PENSIONI/ Cazzola: il “pro rata contributivo”? Vi spiego cos’è e perché va adottato

- int. Giuliano Cazzola

Quali sono le priorità del neo ministro del Lavoro e in cosa consiste il pro rata contributivo, uno dei suoi cavalli di battaglia? Ce lo spiega GIULIANO CAZZOLA

Inps_R400 Foto: Ansa

Il superministro del Lavoro (ha anche la delega alle Pari opportunità) Elsa Fornero sembra possa vantare un curriculum adatto all’arduo compito che le spetta. Tra le varie cariche ricoperte, è vicepresidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa San Paolo e docente di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’università di Torino. Una persona che, Giuliano Cazzola, presidente del comitato per la difesa e l’attuazione della legge Biagi contattato da ilSussidiario.net, non esita a definire, «specie sul piano del sistema pensionistico, molto competente. E con idee molto precise sul da farsi». Basterà per mettere mano ad una delle materie più spinose con le quali ci si possa confrontare in Italia? Intanto, c’è capire che intenzioni ha. «Il ministro – spiega Cazzola – sostiene da tempo la necessità dell’applicazione per tutti del sistema contributivo attraverso il criterio del “pro rata”. Grazie a esso, si andrebbe incontro a una situazione ove ci sarebbero esclusivamente lavoratori a cui verrebbe applicato un sistema misto o completamente contributivo». A questo punto, va anzitutto chiarito in cosa consiste il “pro rata contributivo”.

«Significa che, fino al 31 dicembre 2011, l’anzianità maturata con il sistema retributivo, ovvero sulla base della media della retribuzione degli ultimi dieci anni al momento dell’andata in pensione, rimane tale. Tale sistema si applica, a oggi, a tutti quei lavoratori che, al 31 dicembre 1995, avevano maturato 18 anni di contributi. Per costoro, gli anni successivi al 2012, saranno, invece, calcolati con il metodo contributivo. Per tutti gli altri, infine, il sistema contributivo è già in vigore». Per alcuni, quindi, una parte della propria vita lavorativa sarà calcolata con un sistema, la parte successiva con l’altro. Da qui, il sistema misto. «La pensione sarà data dalla somma dei due periodi calcolati con metodi diversi».

Perché una tale modifica? «Semplice – dice Cazzola -. Si tratta di una questione di equità». Per maggiore chiarezza, occorre comprendere le sostanziali differenze tra sistema retributivo e contributivo. «Nel primo si cerca di garantire al lavoratore il reddito che ha ottenuto nell’ultima parte della sua vita. Un meccanismo accusato di gran parte delle diseguaglianze sociali di oggi. Per capirci: pensiamo, ad esempio, al caso limite di un lavoratore che va in pensione da giudice della Corte Costituzionale, avendo iniziato da fattorino». Nel secondo, al contrario, «applicato a chi ha iniziato a lavorare dopo il ’96, c’è una sostanziale equipollenza tra contributi versati e pensioni erogate».

La Fornero ha un altro cavallo di battaglia, «che peraltro – per inciso – condivido, avendo presentato un disegno di legge analogo nel 2008; si tratta del pensionamento flessibile. Consentirebbe di uscire dal lavoro dai 63 anni ai 70, in modo da unificare il criterio di vecchiaia a quello anzianità. Grazie ai coefficienti di trasformazione si introdurrebbe un meccanismo di disincentivi e incentivi, a seconda che si vada in pensione, rispettivamente, prima o più tardi». La manovra avrebbe un duplice scopo: «Consentirebbe di elevare l’età effettiva di pensionamento mantenendo il principio della volontarietà».  Per quanto riguarda, infine, il mercato del lavoro «credo – conclude Cazzola – che il suo primo obiettivo sarà quello di riformare il sistema degli ammortizzatori sociali. In chiave universalistica, per tutte le categorie lavorative. Tuttavia, il suo problema saranno le risorse». 

 

(Paolo Nessi)







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