Il dato politico della visita di Giorgia Meloni a Washington è chiaro: la presidente del Consiglio ha invitato Donald Trump – che ha accettato – a venire in Italia per confrontarsi sui dazi con gli altri leader europei, diventando di fatto il perno della trattativa Usa-Ue.
Un ruolo che lei si è conquistata volando negli Stati Uniti mentre il resto del mondo tratta Donald Trump come un malato di peste. Ma c’è di più. Nel timore che nel viaggio oltreoceanico la premier potesse strappare qualche risultato favorevole per l’Italia, Bruxelles ha caricato sulle sue spalle un eccesso di aspettative. Le ha assegnato più compiti di quanti ne potesse svolgere, forse contando sul fatto che non tutto sarebbe finito positivamente. Ma così facendo, ha trasformato la Meloni nell’unica leader europea in grado di trattare con Trump. E così è andata nei fatti: ora lei è diventata la rappresentante Ue presso la Casa Bianca.
Solo il tempo dirà se la presidente del Consiglio sarà in grado di reggere il ruolo di cui è stata investita. In ogni caso, è lei la donna del momento.
Qualunque sia l’orientamento politico del presidente Usa, la Meloni riesce ad andargli a genio: quando era stata in visita dal democratico Joe Biden era stata definita sprezzantemente la sua “cocca”, oggi ha ottenuto un encomio solenne dal successore repubblicano: una “donna fantastica” che sta facendo “un ottimo lavoro”. non solo: “L’Italia può essere il miglior alleato degli Stati Uniti se Meloni resta premier”, ha affermato Trump.
Endorsement senza precedenti, maturati nei colloqui a porte chiuse quando Trump ha accettato l’invito a recarsi a Roma, dove la Meloni potrà essere riconfermata nel ruolo di mediatrice.
Per la nostra premier è un enorme successo diplomatico. Amica di Ursula von der Leyen e al contempo persona di fiducia della Casa Bianca, la presidente del Consiglio è riuscita a ottenere da Trump l’apertura a una trattativa per ammorbidire la guerra commerciale con l’Unione Europea.
Entrambi si sono detti convinti che l’accordo per ridurre – se non azzerare – i dazi ora congelati si farà “al 100 per cento”. L’hanno annunciato prima dei colloqui a porte chiuse e confermato al termine del bilaterale. “Non posso siglare accordi per l’Ue ma sono qui per cercare di trovare il giusto punto di equilibrio a metà strada”, ha spiegato la premier prima di sedersi al tavolo della Cabinet Room per il pranzo di lavoro.
La situazione, tuttavia, rimane aperta. La trattativa deve ancora cominciare, e l’esibizione di ottimismo significa semplicemente che il lavoro è tutto da fare, anche perché l’approccio di Trump lascia intendere che sia più favorevole a una serie di accordi bilaterali piuttosto che a un’intesa globale con l’Ue “come un unico blocco”, per usare le stesse parole del tycoon di qualche giorno addietro. Un vantaggio per l’Italia che il governo può sfruttare: finché si tratta, la Meloni manterrà il suo ruolo di pontiere e dunque di mediazione; se il negoziato con l’Ue dovesse naufragare, resterà il rapporto preferenziale e vantaggioso tra il governo Meloni e l’Amministrazione americana.
Il lavoro dunque è già partito. Lo dice lo slogan coniato dalla presidente Meloni nello Studio Ovale parafrasando quello trumpiano: rendere “l’Occidente great again”. Occorre sperare che la percettibile indifferenza di Trump a questa dichiarazione e le divergenze su Zelensky non siano di cattivo auspicio.
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