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Home » Esteri » Europa » Italia e Germania vogliono riportare l’oro in patria/ Pressioni sul rimpatrio delle riserve dai caveau USA

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Italia e Germania vogliono riportare l’oro in patria/ Pressioni sul rimpatrio delle riserve dai caveau USA

Italia e Germania valutano il rimpatrio delle riserve d'oro in USA e UK (5.800 tonnellate, 245 mld di dollari) sostenendo sovranità e sicurezza

Claudia Maria Iannello
Pubblicato 23 Giugno 2025
Lingotto d'oro (Foto: Pixabay)

Lingotto d'oro (Foto: Pixabay)

Italia e Germania, due delle economie più solide dell’Unione Europea, stanno affrontando un tema sempre più delicato e condiviso sul tema delle riserve auree custodite all’estero, con richieste che si stanno rafforzando sia a livello politico che nella discussione pubblica: parliamo di oltre 5.800 tonnellate di oro, per un valore stimato intorno ai 245 miliardi di dollari, conservate principalmente presso la Federal Reserve americana e in misura minore nella Banca d’Inghilterra.


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Si tratta di una scelta storicamente legata a logiche di sicurezza internazionale in un mondo bipolare segnato in passato dalla Guerra Fredda e dal timore dell’Unione Sovietica, ma oggi il quadro è mutato, e crescono le voci che chiedono di riportare quelle risorse strategiche nei confini nazionali, dove possano essere sorvegliate e protette direttamente dagli Stati a cui appartengono.


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In Germania, dove la Bundesbank possiede la seconda riserva ufficiale di oro al mondo, con 3.352 tonnellate, oltre un terzo – circa 1.200 tonnellate – si trova ancora nei caveau della Fed di New York, mentre un altro 13% è a Londra e la pressione per il rimpatrio proviene soprattutto da movimenti politici come AfD e da organizzazioni civiche, che esprimono perplessità sulla tenuta dell’Alleanza Atlantica e sull’affidabilità futura delle istituzioni statunitensi.

In Italia, il discorso è simile: la Lega, in particolare, ha più volte rilanciato il tema, presentando l’oro come uno strumento di difesa economica in tempi contraddistinti dall’inflazione e dall’incertezza, anche se da parte della Banca d’Italia la posizione resta prudente, con l’invito a considerare attentamente i costi logistici, gli aspetti diplomatici e le implicazioni per la fiducia dei mercati, in quanto, rimpatriare il metallo senza una strategia condivisa potrebbe infatti generare instabilità o malintesi su scala internazionale.


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Oro depositato all’estero: quanto ne custodiscono Italia e Germania e perché oggi il tema torna centrale

La questione in Italia e Germania non nasce oggi ma torna al centro del dibattito politico con una nuova forza, acuita da tensioni geopolitiche, scenari incerti e da una maggiore diffidenza verso la stabilità delle grandi potenze finanziarie che fino a ieri sembravano intoccabili: le riserve auree tedesche, inizialmente costituite e depositate negli USA per sfuggire ai rischi della Guerra Fredda, hanno simboleggiato per anni l’adesione convinta di Berlino all’ordine occidentale.

Ma l’attuale clima internazionale – caratterizzato dalle uscite aggressive di Donald Trump e da un progressivo raffreddamento dei rapporti transatlantici – sta spingendo anche i settori moderati della politica tedesca a chiedere un controllo più diretto e fisico delle proprie risorse; Markus Ferber della CDU ha chiesto pubblicamente che la Bundesbank effettui verifiche regolari, contando i lingotti e documentando la presenza del patrimonio nazionale nei depositi esteri, un atteggiamento che si sta diffondendo anche tra i contribuenti, con la Federazione tedesca che ha indirizzato una lettera alla banca centrale chiedendo il rimpatrio immediato delle scorte.

In Italia, con le sue 2.452 tonnellate, il tema si intreccia con un’altra dimensione: quella culturale, legata all’identità economica di un Paese che ha sempre fatto dell’oro una garanzia ultima di solidità e, a tal proposito, la questione è stata spesso accompagnata dall’argomento della tutela del risparmio e della sovranità economica, anche se da parte della Banca d’Italia continua a prevalere una linea di cautela, non solo per motivi economici ma anche per evitare un effetto domino a livello europeo, dove ogni mossa sul fronte aureo viene potrebbe essere letta come uno scossone politico.

Italia, Germania e la sfida del rimpatrio dell’oro: tra logistica complessa, segnali ai mercati e riflessioni strategiche

Il rimpatrio dell’oro in Italia e Germania è un’operazione lunga e delicata, come dimostrato dall’esperienza dello stesso Stato tedesco che tra il 2013 e il 2020 ha riportato nel proprio territorio circa 674 tonnellate d’oro da New York e Parigi, in un processo che ha richiesto sette anni di operazioni coordinate tra banche centrali, governi e sistemi di trasporto ad alta sicurezza. Anche in questo caso, i costi non sono solo logistici ma anche diplomatici perché rientrare in possesso fisico dell’oro significa anche inviare un messaggio preciso, che può essere interpretato come sfiducia verso chi fino a ieri era considerato un partner stabile.

I movimenti di oro tra le banche centrali, infatti, non sono mai neutri, e anche quando tecnicamente giustificabili richiedono tempismo, discrezione, pianificazione ed è proprio questo che oggi rende il rimpatrio un’operazione più complessa di quanto sembri, nonostante il dibattito pubblico tenda a semplificarne gli aspetti.

È proprio su questo equilibrio che le autorità monetarie italiane e tedesche stanno riflettendo, ovvero se, a lungo termine, risulti è più utile avere il controllo diretto delle riserve o mantenere inalterata la fiducia nelle alleanze economiche transatlantiche.


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