Le forze in campo, al di là delle dichiarazioni bellicose della dirigenza iraniana, appaiono impari. L’aeronautica militare di Israele ha le più moderne dotazioni e l’Iran non può neanche far alzare in volo un aereo capace di raggiungere il Paese avversario per una missione. Così, spiega Giuseppe Morabito, generale dell’esercito, fondatore dell’IGSDA e membro del collegio dei direttori della NATO Defense College Foundation, agli ayatollah non resta che lanciare droni e missili in quantità tale da mettere in crisi il sistema di difesa antiaereo israeliano denominato Iron Dome.
L’obiettivo principale dichiarato da Israele è neutralizzare i siti nucleari, ma potrebbe continuare a colpire anche Teheran per indurre la popolazione a sollevarsi contro il regime. Una strategia che contiene parecchie incognite, ma che probabilmente verrà perseguita ugualmente.
Sullo sfondo dell’attacco resta il tema del petrolio. Al contempo ci sono rumors che riprendono l’intenzione degli ayatollah di chiudere lo stretto di Hormuz.
L’IDF dice che ormai la strada verso Teheran è spianata: la capitale è esposta agli attacchi israeliani. È propaganda o è proprio così? È lì che vuole colpire Netanyahu?
Già in un precedente attacco aereo Israele aveva praticamente reso inefficace tutto il sistema della difesa aerea iraniana. Ora, a quanto dicono gli israeliani, l’Iran non ha più una difesa contraerea idonea a fermare i loro aerei, tra cui gli F-35. Gli israeliani potrebbero puntare ora maggiormente su Teheran per dimostrare che il regime non ha la capacità di proteggerla, cercando conseguentemente di attivare una rivolta popolare contro il governo degli ayatollah.
L’Iran dice di avere 2mila missili da lanciare. È così? E quanto possono fare male?
Tutto è possibile. L’attacco preventivo di Israele è teso anche a impedire un ipotetico attacco iraniano una volta raggiunta la capacità nucleare. In generale, forse l’Iran ha prodotto 2mila missili, ma averli e utilizzarli sono due cose diverse. Se li si porta allo scoperto, schierando una batteria lanciarazzi, i satelliti possono vederla (la vedono!) per via satellitare e bombardare la postazione di partenza. Quindi, ammesso che li abbiano, non è detto che riescano a utilizzarli tutti e 2mila e soprattutto che non sia una mossa azzardata. Se lo facessero, poi dovrebbero riuscire a produrne altri e sarebbero senza capacità di risposta. L’Iran deve trovare il modo di farli partire senza esporsi. C’è una serie di attività preparatorie che potrebbero svelare le basi di partenza a Israele. E comunque, una volta lanciato un missile, si rivela la posizione della base di lancio. È come scoprire le carte. Mentre l’Iran non ha più difesa aerea, gli aerei israeliani, anche stealth (invisibili ai radar), arrivano dove vogliono.
Dal punto di vista delle dotazioni si possono paragonare le forze armate dei due Paesi?
Israele ha quanto di più moderno e letale sia possibile avere a disposizione, mentre l’Iran ha solamente i droni e i missili. Non si può neanche immaginare un aereo iraniano che parta da una base per andare verso Israele e bombardare. È impossibile. Non ha proprio la capacità di farlo. L’unico modo di offendere Israele, quindi, è utilizzare i droni e i missili. Data la distanza dei due Paesi, non è ipotizzabile uno scontro tra unità terrestri.
Ma cosa possono fare gli iraniani con i droni?
Sono lenti e individuabili, partono da lontano e hanno buone probabilità di venire intercettati. Significativo che anche l’aviazione giordana abbia collaborato all’intercettazione di quelli che transitavano nel suo spazio aereo. Se gli iraniani vogliono ottenere qualche risultato e sperare che l’Iron Dome, il sistema di difesa israeliano, non li intercetti tutti, dovranno lanciarne tanti contemporaneamente e venire allo scoperto. Comunque, è l’unica cosa che possono fare. Di certo non possono attivare i loro proxy (Hamas, Hezbollah o i ribelli Houthi) che in questo momento non potrebbero fare molto, anche perché non ricevono più i rifornimenti di armi che prima arrivavano loro proprio dall’Iran.
L’Iran minaccia anche di prendere di mira le basi dei Paesi che aiutano a difendere Israele, degli americani ma anche dei francesi e degli inglesi. Una minaccia che possono mettere in atto?
È una minaccia. Il problema è sempre lo stesso: raggiungere l’obiettivo. Non credo sia verosimile che dall’Iran si attacchino obiettivi diversi da quelli sul territorio israeliano. Allargare il conflitto è controproducente: aumenterebbero i sostenitori attivi di Israele creando difficoltà ancora peggiori.
Non sembra comunque che l’Iran abbia grandi possibilità dal punto di vista militare. È così? Verrà colpito senza grosse possibilità di difesa?
Israele sta facendo una selezione degli obiettivi (almeno 150). Non sono state colpite le infrastrutture di distribuzione del petrolio iraniano. Colpire la vendita del petrolio e bloccare lo stretto di Hormuz farebbe indispettire non poco la Cina Popolare, che utilizza il petrolio iraniano e farebbe alzare ancora di più il prezzo del petrolio, cosa che non piace a nessuno. Non li colpiranno, perché non c’è un vantaggio reale. Da parte iraniana si è paventata la possibilità di chiudere lo stretto, ma non credo che possa essere veramente nell’interesse di Teheran. Non è una buona strategia, e non darebbe buoni frutti.
Nella sostanza, dal punto di vista militare, qual è l’obiettivo vero di Israele? Vogliono neutralizzare almeno i siti nucleari e le difese missilistiche? O continuare comunque fino a far cadere il regime?
Le difese missilistiche sono state già ridotte ai minimi termini. Far cadere il regime è un’eventualità imponderabile: si può essere sicuri di distruggere qualcosa, ma non che una popolazione si rivolti contro il suo governo. È probabile che Israele raggiunga l’obiettivo di distruggere o, meglio, di neutralizzare i siti nucleari.
Colpire i siti nucleari, però, comporta dei rischi, gli israeliani ne hanno tenuto conto?
Il problema è colpire i siti nucleari senza rilasciare nell’aria o nella zona materiale radioattivo. Le centrifughe per l’arricchimento dell’uranio sono in siti sotterranei, difficili da raggiungere anche con le bombe di profondità senza dispersione di materiale radioattivo. Ma gli attacchi israeliani possono comunque danneggiare i siti e renderli inutilizzabili.
Israele ha colpito vicino alla residenza di Khamenei: punta così in alto? Vuole neutralizzare tutta la classe dirigente?
Con Hezbollah lo ha fatto con successo e in Iran ha preso di mira i capi delle forze armate e del programma nucleare (gli ingegneri più esperti). A suo tempo, proprio in Iran, gli israeliani avevano neutralizzato Ismail Haniyeh, il capo di Hamas. Questa strategia tesa a eliminare i capi mette in difficoltà gli avversari perché non è detto che i sostituti abbiano le stesse capacità, lo stesso carisma, la stessa istruzione militare del predecessore. Israele tenterà di neutralizzare il sistema nucleare. Le informazioni che abbiamo, come ha riferito il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ci dicono che in poco tempo l’Iran poteva avere dalle 6 alle 10 testate nucleari. Meglio impedirlo.
Quindi, nonostante le trattative, gli iraniani avevano già posto le basi per costruire a breve un’arma nucleare?
Può anche darsi che le trattative le avessero iniziate per guadagnare tempo e arrivare intanto a realizzare una testata nucleare.
C’è qualcuno che può aiutare militarmente l’Iran?
Non credo la Russia, perché in questo momento non si può distrarre in questo teatro. La Cina Popolare preferisce proporsi come mediatore, ma non invierà armi. All’Iran non resta che cercare di colpire Israele con missili e droni e sperare nella stabilità interna e nella diplomazia. L’Italia, nella persona del ministro degli Esteri, pur giustamente condannando la ricerca nucleare iraniana e correttamente comprendendo le ragioni israeliane che hanno portato all’attacco preventivo, chiede di passare ai colloqui diplomatici. Il G7 può chiarire come si potrà agire in tal senso.
(Paolo Rossetti)
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