Il Security action for Europe denominato in breve Safe è il nuovo strumento finanziario dell’Unione europea che fornirà agli Stati membri fino a 150 miliardi di euro di prestiti garantiti dal bilancio comunitario. Ciò, secondo la Commissione, dovrebbe aiutare i singoli Stati europei a potenziare le loro capacità di difesa attraverso appalti comuni.
L’acquisto congiunto garantirà l’interoperabilità per le forze armate degli Stati membri e la prevedibilità per l’industria della difesa europea, ridurrà i costi e creerà la scala necessaria per rafforzare la base industriale della difesa europea. È un passaggio che si ritiene, da più parti, fondamentale sia per la competitività che per la prontezza dell’industria della difesa europea nei difficili tempi di guerra sebbene “a pezzi” che il mondo sta vivendo.
Il Sure, altresì, rappresenta il sostegno temporaneo europeo per attenuare i rischi di disoccupazione che, in un’emergenza come quella legata al Coronavirus, ha già mobilitato ingenti risorse finanziarie per combattere le conseguenze economiche e sociali negative dell’epidemia nei diversi territori.
Oggi, per una crisi economica e sociale che ha ragioni profondamente diverse, questo strumento potrebbe fornire assistenza finanziaria con alcune decine di miliardi di euro sotto forma di prestiti concessi a condizioni favorevoli dall’Unione agli Stati membri interessati per far fronte agli improvvisi aumenti della spesa sociale per la salvaguardia dell’occupazione.
Nello specifico lo strumento Sure ha agito come “seconda linea” di difesa, sostenendo programmi di lavoro a orario ridotto e misure simili come la nostra Cassa integrazione, per aiutare gli Stati membri a proteggere i posti di lavoro e quindi i dipendenti e i lavoratori autonomi dal rischio di disoccupazione e perdita di reddito.
In questo quadro la Commissaria competente in materia di lavoro ha presentato, nei giorni scorsi, una proposta alla Commissione europea per modificare le regole del fondo European Globalization adjustment Fund (Egf). Questo, si ritiene, sia, infatti, un fondo che vada modernizzato, per far sì che la Commissione possa sostenere con più efficacia le aziende europee. Ci si propone, quindi, di investire nell’aumento e nel rinnovo delle competenze dei lavoratori che rischiano di perdere il lavoro e farlo il primo possibile.
Si sta poi discutendo della possibilità di usare il Fondo sociale europeo plus (Fse+), che “supporta il lavoro e combatte la disoccupazione” per le stesse finalità.
Si va delineando un’Europa che vuole proteggere sempre più i propri cittadini. Se è, ovviamente, necessario che lo faccia dalle “bombe nemiche” è altrettanto importante che lo faccia socialmente. L’Europa del terzo millennio che in questi mesi si va delineando, infatti, dovrà essere anche, se non soprattutto, sociale o non sarà.
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