell’economia, in cui non c’è una caduta ma non abbiamo molto di più di piccoli rialzi.
Da novembre a dicembre il manifatturiero passa da 96,5 a 97,5. Quanto conta questo rialzo?
Èun miglioramento che viaggia però a un ritmo abbastanza basso. Nel 2015 ci sarà quindi una ripresa pari al più zero e qualcosa, ma non è certo quello di cui abbiamo bisogno: ci servirebbe molto di più. Non siamo più in caduta, ma la forza di traino di questa economia è debole e insufficiente.
Come valuta invece il dato sulla fiducia dei consumatori, che diminuisce da 100,2 a 99,7?
Nell’insieme vedo un’indicazione di persistente debolezza della domanda interna, rispetto a cui i consumi costituiscono la parte principale. Anche in questo caso non abbiamo una vera e propria caduta, ma il fatto che stiamo viaggiando a ritmi troppo lenti con una persistente incertezza da parte delle famiglie consumatrici che spingono a non impegnarsi eccessivamente nei consumi.
Che cosa ne pensa del fatto che tra i consumatori il clima corrente peggiora mentre quello futuro aumenta?
Le famiglie hanno un’indicazione più precisa per quanto riguarda la loro situazione personale nel momento presente. Le indicazioni sul futuro e sull’insieme dell’economia sono invece più indirette. Il dato sul clima futuro è quindi un segnale positivo, ma anche in questo caso ciò di cui abbiamo bisogno è un rialzo ben più consistente.
L’investment compact annunciato da Padoan può realmente aiutare le nostre imprese?
In parte si tratta del potenziamento di strumenti già presenti, come il Fondo di garanzia. In parte sono misure su cui il governo si sta muovendo, anche se la parte che è necessario rafforzare è quella relativa agli investimenti. La domanda di investimenti e la spesa per investimenti contano ancora di più della spesa per consumi.
Per quali ragioni?
Perché la debolezza della domanda interna attualmente non è più determinata dai consumi, che crescono marginalmente, ma dalla caduta degli investimenti. Tutto ciò che va in questa direzione è positivo.
L’investment compact è in grado di rilanciare l’economia italiana?
Nell’ambito dei vincoli europei non si può fare molto di più che muoversi in questo modo: favorire l’ambiente regolatorio per gli investimenti, potenziare gli strumenti di investimento delle piccole e medie imprese, incoraggiare gli investimenti dall’estero. Sono tutti elementi che vanno nella direzione giusta, ma che si muovono nei limiti e nei vincoli che pone l’Ue. Al di là delle possibilità del piano Juncker, un piano d’investimenti molto più forte sarebbe possibile a livello europeo solo a condizione di superare questi limiti.
In che modo è possibile attuarlo?
La Germania, per esempio ,dispone di infrastrutture molto deboli e deteriorate e una spesa pubblica per rinnovarle avrebbe effetti molto positivi. Ci sono valutazioni da parte di economisti del Fmi, tra cui Olivier Jean Blanchard, secondo cui un aumento dell’1% del Pil per quanto riguarda la spesa pubblica per investimenti in Germania e negli altri Paesi vicini come l’Olanda avrebbe un effetto sui Paesi periferici tra cui l’Italia pari allo 0,4% del Pil.
(Pietro Vernizzi)