Spesso e volentieri si parla in medicina della Lattoferrina, una sostanza ricca di latte materno, protettiva per il bambino e che secondo alcuni studi potrebbe essere anche utile negli adulti. A riguardo ha cercato di fare chiarezza attraverso le pagine del Corriere della Sera, Andrea Ghiselli, direttore Master I livello in Scienza dell’alimentazione e dietetica applicata, Unitelma Sapienza, Roma, che ha spiegato prima di tutto con precisione cosa sia la lattoferrina: “E’ una glicoproteina prodotta naturalmente dalla ghiandola mammaria e presente, pertanto, in grande quantità nel latte. Ha potenti attività antibatteriche e antivirali ed è uno dei componenti attraverso i quali i mammiferi proteggono i loro cuccioli, che alla nascita sono del tutto sprovvisti di difese, non avendo ancora avuto occasione di sviluppare una propria immunità (che sarà poi stimolata dai diversi patogeni che incontreranno durante la crescita)”.
Con la crescita del bimbo la lattoferrina perde importanza in quanto lo stesso piccolo inizia a rispondere ai patogeni in maniera autonoma, attraverso il proprio sistema immunitario, ed inoltre, inizia a consumare altri alimenti oltre al latte. Ma nell’adulto, che funzioni ha la lattoferrina? “E’ abbastanza controversa – precisa Andrea Ghiselli – anche come supplemento”.
LA LATTOFERRINA E LA PRIMA PANDEMIA DI COVID
La lattoferrina è stata molto chiacchierata tre anni fa circa, durante la prima ondata di covid 19, e periodo in cui si cercavano dei rimedi per contrastare l’avanzata della pandemia. “La sostanza, infatti, è stata proposta come una delle tante armi antivirali a disposizione per il miglioramento della prognosi dei malati di Covid”. Alla base di tale attività presunta di protezione vi sarebbero due meccanismi, a cominciare dal fatto che la lattoferina “«sequestra» il ferro togliendolo dalla disponibilità del virus, a cui risulta così più difficile legarsi alle membrane cellulari per entrare nella cellula e usare i suoi sistemi per riprodursi”.
La seconda azione è invece il “legame diretto con le pareti cellulari dei batteri e con le capsule dei virus, rendendoli quindi più deboli; nel caso di Covid, la lattoferrina si lega anche al recettore che il virus utilizza per penetrare nella cellula e iniziare a riprodursi”. Peccato però che, nonostante le premesse teoriche, nella pratica “Forti evidenze di un qualche effetto protettivo non ci sono state, ci sono piuttosto indicazioni che richiederebbero studi di approfondimento. Infine – conclude Ghiselli – per chiarire i possibili dubbi, la lattoferrina non è ferro in sé e per sé, ma (come tutte le proteine cui appartiene) è in grado di legarlo e trasportarlo”.