Si chiama Manufacturing as a Service (traduzione letterale: “la produzione come un servizio”) e sta acquisendo sempre più spazio tra le aziende. Consiste nel fatto che grazie alle nuove tecnologie, dall’ IoT ai Big Data all’AI, le imprese manifatturiere, invece di acquistare un impianto o un macchinario, ne usufruiscono tramite sia un canone per l’utilizzo effettivo che micro-canoni per un ecosistema di servizi d’uso come la manutenzione, gli accessori e i criteri di sostenibilità. Secondo le ultime stime disponibili, le aziende italiane sono in ritardo nella fattispecie, solo il 33% di esse utilizza il modello della servitizzazione, contro il 56% degli UK, il 53% degli Usa, il 41% del Giappone e il 36% della Francia. Ne parliamo in questa intervista con Claudio Mombelli, ceo e founder di Domorental, azienda fintech milanese attiva nel settore del noleggio operativo.
Si può affermare che il Manufacturing as a Service sia un’evoluzione della servitizzazione?
La servitizzazione è la traduzione del termine inglese servitization e indica un modello di business che si incentra sulla trasformazione delle aziende dalla vendita di un bene/prodotto a un servizio. Se ne parla dagli anni 70 e viene adottato tra gli anni 80 e 2000 da alcune grandi aziende del settore IT. IBM è stata tra le prime aziende a passare dalla vendita di prodotti hardware alla fornitura servizi IT. Xerox, insieme al noleggio delle stampanti, includeva il costo delle pagine e dei consumabili impiegati.
Uno schema orami diffusissimo in ambito consumer.
È ormai un paradigma pervasivo. Il passaggio dalla vendita di un prodotto a quella di un canone pay-per-use o pay-per-performance basato su noleggio del bene e suo utilizzo. Una trasformazione anche dettata dai tempi. A causa anche dell’incertezza economica, le persone, invece che acquistare un bene durevole come un’auto, preferiscono pagarne l’utilizzo solo in caso di necessità noleggiandola. Il car sharing, lo streaming tv a consumo, gli abbonamenti telefonici, i software pagati a canone sono tutti esempi di questo cambiamento.
Oggi sono le stesse aziende a scegliere il pay-per-use quale propria logica operativa e convertirsi al MaaS – Manufacturing as a Service.
La logica è la stessa. Le imprese manifatturiere, invece di acquistare un impianto o un macchinario, lo noleggiano. Il tutto corredato da un ecosistema di servizi d’uso come la manutenzione, gli accessori e i criteri di sostenibilità.
Quali sono i vantaggi?
Il costo di un macchinario, considerato per l’intera durata della sua vita, può incidere solo per il 20% per il suo valore intrinseco, il 35% è legato alla spesa energetica per farlo funzionare, mentre il restante 45% è destinato a servizi di altro genere, come il monitoraggio, la manutenzione, gli accessori, l’assicurazione, l’impatto ambientale. Nel mondo il peso degli OEM – Original Equipment Manufacter è in crescita e si prevede che entro il 2024 il 100% degli OEM offrirà manutenzione predittiva e il 95% manutenzione da remoto e servizi di efficienza operativa. Secondo il “Global Machinery & Equipment Report” (Bain & Company), la marginalità aumenterà grazie al progressivo incremento della parte di software, servizi e soluzioni, che entro il 2030 contribuirà per il 77% del fatturato rispetto all’attuale 60%.
Ci sono anche vantaggi finanziari?
Sono fondamentali. Gli asset vengono trasformati in canone, da capex in opex, da investimenti industriali a operativi gestionali, senza pesare sul bilancio e sulla posizione finanziaria netta. L’impianto non è più importante come asset produttivo ma per la sua capacità di produrre qualcosa, diventa per così dire una sorta di commodity. Per raggiungere tale obiettivo è necessario rendere l’impianto “servitizzato”, non solo controllandolo da remoto grazie alle nuove tecnologie (Domorental utilizza un sistema IoT di remote control dei macchinari che noleggia alle aziende, ndr), ma usufruendo di un ecosistema di servizi erogati.
Che ruolo ha la tecnologia?
Se la tecnologia ha avuto un ruolo fondamentale nell’ambito consumer nella servitizzazione, lo sta avendo e avrà ancor di più per quanto riguarda l’industria. Oggi parliamo di fabbrica intelligente grazie all’uso di tecnologie digitali come IoT, Big Data e AI necessari per monitorare i dati e ottimizzare la gestione dei macchinari e dei prodotti oltre che per analizzare quelli per la manutenzione e l’assistenza da remoto. La fabbrica di domani sarà sempre più basata sulle logiche IIot (Industrial Internet of Things), Cloud Manufacturing o Manufacturing as a Service appunto.
Quanto la servitizzazione è connessa con la sostenibilità?
Ne è forse il fattore più importante, quello che accomuna i megatrend economici, dalle nuove tecnologie all’energia alla salute. Un impianto “servitizzato” ha la massima efficienza, consuma meno e dura più a lungo. L’80% delle aziende con cui collaboriamo è dotato di certificazione Carbon Cancelling, gratuita e di durata illimitata, che rilasciamo, in concorso con Upgreene, congiuntamente al servizio di noleggio operativo e che rappresenta la compensazione di CO2 in un determinato periodo di tempo per tutta la filiera di un prodotto o di un intero processo produttivo, assecondando lo scope 3, la parte della Direttiva UE 95/2014 che prevede il monitoraggio dell’impronta carbonica associata a produzione esternalizzata e/o a contratto.
C’è anche un valore per quanto riguarda il marketing?
La servitizzazione crea fidelizzazione coi clienti grazie al rapporto stabile e duraturo che deriva dal contratto di noleggio, assistenza, manutenzione. La servitizzazione è anche un volano del cambiamento per le aziende che devono ripensare le proprie logiche e i propri processi e caratterizzarsi come smart factory.
(Francesco Rossi)
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