Un recentissimo studio pubblicato sulla celebre e prestigiosa rivista Nature ha cercato di risolvere il più importante limite delle (estremamente diffuse, partendo dai cellulari ed arrivando a pressoché qualsiasi altro dispositivo elettronico attualmente in uso) batterie agli ioni di litio partendo da quella che potremmo quasi definire una sorta di ingegneria medica applicata alla tecnologia: lo studio è stato condotto dall’università cinese Fudan di Shanghai da un team di ricercatori guidato da Peng Huisheng e Gao Yue; mentre – a fronte di eventuali conferme e di un’ipotetica adozione del sistema su grandissima scala – l’esito potrebbe essere quello di abbattere i costi e l’impatto ambientale delle batterie agli ioni di litio.
Partendo dal principio, è bene ricordare che allo stato attuale gli ioni di litio si presentano come l’alternativa più efficiente dal punto di vista della durata estendendo al massimo il ciclo vitale della batteria; ma al contempo presentano due grossi limiti parzialmente collegati tra loro: il primo è che con l’utilizzo tendono ad esaurirsi del tutto consumando gli ioni attivi; mentre il secondo è legato al loro costo produttivo (utilizzando una cospicua quantità di terre rare) e alle difficoltà di smaltimento alla fine del ciclo vitale.
Lo studio cinese sulla rigenerazione delle batterie agli ioni di litio: “Potrebbe decuplicarne il ciclo vitale”
Proprio questo è il limite che i ricercatori cinesi hanno cercato di risolvere, mettendo a punto un sistema che permette (letteralmente) di iniettare nuovi ioni di litio attivi in una batteria esausta rigenerandola e rendendola nuovamente efficiente come il primo giorno: il sistema “non invasivo e rapido” – assicura il dottor Yue – si basa su di una serie di elettrodi che trasportano la molecola trifluorometansolfinato all’intero delle batterie senza interagire o danneggiare gli altri componenti “ritardando – spiega lo stesso ricercatore – il ritiro” dei dispositivi esausti e “riducendo lo spreco di risorse e l’inquinamento” dato che la molecola può essere tranquillamente prodotta in laboratorio senza dover necessariamente partire dal minerale originale.
Complessivamente, i primissimi risultati dello studio sono sbalorditivi perché grazie alle iniezioni i ricercatori sono riusciti ad estendere la vita delle batterie ad un numero compreso tra i 12mila e i 60mila cicli di ricarica (rispetto agli attuali 500/2mila) che grosso modo si possono tradurre con una vita media di più di 18 anni, abbattendo i costi di sostituzione e smaltimento; mentre per ora resta da capire come e se la tecnologia potrà essere impiegata anche in sistemi chiusi e già confezionati come i cellulari.