Poiché Israele ha attaccato l’Iran, la Russia ha il diritto di continuare a farlo con l’Ucraina, mentre la Cina potrebbe giustificare un’invasione di Taiwan. Il vero problema dell’operazione militare scatenata da Israele è che fornisce un nuovo pretesto per un’escalation della violenza a livello mondiale. L’indecisione di Trump, che prima invita Netanyahu a non attaccare i siti nucleari iraniani e poi quasi si compiace di quello che ha fatto, è poi una variante che aggiunge instabilità a una situazione già di suo difficile da capire.
Il blitz israeliano, osserva Marcello Foa, giornalista e docente universitario, già presidente Rai e conduttore di “Giù la maschera” su Rai Radio, rischia di innescare una serie di contrattacchi e risposte che alla fine infiammerebbero il Medio Oriente. Visti gli scarsi risultati ottenuti nel negoziato sul nucleare con l’Iran, gli USA potrebbero aver pensato che a questo punto gli ayatollah una lezione se la meritavano. E dopo aver tenuto a bada per un po’ Netanyahu, hanno lasciato che agisse. Le conseguenze, però, potrebbero essere particolarmente gravi.
Trump ha chiesto a Netanyahu di non attaccare l’Iran, poi, a operazione avvenuta, è sembrato quasi compiaciuto del blitz, presentandolo come monito a Teheran. Qual è la strategia americana in Medio Oriente?
Trump ha dichiarato di aver dato agli iraniani 60 giorni per raggiungere un accordo; dopo questa scadenza, Israele ha attaccato. È come se avesse detto che se la sono cercata. È anche vero, comunque, che l’Iran non ha permesso agli ispettori dell’AIEA di controllare i siti nucleari, tenendo una linea che in qualche modo ha indotto a questa reazione: si sono esposti al rischio che Israele facesse sul serio.
L’obiettivo degli Stati Uniti, comunque, sembrava quello di evitare altri conflitti. Non è proprio quello che sta succedendo. È cambiato qualcosa?
Trump voleva passare alla storia come il presidente che fa la pace e non la guerra. Ora, però, si corre il rischio, peraltro evocato dallo stesso presidente americano, di un conflitto generalizzato in Medio Oriente o comunque più esteso e duraturo. Gli Stati Uniti hanno dapprima cercato di tenere a bada Netanyahu, imponendo 60 giorni per trattare e negando il via libera all’attacco; alla fine, tuttavia, lo stanno appoggiando. Quando un presidente parla di “raid eccellenti” e minaccia gli iraniani dicendo “se non tornano al tavolo delle trattative non rimarrà in piedi più niente”, fa dichiarazioni molto forti.
A cosa mira davvero l’America, allora, e che tipo di atteggiamento vuole mantenere sullo scenario internazionale?
Riguardo al nucleare iraniano, anche se bisognerebbe entrare nei dettagli delle trattative, occorre considerare che Trump ha un’opinione pubblica, repubblicana ma anche democratica, molto filo-israeliana. L’attacco di Israele, comunque, sta spaccando il mondo in due: diversi Paesi europei, che cominciavano a distanziarsi da Israele in relazione alla guerra a Gaza, sono silenti e tra loro non c’è nessuna voce che si alza per dire che Netanyahu ha sbagliato. Alcuni hanno dichiarato di appoggiare Israele. Molti altri Paesi, però, hanno condannato il raid. Insomma, da una parte ci sono gli Stati Uniti, e questa volta anche l’Europa, dall’altra gran parte del resto del mondo. Una situazione che non lascia tranquilli e che rischia di avere ripercussioni anche sul fronte ucraino.
Russia e Cina possono lasciar fare a Trump e Netanyahu quello che vogliono? Non dico che pensino di intervenire militarmente, ma che reazione potrebbero avere al di là dei comunicati ufficiali?
Putin dirà: “Israele ha fatto quello che voleva col consenso dell’Occidente, perché io dovrei fermarmi in Ucraina, considerato che la mia sicurezza nazionale è messa a repentaglio?”. Alla fine, se ognuno pensa al proprio interesse nazionale, per il Cremlino il controllo dell’Ucraina resta fondamentale.
Non è quello che il presidente russo ha sempre detto, anche prima dell’attacco all’Iran?
Ora ha un argomento in più per rimanere su questa posizione. Ma non c’è solo questo aspetto. In radio abbiamo raccolto decine di reazioni molto preoccupate dopo l’attacco all’Iran. E in frangenti come questi l’attenzione viene distolta da altri scenari. Molte delle difese, anche americane e israeliane, che parevano sul punto di essere dirottate sull’Ucraina, ora saranno destinate ad altro. Kiev non potrà contare sugli antimissili israeliani, se li terranno stretti in casa: insomma, nella crisi iraniana a perderci potrebbe essere anche Zelensky.
Xi Jinping, invece, come potrebbe prenderla?
La Cina potrebbe approfittare della situazione dicendo: “La Russia attacca l’Ucraina, Israele attacca l’Iran, perché noi non dovremmo attaccare Taiwan?”. Il problema dell’operazione israeliana è che si crea un precedente che può indurre altri a fare altrettanto. Ecco perché questo scenario è preoccupante. Ho l’impressione che gli Stati Uniti, il cui prestigio e la cui saggezza strategica erano già ampiamente compromessi negli anni scorsi, con le sbandate di Trump e le sue intemperanze verbali, stiano perdendo la possibilità di proporsi come mediatore credibile. Dire “gli iraniani tornino al tavolo delle trattative oppure li radiamo al suolo”, francamente, è un modo di fare che lascia perplessi.
Dal punto di vista militare, però, l’Iran rimarrà solo. Anche i Paesi che hanno deplorato l’iniziativa israeliana non si schiereranno certo dalla sua parte. Qual è il pericolo, allora, per la regione?
Ci saranno molti Paesi che faranno pressioni diplomatiche, ma nessuno, ovviamente, pensa di entrare in guerra con Israele per salvare l’Iran. La vera questione è un’altra: questa operazione è sufficiente per limitare gli apparati militari che gli iraniani hanno iniziato a impiegare per contrattaccare Israele? Questa è la grande domanda. Teheran tradizionalmente non reagisce a botta calda, questa volta invece ha colpito subito. I raid israeliani, previsti per due settimane, serviranno a mettere fuori uso tutti gli strumenti di ritorsione iraniana? Se la risposta è “no”, rischiamo la spirale. Ecco perché la preoccupazione di un Medio Oriente di nuovo in fiamme è corretta: ora seguirà una contro-replica di Israele, poi un’altra risposta iraniana e così via. È un momento veramente molto delicato.
(Paolo Rossetti)
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