LETTURE/ Pratolini e quel racconto neorealista di una convivenza possibile

- Laura Cioni

Nei romanzi neorealisti di Vasco Pratolini la città non è contrapposta alla campagna, ma luogo corale di sentimenti di solidarietà. Laura Cioni offre una lettura di Cronaca familiare

vasco_pratoliniR400 Primo piano di Vasco Pratolini

Il 12 gennaio 1981 moriva a Roma Vasco Pratolini, uno degli scrittori più letti del Neorealismo italiano. Nasce a Firenze nel 1913, da famiglia povera e sfortunata: la madre, mentre il marito è al fronte, muore poco dopo aver dato alla luce il fratello minore, che viene affidato al maggiordomo di una ricca famiglia inglese, mentre il futuro scrittore vivrà con i nonni. Autodidatta, svolge diversi mestieri prima di approdare alla scrittura: fa il tipografo, il venditore ambulante, il barista e intanto legge Dante e Manzoni, London e Dickens, Pratesi e Tozzi.

Elio Vittorini lo introduce nel mondo letterario; tra il 1935 e il 1938 Pratolini collabora alle riviste Il Bargello, Letteratura, Campo di Marte. Partecipa attivamente alla Resistenza; nel dopoguerra si trasferisce a Napoli, dove vive sino al 1951; insegna e scrive alcuni dei romanzi più riusciti, come Cronache di poveri amanti, Un eroe del nostro tempo, Le ragazze di San Frediano. Negli stessi anni lavora come giornalista e collabora alla sceneggiatura di alcuni famosi film: Paisà di Rossellini, Rocco e i suoi fratelli di  Visconti, Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy.

La sua produzione giovanile risente dell’ambiente fiorentino in cui Pratolini è cresciuto e rivela ciò che lo contraddistingue da altri scrittori neorealisti, il forte impatto narrativo e una riscoperta della realtà cittadina non vista come contrapposizione alla campagna, ma come luogo corale di sentimenti di amicizia e di solidarietà. Forse qui sta il Pratolini più vero, come in Cronaca familiare, pubblicato nel 1947, commosso ricordo del fratello, del rapporto violento e tenero che li lega  dopo che i due, uomini fatti, si ritrovano per caso in una osteria. L’educazione ricevuta non consente a Ferruccio di trovarsi a suo agio in una condizione povera e dura, mentre Vasco lotta per farsi conoscere nel campo del giornalismo e della letteratura. Sono soli entrambi, ma a poco a poco l’estraneità iniziale si scioglie in un affetto acerbo, che trova nella cura della nonna, ricoverata all’Ospizio di mendicità, l’occasione di incontri e di impacciati dialoghi.

Fra noi tre la nonna era la più giovane. Tu eri colorito alle guance, spigliato e contento come non ti avevo mai visto. Pranzammo, “da signori” disse la nonna, che si era tenuta leggera resistendo a tutte le nostre insistenza perché prendesse un altro pezzo di pollo o ancora un frutto. Rifiutò anche un’altra goccia di vino.
“In queste occasioni, suor Clementina ci intrattiene apposta una per una con la scusa di sapere come abbiamo passato la festa, ma in realtà è per sentirci il fiato. Se si accorge che abbiamo bevuto, sono dolori!”
Tu dicesti, sbadatamente, eri un po’ eccitato: “Sarebbe capace di toglierle il vaso per la notte, eh?” Avvampasti e mi lanciasti uno sguardo intimorito. “Mi scusi, nonna” aggiungesti.
Ogni tanto ella chiedeva l’ora, e tu le rispondevi: “Sono le due, le due e mezzo, le due e tre quarti”.
“Stai attento, quando sono le quattro bisogna cominciare a muoversi. Il tram ci impiegherà il suo tempo, poi devo passare a cambiarmi dalla Semira e per le sei essere dentro. Ci sono soltanto dieci minuti di comporto. Se una arriva in ritardo rimane consegnata per due settimane la prima volta e sempre due settimane in più ogni volta che è recidiva. Dopo cinque o sei volte c’è l’espulsione. Siamo come soldati”.
“In compenso non farete mai la guerra” dissi sbadatamente io, adesso.
“Credi non sia come combattere una guerra, stare là dentro?” ella disse, e sospirò.

Ferruccio si ammala. Gli ultimi capitoli di questa memoria sono ambientati in una corsia d’ospedale. Ferruccio si aggrappa al fratello maggiore e gli chiede di procurare cose introvabili come la marmellata d’arance, di raccontare episodi della sua infanzia con la mamma, di dire se creda in Dio oppure no. Dialoghi e azioni raccontati con brevità, senza commenti verranno poi conosciuti e amati grazie al film omonimo, interpretato da Mastroianni.





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