Di fronte al problema dell’assenteismo nella Pubblica amministrazione, l’obiettivo comune dovrebbe essere unicamente la realizzazione di un adeguato impianto sanzionatorio in grado di correggere con efficacia comportamenti odiosi, come quelli di recente assurti alle cronache con la vicenda del Comune di Sanremo. Questo è ciò che il Ministro Madia ha voluto confermare dichiarando che vanno licenziati coloro che attraverso un utilizzo fraudolento dei sistemi di rilevazione delle presenze risultano a lavoro mentre in realtà non lo sono affatto.
In realtà, la recente riforma del pubblico impiego non contiene apprezzabili elementi che possano far pensare a un cambio di rotta decisivo verso il popolo dei fannulloni. Infatti, il procedimento disciplinare resta ancorato a un meccanismo lento dove il licenziamento, anche per i casi di assenteismo, non è così scontato. Tanto è vero che il Comune di Sanremo ha affidato a un’apposita commissione disciplinare la valutazione dei comportamenti, caso per caso, nonostante le rilevazioni video effettuate dalle Forze dell’ordine. Quindi, tempi lunghi, burocrazia e forse inapplicazione della sanzione del licenziamento.
Già prima della riforma Madia, il decreto legislativo 150 del 27 ottobre 2009 (il cosiddetto Decreto Brunetta) era già intervenuto per punire i fannulloni, dando un primo segnale di discontinuità rispetto al passato. Misure ancora non sufficienti per rendere la macchina amministrativa più efficiente. Se i medesimi comportamenti fossero tenuti in un’azienda privata, di certo si sarebbe proceduto in tempi molto rapidi al licenziamento dei dipendenti. La totalità dei contratti collettivi di settore, valutando come estremamente grave il comportamento di chi pur dichiarando di lavorare non lavora, prevede infatti il licenziamento in tronco.
Sarebbe auspicabile che anche il pubblico impiego trovasse quindi apposite convergenze nel settore privato, in materia di efficienza e di costi. In questo modo si potrebbe dare concretezza ai principi di buon andamento ed economicità che appartengono alla macchina amministrativa.
Purtroppo attualmente gli sprechi e le inefficienze sono all’ordine del giorno, come risulta dai dati ricavabili dal Rapporto Rete Imprese Italia-Cer che parlano chiaro: ammontano a oltre 30 miliardi gli oneri amministrativi sopportati annualmente dal sistema delle Pmi. Cifre esorbitanti se si considera che, secondo il Dipartimento della Funzione pubblica, almeno un terzo di questi costi (8,9 miliardi) potrebbe essere eliminato.
Molti di questi costi dipendono proprio dalle inefficienze della burocrazia. Non si può infatti ritenere efficiente un sistema Paese che preveda a carico delle Pmi circa 70 date da rispettare per gli adempimenti burocratici, scadenze, procedimenti amministrativi vari.
Il Ministro Madia assicura che il governo lavora per la realizzazione di un Paese dove è semplice lavorare, investire e fare impresa, ma le dichiarazioni non trovano ancora un riscontro con la realtà.
È tempo di lavorare per migliorare il Paese passando anche da una buona burocrazia, più semplice, con regole chiare e certe che giunga a una vera semplificazione del sistema con vantaggio per tutto il tessuto imprenditoriale e per la competitività.