Ha ancora senso parlare di sviluppo urbano in un Paese, come l’Italia, imbrigliato da un’ipertrofia burocratica? A questa e ad altre domande hanno risposto, al Centro Paolo VI di via Gezio Calini a Brescia, i relatori della serata “Brescia nei prossimi 20 anni: strategie, servizi e governance per la competitività del futuro” organizzata giovedì 5 febbraio dalla Fondazione San Benedetto. Sull’asse sviluppo urbano -pianificazione strategica – inclusività si sono confrontati Francesco Profumo, Presidente dell’Osservatorio Anci sulle Smart City, presidente Iren, già Ministro dell’Istruzione dell’università e della ricerca, il sindaco di Brescia Emilio Del Bono, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, il vice presidente vicario dell’Anci nazionale, nonché sindaco di Lecce, Paolo Perrone e Walter Vitali, promotore di Laboratorio urbano, direttore esecutivo di Urban@it-Centro nazionale di studi per le politiche urbane, già senatore della Repubblica.
“Occorre un piano strategico dilatato nel tempo e nello spazio” ha affermato Marco Nicolai, vice presidente della Fondazione San Benedetto, non senza un tono polemico, rispetto al triste panorama offerto dalle politiche di pianificazione urbana in Italia. Gli ha fatto eco Walter Vitali, fornendo esempi di buone pratiche e storie di pianificazione strategica in Italia e nel mondo: da Torino a Bologna, da Manchester a Lione. Secondo Vitali le città e il loro sviluppo possono essere la risposta alla crisi globale, ma tenendo ben saldo il timone su due fattori, quantità e qualità: “La quantità dello sviluppo e il modo di generarlo – ha sottolineato Vitali – sono inscindibilmente legati alla sua qualità”. Su questo terreno si devono confrontare le città: “Che possono essere – afferma l’ex sindaco di Bologna – causa di problemi gravi e insolubili o la culla di una nuova civiltà”. Lo sviluppo è però possibile solo attraverso l’inclusione, la partecipazione della cittadinanza ai processi decisionali: “Senza i cittadini – ha chiosato Vitali – non si va da nessuna parte”.
Sullo stesso tasto ha spinto Francesco Profumo, individuando nell’attuale modello di governance uno dei maggiori freni allo sviluppo: “I nostri sistemi sono governati a livello napoleonico – ha affermato l’ex ministro -, questa è una debolezza, perché da una parte abbiamo modelli di governance chiusi (verticali), dall’altra c’è la necessità di uno sviluppo orizzontale, inclusivo”. Da qui scaturisce la constatazione che “il modello napoleonico – ha sentenziato lapidario Profumo – non è più in grado di dare risposte alle domande e alle necessità dei cittadini”. La rivoluzione digitale segna il passo, e questo la politica sembra non averlo recepito: “Il più grande Stato del mondo è Facebook – ha affermato l’ex Ministro – le nostre cinte daziali non corrispondono alla realtà”. Da queste constatazioni il Presidente dell’Osservatorio Anci sulle Smart City ha sottolineato l’importanza dell’enorme patrimonio rappresentato dalla virtualizzazione dei dati e dalle interfacce che, se ben sviluppate, possono cambiare il volto delle città. “E’ venuto meno – ha affermato Profumo – il costrutto sul quale abbiamo basato fino a oggi la pianificazione”. Quindi l’auspicio: “L’Italia ha una difficoltà intrinseca a modernizzarsi. Mi auguro – ha concluso l’ex ministro – che le nostre università inizino a formare una nuova classe di cittadini in grado di gestire questi elementi di complessità”.
A Bergamo il coinvolgimento della cittadinanza ha preso piede grazie allo sviluppo del welfare: “La leva della partecipazione – ha affermato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori – è rappresentata dai Comitati di quartiere”. Si è partiti dalle piccole cose: “Dagli orari della biblioteca al miglioramento dell’illuminazione”. Per Gori è dalle periferie che deve ripartire la partecipazione: “Dobbiamo costruire le città – ha sottolineato – dal basso, dalle nostre comunità, responsabilizzando i cittadini alla condivisione di un’idea a fianco dell’ente pubblico”.
A Brescia l’amministrazione punta sui Consigli di quartiere, ma la visione del sindaco Emilio Del Bono si spinge oltre, individuando nella mancata attribuzione di città metropolitana un’opportunità: “Perché – ha sottolineato il primo cittadino – questo sarebbe coinciso con la provincia. C’era e c’è la necessità di non confinare il proprio disegno di pianificazione all’interno del proprio perimetro comunale”. Anche considerato che nell’immediato futuro “le misure non saranno più fra regioni, la competizione sarà fra centri urbani”. Come sarà l’assetto di Brescia nei prossimi anni? Questo non è dato saperlo, ma secondo Del Bono “la partita si giocherà sui servizi, sulle infrastrutture e sulla cultura”. Per raggiungere gli obiettivi la Loggia ha dato vita una città metropolitana “in house”. “Abbiamo costruito una consulta territoriale fatta dalla città capoluogo con 14 Comuni contermini, con una dimensione di 350mila abitanti circa, attrattiva di ulteriore forza polarizzatrice”. Costruire luoghi di pianificazione strategica che corrispondano alle necessità del territorio è la mission che si data la Loggia. Con la scomparsa delle circoscrizioni, con la fine degli strumenti di decentramento amministrativo si è ulteriormente indebolita la partecipazione democratica: “Ci siamo inventati i Consigli di quartiere – è il commento di Del Bono – è una sperimentazione, uno strumento molto complicato, ma ci sono modelli altrettanto convincenti, come la progettazione partecipata per obiettivo”. Partecipazione significa anche spinta dall’interno: “Se un’amministrazione si pone l’obiettivo di risparmiare dal punto di vista energetico il 40% nei prossimi 10 anni, se non si mettono in moto anche comportamenti virtuosi da parte dei singoli, non solo da parte dell’amministrazione, i target prefissati non si raggiungono”.
Razionalizzazione non significa, sempre, diminuzione dei servizi, almeno non a Lecce, dove il sindaco Paolo Perrone ha saputo cogliere, pur fra le difficoltà distintive del sud Italia, le opportunità di crescita. “Avevamo fattori critici di successo – ha affermato Perrone – e li abbiamo valorizzati”. La candidatura di Lecce a capitale europea della cultura è stata l’occasione per mobilitare la cittadinanza, “un’esperienza straordinaria – l’ha definita il sindaco pugliese – per costruire un territorio comune, per trasformare le esigenze della città in idee smart”. A partire dalla App legata al Banco alimentare che mette in relazione le Caritas zonali con i supermercati e i ristoranti, che a loro volta si mettono in comunicazione con i “vettori”, con chi si occupa del trasporto, dando così vita a un modello virtuoso di redistribuzione di generi alimentari. Alla fine, quindi, il futuro non è poi così lontano, basta saper recepire le esigenze del territorio, basta, come ha affermato il sindaco Del Bono, “motivare in termini di partecipazione i cittadini, dal basso”.
(Romano Guatta Caldini)