Mi sono messo in coda anch’io, l’altra sera, per entrare in San Pietro. Alle 22 via della Conciliazione è strapiena. Non si entra, ma anni di eventi vaticani mi hanno insegnato che la via migliore è a sinistra, dal Sant’Uffizio.
Fila lunga pure lì. Mi accodo a una famiglia di catanesi, passeggino e bimbetto con tablet e biscottini. Dietro un americano in braghe corte, di fianco volti sudamericani, più in là un tizio che nonostante il freddo porta solo una T-shirt. Sarà scozzese. Si parla, si ride, si sgranocchia qualcosa, non c’è aria da funerale. Perché sono venuti? E perché ne verranno altrettanti oggi? Perché siamo immobili da più di mezz’ora e nessuno si lamenta, nessuno rinuncia?
Un volontario delle Misericordie urla di andare tutti in via della Conciliazione. Molti seguono il consiglio ma io e altri non ci fidiamo affatto. E infatti dopo un po’ la folla si muove. Davanti ai metal detector due colonne, ma come in autostrada la fila in cui non sei tu è sempre la più veloce.
E poi finalmente entriamo in piazza. San Pietro illuminato di sera è uno spettacolo di bellezza. Qualche volta penso che il Giudizio Finale possa essere così, tutti assieme, attratti, non costretti, in una location come questa. O forse proprio in questa, coi santi veri al posto delle statue in pietra, sopra il colonnato.
In piazza un tizio del servizio d’ordine ripete: “Benvenuti!”, ma c’è una brutta sorpresa, perché lì confluiscono enormi file da via della Conciliazione e da Sant’Anna. Un po’ come quando in montagna ti sembra di essere in cima ed era solo un contrafforte.
Si prospetta altra attesa, ma neanche uno che se ne va. Dentro San Pietro tutti a fotografare col cellulare. Davanti alla Pietà non c’è gente, né dinnanzi alla cappella di Giovanni Paolo II, di solito gremita. Si passa in centro alla navata, sotto gli occhi delle statue dei grandi santi sociali: don Bosco, Filippo Neri, Vincenzo de Paoli. Anche loro per gli ultimi.
Dei monumenti ai papi del passato, grandi e meno grandi, non si accorge nessuno: Pio VII, imprigionato da Napoleone, Gregorio XIII, che ha fatto il calendario moderno, Alessandro VII, quello dei banchieri Chigi, eletto nel pieno delle lotte tra le famiglie nobiliari di Roma. Eh sì, la Chiesa è anche questo.
Il baldacchino dell’altare splende d’oro come fosse appena uscito dalle mani del Bernini. Infine, si passa davanti alla bara di Bergoglio, ma in un attimo. Tre ore di attesa al freddo, in sostanza per non vedere niente. Perché?
I media in questi giorni ne hanno dette di tutti i colori: il papa degli ultimi, buono, istintivo, rivoluzionario, conservatore, forte, debole. Hanno cavalcato l’evento. È possibile che molti siano venuti qui per quello che hanno detto loro. O per i motivi più diversi. Ma sotto sotto credo sia per il fascino di un uomo che, nel mondo d’oggi, ha cercato un modo per seguire radicalmente Cristo. E per il retropensiero, quasi una nostalgia, che, come recita il titolo di un grande libro, Si può vivere così, in fondo sarebbe meglio vivere così.
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