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Home » Esteri » Medio Oriente » ISRAELE-IRAN/ “Khamenei può rinunciare all’atomica solo se le garanzie di sicurezza gliele dà la Russia”

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ISRAELE-IRAN/ “Khamenei può rinunciare all’atomica solo se le garanzie di sicurezza gliele dà la Russia”

Guerra Israele-Iran: Trump vuole Putin mediatore. Per risolvere le crisi, anche quella ucraina, ci vuole un’altra Yalta, che coinvolga la Cina

Int. Gianandrea Gaiani
Pubblicato 17 Giugno 2025
Iran-Israele, Ali Khamenei

Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran (Ansa)

Trump chiama Putin a mediare tra Israele e Iran. Un ruolo, quello di mediatore, che non può essere svolto dal presidente americano, visto come ha avallato le iniziative di Netanyahu contro Teheran. La realtà, spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, è che per trovare una soluzione alla crisi mediorientale bisogna considerarla insieme a quella dell’Ucraina, mettendo attorno a un tavolo tutti gli attori dei due fronti, Cina compresa, per tentare una sorta di nuova Yalta.


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D’altra parte, Netanyahu si comporta un po’ come Zelensky: ha aperto l’ennesimo fronte di guerra perché ha capito che, per vincere, deve coinvolgere gli occidentali, USA in primis. Non ha veri piani sull’Iran, ma vorrebbe vedere Trump al suo fianco in guerra. Dice che uccidere Khamenei farebbe finire la guerra, ma non è come eliminare il capo di Hezbollah: si tratta comunque del rappresentante di una nazione. L’Europa, infine, si oppone alla mediazione di Putin, ma dovrebbe cercare in ogni modo di chiudere ogni guerra; quella con l’Iran non fa altro che aumentare i rischi di un innalzamento dei costi energetici.


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Trump evoca Putin come mediatore: alla fine, la guerra in Ucraina e quella contro l’Iran o le altre in Medio Oriente sono legate? Per arrivare a una soluzione, occorre un approccio che le comprenda entrambe?

Ci vuole una nuova Yalta, una conferenza per la sicurezza generale che metta insieme Russia, NATO, Israele e Cina, che poi è quello che Putin ha chiesto più volte. Trump, dopo aver detto per mesi che ci pensava lui, si è reso conto che non ha le carte in mano e che il capo del Cremlino può contribuire alla soluzione della crisi tra Iran e Israele. Netanyahu, come Zelensky, ha bisogno di un’escalation per coinvolgere nella guerra l’Occidente, perché altrimenti, visto che non ha raggiunto i suoi obiettivi, l’ha persa. È questo ragionamento che sta all’origine dell’attacco ucraino alle basi strategiche russe e di quello di Netanyahu all’Iran due giorni prima che riprendessero i colloqui sul nucleare fra Washington e Teheran.


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Perché proprio Putin può essere la soluzione?

Perché la Russia ha mantenuto rapporti discreti con Israele, anche se ultimamente i due Paesi hanno avuto qualche momento di tensione sulla questione siriana. Putin è stato l’uomo che ha consentito a Trump di aprire il negoziato con l’Iran, accettato da Khamenei su pressione del presidente russo. Non solo: Mosca ha un trattato di alleanza con Teheran e può dare garanzie all’Iran e a Israele.

Quali garanzie?

Israele vuole la garanzia che l’Iran non si doti di armi nucleari, una richiesta paradossale per un Paese che ha almeno 250 testate e che non ha mai accettato le ispezioni della IAEA, anzi, che non ha mai ammesso di avere armi nucleari. Khamenei può accettare un accordo in cui rinuncia al programma nucleare militare se le garanzie sulla sua sicurezza gliele dà la Russia. Mosca direbbe a Tel Aviv che l’Iran non avrà la bomba; però, se l’Iran venisse attaccato, sarebbe protetto dalla Russia stessa, che metterebbe Teheran sotto il suo ombrello nucleare. Può essere l’unica soluzione ragionevole, ammesso che Netanyahu possa accettare di non continuare la guerra aprendo fronti su fronti che poi non riesce a chiudere.

Erdogan sta cercando di accreditarsi come mediatore, mentre l’Europa non vuole Putin a mediare. Sono attori che possono avere un ruolo?

Erdogan vuole mediare dappertutto, però non può farlo in una crisi tra Iran e Israele: fino a ieri dava del criminale a Netanyahu e a tutto il suo governo. La Turchia, poi, è un grande sponsor di Hamas. L’Europa, come al solito, essendo guidata da incompetenti, dice no a tutto, ma non è protagonista di nulla. Sta cercando di sostenere l’Ucraina e vuole Putin all’angolo, ma non si accorge che nell’angolo ci è finita lei. Eppure, noi europei dovremmo essere i primi a volere la chiusura del conflitto, chiunque sia il mediatore: la guerra in Ucraina ha già comportato un forte aumento dei prezzi di gas e petrolio, e se l’Iran decide di chiudere lo Stretto di Hormuz, ci ritroviamo col caro petrolio e caro gas, peggio che dopo l’inizio del conflitto contro Kiev. Evidentemente, però, non c’è nessuno che riesca a fare queste analisi.

Nelle trattative deve essere coinvolta anche la Cina?

La Cina non è mai ai margini: è la potenza che, nel marzo 2023, è riuscita a mettere fine alle tensioni fra monarchie saudite del Golfo e regime iraniano. Ha stretti rapporti con l’Iran, anche in campo energetico; darebbe una mano sicuramente in questa operazione: è amica dell’Iran e ha ottimi rapporti anche col mondo arabo. Il vero disastro qui è un altro.

Quale sarebbe?

Trump, invece di prendersela con Israele perché ha scatenato un attacco due giorni prima dei colloqui con l’Iran sul nucleare, ha preso tempo e poi addirittura ne ha sostenuto l’iniziativa. Avrei capito se, durante il negoziato con gli iraniani, avesse detto: “Voglio trattare, ma se non accettate un accordo che ponga fine al vostro programma nucleare, faccio fatica a tenere a bada Israele”. Avrebbe avuto un senso. Invece, informato dagli israeliani, ha lasciato che attaccassero. È chiaro che, per gli iraniani, gli USA non sono più credibili. Bisogna chiedersi se il presidente americano non ha avuto la sensibilità di comprendere che l’Iran non è un Paese del Terzo Mondo, oppure se gli Stati Uniti sono subordinati a Israele: Netanyahu decide e Trump esegue.

Dal G7 possiamo aspettarci un contributo alla soluzione della crisi? Ci sono stati conciliaboli fra Meloni, Macron, Merz, Starmer: serviranno?

Dal G7 non mi aspetto soluzioni ai problemi: da lì non ne sono mai venute. Visto il livello dei leader europei, non ho nessun tipo di fiducia: siamo marginali su tutto, più alziamo la voce e meno contiamo.

In Iran, il presidente Pezeshkian invoca l’unità nazionale, mentre ci sono voci che Khamenei e il suo staff cerchino un salvacondotto per la Russia. Fuggiranno come Assad?

Non so che fine farà Khamenei; quanto all’appello di Pezeshkian, direi che ci sta, perché Israele ha detto chiaramente che vuole il rovesciamento del regime, invitando gli iraniani a insorgere. Mi ricorda gli appelli agli iracheni ad insorgere contro Saddam Hussein nel ’91. Poi nessuno andò ad aiutare gli insorti, e Saddam fece massacri di sciiti e di curdi. Questa idea del regime change mi ricorda il tentativo di rovesciare i talebani in Afghanistan, Saddam in Iraq, Gheddafi in Libia. Il ritorno di questa visione per cui bisogna usare le bombe e i missili per cambiare i governi che non ci piacciono è pericoloso. Anche perché, nel momento in cui Israele va ad ammazzare i leader iraniani, prende di mira i rappresentanti di una nazione sovrana, non di un gruppo come Hezbollah. Se qualcuno uccidesse un ministro europeo o USA usando un drone contro la sua abitazione, come lo chiameremmo? Terrorismo.

In Iran c’è un’opposizione capace di proporre un’alternativa?

Far saltare un regime in un Paese come l’Iran rischia di destabilizzarlo, scatenando la guerra civile. È questo l’obiettivo in una delle aree energetiche più strategiche del mondo, come il Golfo Persico? Siamo di nuovo in mano ai neocon che ribaltano certe situazioni senza avere soluzioni per rimediare a quello che hanno combinato? Non vedo una strategia, solo tanta voglia di distruggere, senza la capacità di costruire qualcosa di serio. Certo, il regime iraniano non mi piace, ma neanche le monarchie saudite del Golfo: non ce n’è una che si possa definire democratica e rispettosa dei diritti umani.

Lo scenario tra Israele e Iran per il prossimo futuro qual è: missili e attacchi per rispondere al lancio di altri missili?

La guerra si esaurirà quando l’Iran finirà i missili balistici o Israele finirà i missili per la difesa aerea contro i missili balistici. Non vedo altre alternative. Vedo invece che Israele, dopo venti mesi che combatte, non ha raggiunto un solo obiettivo. Le IDF hanno dichiarato Gaza fronte secondario, ma l’impegno militare lì è ancora molto forte. Di sicuro non è un fronte chiuso, e così è anche con gli Houthi. Pure Hezbollah è stato colpito, ma non distrutto. Quanti fronti deve aprire Israele? Deve farlo fino a che non riesce a coinvolgere gli USA e forse gli europei. Guarda caso è l’unica speranza che ha anche Zelensky.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Vladimir PutinDonald TrumpBenjamin NetanyahuVolodymyr Zelensky

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