ACCORDO PRODUTTIVITA’/ Santini (Cisl): vi spiego i vantaggi dell’accordo

- int. Giorgio Santini

GIORGIO SANTINI ci spiega perché l’accordo contribuirà a determinare le condizioni per attrarre investimenti attraverso il potenziamento della contrattazione decentrata

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L’accordo tra le parti sociali sulla produttività è in dirittura d’arrivo. Anche se, con ogni probabilità, vedrà la luce senza la firma della Cgil. Se la Cisl, infatti, ha formalizzato il suo ok al’intesa e la Uil si accinge a farlo, per il sindacato della Camusso sono ancora troppi i punti controversi: «è nato male, non tiene conto delle relazioni sindacali e di svolgimento della stagione contrattuale, proposto dal Governo che continua per contro a non attivare politiche per la crescita», ha affermato la leader sindacale. Abbiamo chiesto a Giorgio Santini, segretario generale aggiunto della Cisl di parlarci dell’intesa.

Perché si è reso necessario un accordo sulla produttività?

Perché tra l’Italia e Paesi come Francia e Germania, negli ultimi 10 anni, si è creato un gap di produttività enorme; rispetto a loro, infatti, abbiamo perso 20 punti. La discrepanza ha iniziato a esplodere nel momento in cui siamo entrati nell’euro, circostanza che ha messo a nudo le diversità tra i vari Paesi.

L’accordo, in tal senso, è determinante?

Ovviamente no. La scarsa produttività dipende da una serie di fattori legati ai problemi del sistema italiano: carenza di infrastrutture, burocrazia eccessiva, lentezza della giustizia, corruzione, clientelismo, tanto per citarne alcuni. Parte della questione, tuttavia, ha a che fare con i rapporti tra il mondo delle imprese e quello del lavoro.

Qual è, quindi, lo scopo di questo accordo?

Siamo impegnati, almeno da cinque anni, a trovare un intesa finalizzata, in particolar modo, a modificare la contrattazione di secondo livello, ritenendola in grado di incidere sulla produttività, sulla redditività e sulla qualità. Nell’ambito di questa contrattazione, ad esempio, nel 2008 furono introdotti degli sgravi fiscali sui salari legati alla produttività. L’accordo, quindi, è volto a rilanciare le relazioni aziendali concentrate sul secondo livello. E a determinare quelle condizioni di flessibilità in grado di produrre fattori lavorativi in grado di attrarre investimenti e favorire tutte le potenzialità in termini di sviluppo e occupazione.

Quali sono, in particolare, i punti qualificanti dell’intesa?

Anzitutto, materie quali gli orari di lavoro, le prestazioni lavorative, l’organizzazione del lavoro saranno delegate in maniera ordinaria alla contrattazione territoriale decentrata a non più in deroga. Sarà possibile, inoltre, distribuire parte degli aumenti economici definiti dal contratto nazionale, legandoli ad accordi sulla produttività per diffondere la cultura della contrattazione decentrata.

Non crede che ci sia il rischio imprese che se ne approfittino nei confronti dei propri dipendenti?

L’accordo, rispetto agli orari di lavoro, prevede una serie regolamentazione nell’interesse di entrambe le parti. Inoltre, si tratta pur sempre di linee guida che saranno sottoposte al vaglio del governo. 

Cosa ne pensa della decisione della Cgil di non firmare l’accordo?

Ovviamente, rispettiamo la sua autonomia. Ma dobbiamo ricordare che, dal percorso iniziato a inizio ottobre, ne era scaturito un testo che anche la Cgil aveva condiviso. Oltretutto, il sindacato guidato dalla Camusso aveva avuto modo, nel corso della trattativa, di mettere a tema numerose considerazioni. Gran parte delle sue obiezioni, inoltre, erano state accolte, così come tutti i suoi contenuti. Crediamo che si tratti, in sostanza, di una sorta di “riflesso condizionato” che ha portato alla decisione di autoescludersi. 

 

(Paolo Nessi)

 







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