Sono stati fatti importanti passi avanti con l'approvazione della nuova normativa per i lavoratori in cura per malattie oncologiche, croniche o rare
La diagnosi di cancro quando si è lavoratori è un evento che colpisce sempre più persone e recentemente in Senato è stata approvata una norma, in vigore dal 2026, che dà più diritti alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti e autonomi con un’invalidità del 74% in cura per malattie oncologiche, croniche o rare.
Un passo avanti sicuramente per i 4 milioni di pazienti, una legge per cui potranno usufruire di maggiori tutele. Si potrà chiedere un periodo di congedo fino a 24 mesi con il mantenimento del posto di lavoro, ma senza retribuzione.
Ed è un passo avanti rispetto alla norma precedente che garantiva il cosiddetto periodo di comporto ma fino a sei mesi, dopo i quali si poteva essere licenziati. Diciotto mesi in più senza stipendio e contribuzione (ai fini dell’anzianità e della pensione), con 10 ore di permesso retribuito per esami e accertamenti e con permessi speciali di ulteriori ore previste dai contratti collettivi, sono cosa buona e giusta.
È prevista, anche se con modalità diverse per i liberi professionisti, la possibilità di sospendere l’attività continuativa fino a 300 giorni all’anno (ora 150 giorni).
Si poteva fare meglio? Certo, ma ora andiamo avanti e ricominciamo a chiedere di poter svolgere un lavoro diverso da quello che si sta svolgendo – un ragionevole accomodamento – se le mansioni previste possono essere tali da consentire di poter lavorare, poiché mantenere nutrito il cervello in un progetto di vita e sentirsi utili è fondamentale per affrontare la malattia devastante.
Ricordiamo che nel diritto del lavoro l’accomodamento ragionevole – per garantire l’inclusione sociale – è norma già operante e comporta adattamenti necessari in ambito lavorativo per persone con disabilità in modo da svolgere un lavoro, l’accesso a servizi e la rimozione delle barriere per permettergli di farlo.
Nella nuova legge si poteva non richiedere l’invalidità dal 74% perché sia il medico di base, sia lo specialista sono in grado di diagnosticare il grado di gravità di alcune malattie che impediscono (come le malattie rare o i carcinoidi non ancora tabellati e identificati come invalidanti) di svolgere un’attività continuativa, spesso aggravate da stress lavoro correlato.
Vero è che si può chiedere, una volta terminate le cure, di lavorare da remoto o svolgere un’attività meno gravosa, ma rimane il fatto che il percorso è faticosissimo per chiunque. E dipende dalla forza che si riesce a recuperare e in molti, non avendo maggiori speranze, scelgono il pensionamento anticipato con il riconoscimento di due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio prestato con l’invalidità.
Abbiamo fatto grandi conquiste con il decreto legge del 18 dicembre 2023 sull’oblio oncologico. Vero è comunque che il rapporto con la ricerca sostenuta dall’industria non sempre è sinonimo di rapporto virtuoso tra pubblico e privato e negli ultimi anni si è ridimensionata la ricerca prevalentemente sostenuta da fondi pubblici (ormai in tutto il mondo!) con il sorpasso di quella finanziata dall’industria a chiara destinazione commerciale.
Sono assolutamente in sintonia con un appello di alcuni oncologi che denunciano la ricerca di nuove terapie rispetto a quelle che migliorano la chirurgia, la radioterapia le cure palliative e anche e soprattutto della prevenzione che rimane il salvavita per eccellenza. Dunque ripristiniamo, laddove sono stati indeboliti, i check-up preventivi, fiore all’occhiello concreto di risultati straordinari che, individuato il principio del cancro, lo hanno debellato, estirpato e salvato la vita a moltissimi italiani e italiane.
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