“Ma quindi con la controriforma delle pensioni si cambia verso (la Cgil)?”. È il tweet ironico con cui Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera, ha commentato le dichiarazioni del ministro del Welfare, Giuliano Poletti, sul tema delle pensioni. Quest’ultimo aveva affermato: “Dobbiamo rendere più flessibile la possibilità di pensionamento, trovando gli strumenti adatti e coerenti alle diverse situazioni”. E aveva aggiunto il ministro: “Un conto è parlare di esodati, ovvero di persone rimaste in mezzo ad un guado in seguito al varo della riforma, un conto è parlare di situazioni socialmente problematiche come quelle ad esempio di chi ha perso il lavoro in età avanzata ma non tanto da poter accedere alla pensione. Per questo abbiamo individuato strumenti differenziati”.
Pierluigi Battista, perché ritiene che sulle pensioni il governo stia pensando a una controriforma?
Le affermazioni del ministro Poletti implicano un venir meno del pilastro della riforma Fornero, che è l’aumento dell’età pensionabile. Questa è una delle ragioni dello scontro tra Cottarelli e il governo. La flessibilità delle pensioni è un aggravio di spesa e ciò rappresenta un problema. La Cgil si è sempre scagliata contro il nucleo della riforma Fornero, cioè l’innalzamento dell’età pensionabile. Con una serie di deroghe si sta arrivando alla virtuale cancellazione di questo innalzamento.
In che senso il governo Renzi “cambia verso la Cgil”?
Il mio “cambia verso la Cgil” era ironico, perché il governo Renzi è riconosciuto per il fatto di aver voluto dare una spallata alla concertazione e non lasciarsi imprigionare dalle corporazioni di Cgil e Confindustria. Eppure su un tema fondamentale per la spesa pubblica quali sono le pensioni ha un atteggiamento più elastico. L’aumento dell’età pensionabile è stato probabilmente il provvedimento più importante del governo Monti, ora si ritorna indietro.
La riforma però ha prodotto conseguenze sociali come il problema degli esodati…
E’ vero che la riforma ha provocato il problema degli esodati, che era però una questione una tantum. Si è trattato di persone che erano state lasciate a casa dal datore di lavoro nell’ottica di un prepensionamento, e invece poi l’età pensionabile è stata innalzata e sono rimaste senza lavoro né pensione. Questo è un fenomeno che si è via via ridotto, è stato uno degli effetti collaterali più negativi, ma il cuore della riforma Fornero è l’innalzamento dell’età pensionabile che ha delle profonde ripercussioni sui conti pubblici. Ciò cui stiamo assistendo è una progressiva demolizione di quel principio.
Renzi fa questa controriforma perché teme un autunno caldo sindacale proprio mentre la riforma del Senato sarà discussa in seconda lettura?
Sinceramente non credo che sia questo il motivo. In realtà non c’è un pericolo di autunno caldo sindacale, perché il sindacato conta sempre meno. Quando il governo Berlusconi tentò la spallata all’articolo 18, Cofferati portò un milione di persone in piazza, oggi la Camusso non è capace di portarne 50mila. La vera questione è l’indebolimento del sindacato dovuto alla frammentazione, alla crisi, al fatto che l’intero mondo giovanile oggi non ha più il sindacato come interlocutore perché sono tutti contratti che non rientrano nelle categorie classiche della tutela sindacale.
Come si spiegano allora queste concessioni del governo ai sindacati?
Non si tratta tanto di concessioni al sindacato, al centro vedo piuttosto lo scontro tra Renzi e Cottarelli. O si decide che la linea dell’abbattimento della spesa pubblica è il pilastro per andare poi a una riduzione delle tasse, oppure se non si fa questo sarà estremamente complicato non mettere nuove tasse o cercare di arginarle in qualche modo. Se la filosofia nell’affrontare i temi del lavoro è lo svecchiamento a tutti i costi, cioè il fatto che si possano dare maggiori possibilità ai giovani, ciò significa incentivare l’uscita dal lavoro prima dell’età pensionabile fissata dalla riforma Fornero.
(Pietro Vernizzi)