L’Italia ha il record europeo di utilizzo di integratori alimentari. Sono infatti ben 32 milioni ogni anno, i nostri connazionali che utilizzano pillole e compresse integranti, per una spesa di 3.2 miliardi di euro, pari al 23% del mercato del Vecchio Continente. Stando a quanto riporta il Corriere della Sera, la pandemia ha ulteriormente aumentato il consumo di integratori, alla luce delle preoccupazioni per la salute che hanno spinto milioni di connazionali ad attenzionare appunto ulteriormente il proprio benessere fisico.
Nel corso del 2020 sono stati inoltre numerosi coloro che si sono approcciati per la prima volta al mondo degli integratori visto che il 12% delle persone intervistate dall’associazione di categoria di riferimento, si è dichiarata “new comer”, ovvero, nuova in questo mondo. Circa 18 milioni, come si legge su una ricerca in uscita sul mensile Il Salvagente, utilizza tutti giorni integratori, mentre più di 4 milioni li usa più volte al mese. In merito all’età, invece, il 62.8% ha fra i 35 e i 64 anni, mentre il 60.5% sono donne. Resta da capire se gli integratori rechino davvero un beneficio al nostro corpo, e a tale annosa questione ha provato a dare una risposta il mensile
INTEGRATORI ALIMENTARI FUNZIONANO DAVVERO? “TRE SU SEI NON SI DISGREGANO…”
Il Salvagente, analizzando in laboratorio un centinaio di compresse, ha scoperto che sola la metà dei campioni di integratori alimentari analizzati svolge realmente la sua funzione, mentre in tre casi su sei “così come sono entrati sono usciti”, senza quindi produrre gli effetti che dovrebbero, ma senza comunque provocare danni. Dall’analisi è emerso che non sempre gli integratori alimentari in commercio riescono a disaggregarsi in un fluido acquoso.
“Posso fare una promessa ai consumatori – il commento di Germano Scarpa (Biofarma Group), presidente di Federsalus, l’associazione che rappresenta l’intera filiera del mercato degli integratori alimentari – porterò questo lavoro alla prima assemblea degli associati, lo distribuirò a tutti e porrò il tema per sensibilizzarli su un problema che ritengo molto importante”, aggiungendo che il test del disgregamento viene fatto regolarmente dalle aziende più grandi, mentre per quelle che hanno mercati più piccoli, e quindi con meno risorse, è probabile che ciò non avvenga.