L’ex presidente del consiglio, Lamberto Dini, è stato sfrattato dall’attico del palazzo di piazza Fontanella Borghese, nel centro di Roma, di proprietà della Banca d’Italia. Come riferisce IlTempo non si tratta di una persecuzione ma di un atto dovuto, in quanto il contratto è scaduto nel 2018 e dopo “un’interlocuzione durata qualche anno”, scrive il quotidiano romano, a marzo 2020 è partita la lettera che preannunciava l’inizio della causa per il rilascio dei locali.
Lamberto Dini è rimasto nel l’attico, “motivando il rifiuto – si legge su IlTempo.it – con la successione di contratti a partire dal 1980” e il caso è di conseguenza giunto in tribunale, con una prima udienza tenutasi a fine dicembre al termine del quale la decisione è stata rinviata. Non si tratta comunque di uno sgarbo da parte di Banca d’Italia nei confronti del quasi 90enne Dini, ma semplicemente si ha la necessità di liberare il palazzo al cantiere di riqualificazione per un nuovo utilizzo.
LAMBERTO DINI SFRATTATO: SI RIUSCIRA’ A TROVARE UN COMPROMESSO?
Obiettivo della società Sidief, che possiede al 100% Palazzo Koch e che gestisce il patrimonio di Bankitalia, è quello di dare vita ad un progetto di risanamento conservativo ma con un obiettivo innovativo, ovvero, “riportare la vita di comunità” in un’area al momento snobbata da cittadini e commercianti. I lavori sono tra l’altro già cominciati, ma il cuore scatterà ad inizio del 2022, fra circa un anno, con la conclusione fissata nel 2024. «Si tratta di un nuovo modello che persegue la riscoperta della funzione sociale dell’affitto – le parole del presidente di Sidief, Mario Breglia – c’è un pubblico importante che cerca case di prestigio in locazione in zone centrali. Sidief sta ristrutturando il palazzo della famiglia Borghese per mettere sul mercato questo tipo di alloggio. Nessuna vendita, ma riqualificazione e offerta a canoni di mercato garantiti da contratti certi e ben definiti». A questo punto bisognerà capire se Dini mollerà il suo super attico o meno, magari accogliendo la proposta della stessa Sidief, che ha già offerto soluzioni alternative e di prestigio, per ora rifiutate.