Le industrie non usano più il pesticida PFAS, ovvero le sostanze perfluoroalchiliche capaci di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. Il motivo, come riportato da Il Fatto Quotidiano, è da ricondurre al fatto che di recente è stato dimostrato come queste siano causa di contaminazione ambientale nonché tossici per l’uomo. In tal senso, a livello medico, sono in grado di alterare tutti i processi dell’organismo che coinvolgono gli ormoni, responsabili dello sviluppo; del comportamento; della fertilità e di altre funzioni cellulari essenziali.
I Paesi che hanno in programma di vietarne l’utilizzo sono numerosi, soprattutto a seguito delle cause intentate nei confronti dei big dell’industria. L’Europa, ad esempio, vorrebbe farlo entro il 2030. Intanto, però, sono molte le aziende che hanno deciso autonomamente di interrompere l’uso, proprio a causa dei problemi economici che conseguono dai risarcimenti dei danni da versare ai cittadini oppure dai costi altissimi delle bonifiche imposte dagli enti pubblici sul territorio contaminato. Inoltre, di recente, è aumentato anche il pressing da parte degli investitori.
Industrie non usano più pesticida PFAS: il caso di 3M Company
“Questo è l’inizio della fine del pesticida PFAS, gli ‘inquinanti eterni’”. Ad affermarlo è stato Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia, dopo l’annuncio della 3M Company di abbandonare l’utilizzo delle sostanze perfluoroalchiliche entro il 2025. È un passo importante nella storia dell’industria, dato il ruolo che l’azienda statunitense ha all’interno di quest’ultima. Inoltre, essa è stata una delle prime a farne uso a partire dagli anni ’50. “È l’opportunità per uno sviluppo diverso e più sostenibile”, hanno evidenziato i vertici del colosso.
La speranza adesso è che la tendenza si diffonda anche al resto delle altre aziende di tutto il mondo. Anche se il timore è che le industrie trovino dei nuovi espedienti per raggirare le norme, come lo spostamento della produzione in Paesi che non hanno norme rigide in merito. “È necessario bandire la produzione globale e l’utilizzo di queste sostanze, su cui speriamo l’Europa possa fare da apripista”, ha concluso l’esponente di Greenpeace.