Il (per ora mezzo) conflitto scoppiato recentemente tra India e Pakistan ha finito per coinvolgere collateralmente anche la Cina, responsabile di aver fornito all’esercito pakistano buona parte delle armi e degli armamenti che ha in dotazione che si sarebbero rivelati decisamente efficienti per rispondere a quelli indiani, facendo – peraltro – scattare un paio di campanelli d’allarme a Taiwan che considera il conflitto tra India e Pakistan una sorta di banco di prova per le capacità militari di Pechino: tensioni – quelle tra India e Cina – che per ora sembrano essere solamente figurative senza nessuno dei due paesi che ha rilasciato dichiarazioni nei confronti dell’altro; fermo restando che molto dipenderà da quello che potrebbe succedere nei prossimi giorni.
Di certo in questo (per così dire) ‘scontro’ c’è che la scorsa settimana l’India ha compiuto una serie di azioni militari missilistiche contro alcuni obbiettivi pakistani utilizzando – tra gli altri – anche i caccia francesi Rafale: dal conto suo Islamabad sostiene di aver risposto abbattendo almeno cinque degli aerei indiani e in una dichiarazione ufficiale ha lodato l’efficienza dei caccia J-10C prodotti e forniti dalla Cina; mentre è bene precisare che dal conto suo il governo indiano non ha confermato ufficialmente gli abbattimenti da parte dei pakistani.
Taiwan spaventato dal successo delle armi della Cina nel conflitto tra India e Pakistan: l’appello a Washington
Oltre ai caccia, la Cina sembra aver fornito al Pakistan anche i missili aria-aria PL-15 i cui resti sarebbero stati trovati sul territorio indiano nei pressi di un caccia abbattuto: missili che fino a questo momento non erano mai stati usati veramente in battaglia e che per la prima volta hanno dimostrato la loro efficienza tale da riuscire a colpire un caccia francese grazie ad una velocità superiore a Mach 5 del tutto coerente con quella raggiunta dalle controparti occidentali.
Le ragioni per cui lo scontro indo-pakistano è diventato un banco di prova per la capacità militare della Cina sono molteplici ma si possono facilmente sintetizzare con il fatto che in Occidente molti dubitavano dell’efficienza dei sistemi in dotazioni all’esercito di Pechino: famosi gli insuccessi registrati dal 2022 questa parte con numerosi sistemi acquistati dal Myanmar, dal Bangladesh e dallo stesso Pakistan che avevano mostrato problemi tecnici tali da costringere i paesi a restituirli; con un durissimo colpo per la Difesa cinese.
Di fatto fino ad oggi i sistemi prodotti dalla Cina non erano quasi mai finiti al centro di conflitti veri e propri, utilizzati da Pechino più con l’intento della deterrenza; mentre il successo sul campo indiano – non a caso – starebbe spaventando Taiwan con l’Institute of National Defense and Security Research di Taipei che ha lanciato l’allarme sul fatto che i cinesi potrebbero dimostrare una “potenza aerea (..) pari o superiore (..) a quella degli Stati Uniti nell’Asia orientale“, chiedendo a Washington di rivalutare le forniture taiwanesi vendendo sistemi più avanzati e in grado di reggere il confronto.