In principio ci furono gli esodati, subito dopo vennero i ricongiungimenti onerosi. E così, poco per volta, in tanti furono salvaguardati dalle recenti riforme delle pensioni. In tanti, con un’unica e sola eccezione: i più giovani. Non c’è Santo in paradiso per loro: nessuno sconto, nessuna deroga. Ben 11 miliardi dei risparmi previsti dalle recenti riforme stanno nuovamente ritornando a carico dei più giovani: 9,1 miliardi per i circa 400 mila esodati e altri 2,5 miliardi (stima) per i circa 600 mila (stima) interessati dalla ricongiunzione che, divenuta onerosa, si vuole riportare gratuita.
Paolo è un uomo di mezz’età: un giovane dal punto di vista previdenziale. Ha cominciato a lavorare nel 1986. In questi anni ha dovuto cambiare parecchie volte i suoi piani per il futuro, perché varie riforme hanno stravolto il suo orizzonte di lavoro/pensione. Lasciamo da parte le modifiche su età e anni di contributi ai fini del diritto alla pensione, per soffermarci sulle novità relative alla “misura” della pensione.
Per 10 anni Paolo si è cullato nell’illusione di dover lavorare 40 anni, il massimo, per ricevere l’80% dell’ultimo stipendio a 60 anni di età. Il castello è crollato nel 1996, quando ha subìto la prima radicale riforma: il cambio del criterio di calcolo della pensione, da “retributivo” a “contributivo”. È stata una bella mazzata! Allora Paolo ha capito che, se avesse lavorato i 40 anni, avrebbe ottenuto una pensione inferiore, pari al 5,163% dei contributi versati anno dopo anno.
Con questa idea è andato avanti per alcuni anni. Ma nel 2010 ecco arrivare una brutta sorpresa. Paolo, infatti, viene a sapere che l’importo della sua pensione sarebbe stato ancora inferiore perché l’aliquota del 5,163% è intanto diventata il 4,798%. E così è andato avanti per altri anni. Ma ecco oggi arrivare un’altra brutta sorpresa: l’importo della pensione calerà ulteriormente perché l’aliquota del 5,163%, diventata poi il 4,798%, dal 2013 scenderà al 4,661%. Paolo adesso prega affinché le cose non peggiorino ulteriormente.
A conti fatti, avendo cominciato a lavorare con 30 mila euro di retribuzione, con una carriera lunga 40 anni e la garanzia di una crescita dello stipendio del 2% annuo (l’ultimo stipendio sarà di 65 mila euro), Paolo ha visto la sua pensione costantemente ridursi nel tempo: nel 1986, quando ha iniziato a lavorare, la immaginava di 52 mila euro (cioè l’80% dell’ultimo stipendio); nel 1996 è improvvisamente scesa a 39.900 euro, cioè circa il 61% dell’ultimo stipendio; nel 2010 c’è stato l’ulteriore calo a 36.500 euro, cioè circa il 56% dell’ultimo stipendio; adesso è venuto a sapere che è ulteriormente scesa a 35.400 euro, cioè circa il 54% dell’ultimo stipendio.
Quando leggo o scrivo di modifiche normative sugli esodati e, più recentemente, sui lavoratori che lamentano la novità della ricongiunzione divenuta onerosa, il mio pensiero va sempre a Paolo che potrei essere io stesso o qualunque lavoratore a metà o quasi della sua vita lavorativa. E mi chiedo: ma per una sorta di “rispetto” (il giusto metro di giudizio sarebbe: parità) nei riguardi della posizione di Paolo, così enormemente diversa e distante (peggiore) da chi si dice “penalizzato” dalle riforme Sacconi o Fornero, poteva farsi diversamente in materia di esodati? E riguardo ai ricongiungimenti, quale strada verrà imboccata?
Sembrerebbe che il ministro del lavoro, Elsa Fornero, sia orientata a rendere nuovamente gratuiti i ricongiungimenti che danno vita a pensioni d’importo fino a 15 mila euro l’anno e a lasciare onerose, invece, quelle ricongiunzioni per pensioni d’importo superiore. È una via d’uscita, ma non è la soluzione che può ridare senso di equità al sistema pensionistico che, giocoforza, si regge finanziariamente su un tacito patto tra giovani e vecchi. Ha più sapore antico di assistenzialismo, che di nuova previdenza. E a conti fatti a pagare i maggiori costi di riforma resterà sempre e solo Paolo.