Quando siamo nel bel mezzo del dibattito mondiale sulla politica protezionistica di Donald Trump con annessi dazi sparsi tra i vari Paesi del mondo, chi l’avrebbe mai detto che un abito di Karoline Leavitt – portavoce della Casa Bianca – avrebbe alimentato un ulteriore ‘caso’ internazionale. Come racconta Vanity Fair, per l’ennesima volta tutto nasce dal web; ‘colpa’ di un video di inizio anno con protagonista proprio Leavitt durante una conferenza. Per l’occasione, la portavoce di Donald Trump indossava un abito color scarlatto con evidenti e marcate rifiniture in nero. All’apparenza, nulla di particolarmente scandaloso; eppure, l’outfit di Karoline Leavitt è attualmente motivo di dibattito in rete per un particolare che sembra mettere in evidenza una discreta incoerenza tra ‘fare politico’ e scelte private.
Perchè l’abito di Karoline Leavitt sta diventando un ‘caso’ internazionale sul web? Non tanto per i colori, per la fantasia e i motivi che lo caratterizzano, bensì per l’origine e la manifattura. Sì, perchè la politica protezionistica di Donald Trump colpisce in maniera poderosa, tramite dazi e oneri, proprio la Cina; Paese di produzione dell’abito indossato dalla portavoce della Casa Bianca.
Zhang Zhinsheng sull’abito di Karoline Leavitt: “Accusare la Cina è business, comprare…”
L’abito di Karoline Leavitt che quindi sarebbe stato realizzato in Cina ha aizzato orde di utenti sul web con commenti particolarmente diretti che accusano la portavoce di Donald Trump di peccare di ipocrisia. “Accusare la Cina è business, comprare la Cina è vita”. Scrive così sui social Zhang Zhisheng – console generale della Repubblica Popolare Cinese – come racconta Vanity Fair – a proposito di quanto sta accadendo. Dal fronte statunitense sono arrivate smentite e giustificazioni ma, a quanto pare, l’abito in questione sarebbe stato riconosciuto proprio da un dipendente dell’azienda che si sarebbe occupata della produzione.
Il tutto è stato appunto rincarato dall’intervento sulla questione di Zhang Zhisheng che, oltre ad aver sollevato il caso con un post su X, ha anche stroncato le smentite presentando prove schiaccianti – fra tutte, l’etichetta del vestito in questione – che avvalorano la tesi di un abito di produzione cinese. Sarebbe infatti riconducibile alla ‘Self-Portrait’, brand registrato in UK ma realizzato appunto da un designer cinese con produzione in Cina. Intanto, i commenti sui social non placano le critiche all’indirizzo di Karoline Levitt: “Quanta ipocrisia!”.