ANNOZERO/ Masi offre l’assist a Santoro e Travaglio per il loro “giudizio universale”

- Maestro Yoda

La puntata di ieri di Annozero, cominciata con la telefonata del Direttore generale della Rai Masi, è stata molto particolare. Ce ne parla YODA

Annozero_Masi_TelefonataR400 Foto Ansa

“Mora mi disse che per entrare nel mondo dello spettacolo bisogna voler vendere il proprio corpo”. Santoro inizia leggendo la testimonianza di una ballerina di danza del ventre, che descrive il bunga-bunga e afferma che se avesse saputo cos’era non sarebbe mai andata ad Arcore. Poi legge due passi delle memorie difensive redatte dall’avvocato Ghedini, nelle quali Ruby e Mora paiono contraddirsi: siamo di nuovo dentro il polverone che ogni giorno si fa più fitto, mentre infuria la battaglia politica, oramai senza esclusione di colpi.

A sorpresa telefona il Direttore Generale della Rai, dicendo a Santoro che la trasmissione che si appresta a fare vìola le regole di autoregolamentazione dell’Azienda Pubblica. Evidentemente deve aver appena passato un brutto quarto d’ora al telefono… Santoro ingaggia con lui una battaglia verbale chiedendogli di ripetere se davvero lui sta violando qualche regola, il dg comincia a “rinculare”, afferma che “potrebbe violarle”, si impappina, si attorciglia, rendendosi conto del vicolo cieco giuridico in cui si sta cacciando. Un bell’assist a Santoro, addirittura in diretta, che così può cominciare a far srotolare i nastri con varie intercettazioni. Masi sembra oramai specializzato nel fare alzare l’audience ad Annozero.

Si apprende subito dopo che Cicchitto, invitato – e che aveva accettato di partecipare – per decisione del Pdl non parteciperà. Il che, insieme alla telefonata di Masi, testimonia che intorno ad Annozero ci deve essere un’enorme pressione. Non siamo mai stati teneri con Santoro, ma quello che accade sta facendo venire seri dubbi che il nervosismo del potere stia occupando tutta la scena travalicando i limiti.

La Bindi con toni preoccupati prevede che quanto avviene è tutto frutto di una strategia tesa a dilatare l’incontro con i giudici, sospettando che presto verrà posto un conflitto di attribuzione riguardo al tribunale, che comporterà invece mesi di attesa che ci lasceranno nell’incertezza più totale.

Belpietro dice che per togliere tutti dall’incertezza basterebbe che tutto il Parlamento si dimettesse, così si potrebbe andare a votare. Chiede poi perché sarebbe scorretto opporre il conflitto di attribuzione visto che è ammesso. Bindi prova a dimostrare che la tesi che il Premier abbia telefonato in quanto Presidente del Consiglio perché preoccupato delle sorti di una nipote di Mubarak è totalmente risibile, e ricorda che andando avanti così ci vorrà almeno un anno durante il quale può accadere di tutto… e potremo dimenticarci di tutto.

Richiesto di un parere, Mieli ribadisce che in Italia chi ha denaro e molti bravi avvocati alla fin fine riesce sempre a scapolarsela. E presume che il processo coinvolgerà certamente Mora, Fede, la Minetti, le ragazze, ma non il Presidente, che sa sfruttare ogni cavillo per ritardare. Con una certa rassegnazione, fa capire che sembra impossibile farci credere che quelle fossero serate così innocenti, ma che alla fine potrebbe essere pure possibile che ancora molti se la bevano.

 

Altrettanto lucido, Mentana chiarisce che l’opposizione si illude nel chiedere un passo indietro a Berlusconi, perché semplicemente non può farlo: essendo sull’orlo di un burrone può solo resistere e contrattaccare.

 

Non poteva mancare l’opposizione interna del Pdl: la giovane Sara Giudice che a tutt’oggi ha raccolto settemila firme per chiedere le dimissioni della Minetti e maggiore chiarezza sulle candidature in base a meriti di maggior spessore. Mieli, senza mezzi termini, dice alla Bindi che l’ipotesi di raccogliere 10 milioni di firme per far dimettere Berlusconi è una mera sciocchezza: se ne fossero davvero capaci… le portassero invece alle urne.

 

Così, sull’onda di una amara ironia e all’ombra di una forma di altrettanto amara rassegnazione, si va all’intervallo pubblicitario. Ma non dopo aver annunciato – giusto per non perdere audience – che alla ripresa Ruotolo avrebbe introdotto nuovamente Nadia Macrì. La quale poi conferma che i magistrati non l’hanno ritenuta affatto inattendibile, e che lei ha solo confuso Ruby con un’altra marocchina e ha fatto qualche confusione con le date, ma che ad Arcore e in Sardegna c’è stata, ha visto quel che ha visto e quindi ha detto quel che ha detto. Ruotolo intervista sia il marito della Macrì che la madre: da quello che dicono sembra proprio che la Macrì sia in effetti più attendibile di quanto si pensasse dopo l’infortunio di aver confuso Ruby con un’altra.

 

Quando è il suo momento, Travaglio sfotte le indagini difensive di Ghedini, recitando di fila tutti gli zuccherosi aggettivi usati per definire le serate. Elenca tutte le contraddizioni che compaiono – si badi bene – non in interrogatori con i magistrati, ma nelle memorie degli avvocati. Ha gioco facile nell’anticipare i giudici: mette a confronto le ultime intercettazioni e gli appunti trovati con le tesi difensive, così gli spettatori possono giudicare da soli. Santoro aggiunge benzina sul fuoco facendo intervistare il fidanzato di Noemi Letizia, che afferma di esserlo diventato per finta su pressione di terzi.

Mieli si domanda perché mai si architettino tutte queste costruzioni: solo per nascondere che Berlusconi cantava canzoni di Charles Trenet a ragazze che bevevano coca-cola light, come sostiene Rossella? Belpietro ribadisce che alla fine si tratta comunque solo di questioni private, mentre secondo Mentana in realtà il Cav. si è a suo dire avvitato via via in una spirale discendente da alcuni anni a questa parte partendo dal litigio con la moglie, passando per Noemi Letizia, la Daddario e poi Ruby e poi decine di ragazze allegre e di facili costumi.

 

Si introduce sul finire l’argomento Fini/Tulliani con intervista a Bocchino, che sostiene che i dossier in arrivo da Santa Lucia sono un killeraggio ordinato da Berlusconi. Ci sarebbe di che aprirci una puntata, invece siamo alla conclusione, con qualche vignetta di Vauro che strappa insolitamente dei sorrisi.

 

Mettendo insieme i sospiri della Bindi, quelli di Mieli, persino quelli di Bocchino, si desume una stanchezza generale, e quindi un desiderio – visto che grazie a molti artifici legali il momento della verità giudiziaria appare molto lontano – di andare quanto prima a un lavacro elettorale.

 

Sembra di essere tornati alle vecchie pratiche medievali del giudizio di Dio, che poi di Dio non era affatto. Strana, insolita puntata di Annozero, dove si è gridato poco e riflettuto molto, e ci si è resi conto che oramai tutti i termini e gli ambiti sono stati abbondantemente confusi, così che gli unici sentimenti che si provano sono lo sconcerto, il turbamento e lo squallore.





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