Il caso delle intercettazioni ai danni di Luca Casarini e di altri attivisti esponenti di ONG pro-migranti, definito dall’opposizione il “Watergate italiano”, si è rivelato una plateale bufala, costruita su premesse infondate: all’inizio del 2025, quando Meta avvisò Casarini, Beppe Caccia, don Mattia Ferrari e il direttore di Fanpage Francesco Cancellato di essere stati bersaglio del software spia Paragon, Pd, M5S e Avs scatenarono una campagna durissima contro il governo Meloni, accusandolo di usare i servizi segreti per spiare avversari e giornalisti.
Elly Schlein affermava che la presidente del Consiglio dovesse rispondere in prima persona, denunciando un clima da regime, Matteo Renzi evocava invece uno scandalo europeo e prometteva inchieste internazionali e tutta l’opposizione chiese a gran voce una commissione d’inchiesta europea, giudicando inadeguati sia gli accertamenti del Copasir che quelli della magistratura italiana; peccato, però, che le prime autorizzazioni alle intercettazioni su Mediterranea Saving Humans – rilasciate dalla Procura generale di Roma su richiesta dei servizi – risalissero al 2021, quando al governo c’era Giuseppe Conte, ed erano poi state rinnovate sotto l’esecutivo Draghi.
Un dettaglio che Pd e M5S avevano evitato di menzionare, trasformando una procedura giudiziaria pienamente legittima – finalizzata a verificare possibili collegamenti tra salvataggi in mare e traffici illeciti – in un pretesto per colpire politicamente Meloni.
Intercettazioni su Casarini e retroscena: “Il silenzio di Conte rivela l’ipocrisia dell’opposizione”
Mentre da una parte Schlein e Renzi denunciavano un presunto spionaggio di Stato ai danni di Casarini, le indagini rivelavano che le intercettazioni erano state autorizzate dalla magistratura per motivi legati alla sicurezza nazionale, senza il coinvolgimento diretto di Palazzo Chigi; secondo il sottosegretario ai servizi Alfredo Mantovano, non vi era stato alcun abuso in quanto le intercettazioni seguivano un iter legale, ma nonostante ciò, l’opposizione ha continuato a evocare scenari poco trasparenti e intenzioni malevole.
La verità è emersa nel luglio 2025: le richieste di controllo su Casarini risalgono al 2021, periodo in cui i servizi erano sotto la supervisione del governo Conte e le autorizzazioni, inoltre, arrivavano da procure ritenute vicine all’allora maggioranza M5S-Pd, in molti hanno poi ribadito come il vero scandalo fosse rappresentato dall’ipocrisia di chi aveva firmato le autorizzazioni e ora si atteggiava a vittima.
Quando Il Fatto Quotidiano ha chiesto conto della vicenda a Giuseppe Conte, l’ex premier ha preferito invocare il segreto di Stato, sostenendo di aver agito nel rispetto delle norme e di non poter discutere aspetti operativi; intanto, le richieste europee – sollecitate da europarlamentari come Sandro Ruotolo, che parlavano di violazione della libertà di stampa – sono state archiviate, mentre il caso è lentamente svanito nel silenzio generale.
Restano però diverse domande senza risposta: perché l’opposizione ha scelto di strumentalizzare un’attività investigativa iniziata sotto il suo stesso governo? E rimane poi il dubbio su come mai, nonostante i proclami iniziali, nessuno in Europa ha più osato parlare di “Watergate”; probabilmente, il tutto può essere riassunto con una breve considerazione, secondo cui, chi ha alzato la voce, forse, ha finito per scavarsi la fossa da solo.