Riforma pensioni 2015, l’intervista ad Annamaria Parente, capogruppo del Pd in commissione Lavoro al Senato Annamaria Parente, senatrice del Pd e membro della commissione Lavoro, illustra gli emendamenti alla legge di stabilità in tema previdenziale di cui è prima firmataria. Su richiesta del governo, la discussione degli emendamenti è stata rimandata al dibattito alla Camera, ma nella sostanza le questioni aperte sono tre: Opzione Donna, che per il momento non si applicherà alle contribuenti nate nell’ultimo quadrimestre dell’anno, la settima salvaguardia degli esodati e l’aumento della no tax area per i pensionati.
Senatrice, ci illustri la situazione sugli emendamenti relativi alla previdenza.
Abbiamo presentato un emendamento su tutti e tre i temi a prima firma mia. Il governo ha detto in commissione Bilancio che la materia pensionistica sarebbe stata affrontata alla Camera. Sugli esodati e su Opzione Donna abbiamo fatto un ordine del giorno. Su Opzione Donna chiediamo di togliere il riferimento all’aspettativa di vita perché questo esclude dalla sperimentazione le donne nate nel quarto trimestre dell’anno.
Che cosa chiedete invece per quanto riguarda la salvaguardia degli esodati?
Il nostro emendamento sugli esodati prevede di riportare il termine per la mobilità da 12 mesi a 24 mesi. Si rischia infatti che siano lasciati fuori dalla settima salvaguardia, a risorse stabilite, una parte degli esodati. Nella settima salvaguardia entrerebbero persone che sono uscite dal lavoro tardi e hanno la mobilità, mentre quelle più anziane sono senza copertura. Protraendo il periodo della mobilità si ristabilisce la parità tra i lavoratori.
Perché la discussione su esodati e Opzione Donna è stata rimandata alla Camera?
Il governo ha chiesto a chi aveva presentato gli emendamenti di ritirarli perché questa materia sarebbe stata affrontata alla Camera. È fondamentale che il governo abbia inserito questi due temi nella legge di stabilità. Stiamo spingendo perché queste due questioni siano risolte alla Camera, con correttivi che vanno incontro a situazioni di persone in carne e ossa. Questa è la fotografia delle tematiche previdenziali nella legge di stabilità.
Per Poletti la flessibilità pensionistica arriverà l’anno prossimo. Ci arriveremo e come?
Io penso che il governo debba farla. L’esecutivo aveva annunciato che l’avrebbe inserita nella legge di stabilità, ma poi il ministro ha spiegato che quest’anno non ce l’avrebbero fatta. In commissione Lavoro abbiamo presentato un ordine del giorno con dei gruppi di maggioranza, per impegnare il governo ad affrontare questo tema nel 2016. L’ordine del giorno è stato approvato, e quindi c’è anche un atto parlamentare che chiede al governo di introdurre la flessibilità pensionistica entro il 2016. Nella legge di stabilità c’è comunque già una misura che va in questa direzione, cioè il part time per i lavoratori anziani.
Come ritiene che vada affrontata la flessibilità in uscita?
Abbiamo pochissimi giovani al lavoro. Siccome si allargano i settori ad alta tecnologia, la flessibilità in uscita è un tema da affrontare urgentemente collegato all’ingresso dei giovani al lavoro. La normativa sul part time rappresenta un segnale. Visto l’impegno della commissione Lavoro al Senato, noi ci auguriamo che la flessibilità sia approvata entro il 2016. Si possono trovare anche soluzioni miste, in parte a carico dei datori di lavoro. Ci sono tantissime aziende che avrebbero intenzione di agevolare l’uscita dei lavoratori anziani anche investendo delle risorse.
È ipotizzabile una flessibilità pensionistica tutta a carico delle aziende?
Noi ci auguriamo che l’anno prossimo ci sia anche una ripresa dell’economia, nonostante la situazione internazionale ci costringa a rivedere alcune delle aspettative. Il mio auspicio è che il governo continui l’interlocuzione con l’Europa, facendo le riforme in cambio di minori vincoli di bilancio. Se l’Italia diventa un Paese credibile, anche attraverso il Jobs Act, l’anno prossimo probabilmente potremo procedere alla correzione della legge Fornero anche con il beneplacito Ue.
(Pietro Vernizzi)