La flessibilità che si reclama attraverso una nuova riforma delle pensioni può avvenire a costo zero? Se lo chiede Walter Anedda, ex Presidente della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti. In un articolo sulle pensioni pubblicato su queste pagine segnala che a non rimetterci dovrebbero essere i lavoratori, in particolare quelli più giovani, che di fatto con i loro contributi previdenziali consentono l’erogazione delle pensioni. Il rischio, insomma, è quello di “assecondare” le richieste di chi è più avanti con gli anni a discapito di chi ha iniziato a lavorare da pochi anni e in futuro potrebbe già dover fare i conti con pensioni basse.
Si avvicina la manifestazione dei sindacati indetta per il 2 aprile per chiedere che il Governo apra un confronto sulla riforma delle pensioni. Cgil, Cisl e Uil chiedono tra le altre cose di approvare la Quota 41 tanto cara ai lavoratori precoci. Per questo alcuni di loro non stanno prendendo affatto bene il fatto che sulle pagine Facebook dei loro gruppi vi siano post contro i sindacati. In diversi post, infatti, vengono ricordati i privilegi dei sindacalisti, come per esempio la Legge Mosca o gli stipendi che percepiscono. Messaggi non certo concilianti nel momento in cui bisognerebbe portare avanti una battaglia insieme. Ecco dunque perché a detta di molti bisognerebbe non attaccare più i sindacati, ma fare fronte comune per far sentire più forte la richiesta di approvare Quota 41.
Sul sito di Repubblica è uscita oggi un’inchiesta condotta sul pubblico impiego. E sugli effetti che ha avuto anche qui la riforma delle pensioni. L’età media nei comparti scuola, polizia e sanità è infatti alta: basti pensare che solo il 3% del personale è sotto i 30 anni e meno del 17% sotto i 40. E di certo la Legge Fornero non aiuta il turnover, come del resto nel settore privato. In generale l’età media dei dipendenti della Pa è passata dai 43,5 anni del 2001 ai 49,22 del 2014. La situazione sembra destinata a peggiorare. Una ragione in più, dunque, per procedere a una riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità, dato che sembra difficile ipotizzare un aumento delle assunzioni in un periodo di ristrettezze di bilancio come quello attuale.
I lavoratori precoci continuano a organizzarsi e a darsi una struttura fatta di comitati locali, così da essere vicini ai tanti che si battono per la Quota 41 e poter organizzare eventi e manifestazioni a livello territoriale. Una grande prova ci sarà il 2 aprile, quando si terrà la manifestazione dei sindacati proprio sul tema della riforma delle pensioni. Tra le altre cose Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto al Governo proprio di consentire a chi ha versato 41 anni di contributi di poter andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica e senza penalizzazioni. La scorsa settimana è stato costituito il comitato in Puglia e ora, scorgendo i post su Facebook, si stanno cercando di creare gruppi anche in Friuli e in Abruzzo.
La settimana dopo Pasqua segna anche la ripresa delle attività parlamentari e Cesare Damiano “sferza” la sinistra del Pd a non dimenticare che deve impegnarsi per migliorare la situazione degli italiani. Il Presidente della commissione Lavoro della Camera ricorda in particolare che “è ora che la sinistra riformista che ha grandi responsabilità per la situazione che si è determinata batta un colpo e proponga un orizzonte alternativo. Più crescita e meno rigore. Incentivi strutturali al lavoro stabile per battere la precarietà e flessibilità nelle pensioni per far uscire dal lavoro i più anziani e aprire le porte delle aziende ai giovani”. Dunque l’ex ministro del Lavoro torna a ribadire che la flessibilità pensionistica avrebbe degli effetti benefici anche per l’occupazione giovanile.
La Pasqua si sa è periodo di sorprese. E se il Governo non ha ancora approvato una riforma delle pensioni, con l’ultima Legge di stabilità ha comunque innalzato la no tax area per i pensionati, salita a 8.000 euro per chi ha più di 75 anni e a 7.750 euro per gli altri. Il sito pensionioggi.it ricorda quindi che se il reddito complessivo non supera gli 8.000 euro si ha diritto a una detrazione di 1.880 euro, che è invece pari a 1.783 euro per i pensionati con meno di 75 anni e reddito fino a 7.750 euro. Per avere l’esatto importo della detrazione spettante pensionioggi.it ha anche creato un programma gratuito per determinare l’importo in sede di dichiarazione dei redditi graduato in funzione dell’età del pensionato, del reddito delle pensioni percepito e dei giorni di effettivo pensionamento.
Oggi è Pasqua e la Rete dei Comitati degli esodati non dimentica i circa 24.000 italiani che ancora non sono stati salvaguardati, nonostante i sette provvedimenti sinora approvati. Sulla pagina Facebook della Rete si può trovare infatti un messaggio di auguri con “un particolare e affettuoso pensiero a quei 24.000 colleghi fraterni… che sia finalmente una Pasqua di vera resurrezione sicuro che la prossima sarà quella giusta di vera liberazione da tutte le angosce e sofferenze patite in questi anni. Lo auguro con il cuore a tutti loro con l’impegno che tutti i Comitati della Rete non si fermeranno nella loro mobilitazione fino a quando l’ultimo degli esodati non otterrà Giustizia con il ripristino del diritto alla pensione”. Da tempo, in questo senso, si chiede di predisporre quanto prima un’ottava salvaguardia degli esodati. Vedremo quale sarà la risposta del Governo.
C’è un gruppo di italiane che sogna una semplice riforma delle pensioni che introduca una “flessibilità strutturale”, con costi di lungo periodo sicuramente più che sostenibili per lo Stato e di facile realizzazione: la proroga di Opzione donna. Il Comitato Opzione Donna Proroga al 2018 ha per questo realizzato un piccolo manifesto pasquale, in cui, oltre agli auguri per l’occasione si vede un uovo di cioccolato rotto, con la scritta “flessibilità strutturale”. Il messaggio è chiaro: in tante vorrebbero trovare come sorpresa l’estensione della possibilità di andare in pensione con 35 anni di contributi e 57 e 3 mesi di età. Il Comitato ha anche proposto di far circolare l’immagine su Twitter, con l’hashtag #ODproroga2018.
Durante questa giornata di Pasqua ci sono dei lavoratori precoci che sembrano pensare a “rovinare la festa” a Giuliano Cazzola. L’ex vicepresidente della commissione Lavoro della Camera è da tempo “bersaglio” sia dei lavoratori precoci che di altre categorie che vogliono una riforma delle pensioni dato che Cazzola ritiene che non sia il caso di modificare la Legge Fornero. Uno di loro gli ha quindi scritto una mail, chiedendogli come sia possibile che possa sostenere che chi perde il lavoro in età parecchio avanzata non deve lamentarsi e chiedere la pensione, ma cercare un’altra occupazione quando anche i giovani non riescono a trovarla. Cazzola gli ha risposto invitandolo a leggere i saggi contenuti nella rivista “Politiche sociali” de Il Mulino. Risposta ritenuta insoddisfacente. Un altro lavoratore precoce ha segnalato sul gruppo Facebook “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti” di riuscire più a scrivere a Cazzola: le mail che gli invia gli tornano automaticamente indietro. Per questo gli augura di passare una Pasqua molto triste.
In attesa che la pensione anticipata possa essere introdotta con dei cambiamenti alla Legge Fornero, diverse italiane sono riuscite a utilizzare Opzione donna e altre ora ne vorrebbero una proroga. Per questo hanno creato il Comitato Opzione Donna Proroga al 2018. Sulla pagina Facebook di tale comitato, è stato postato un commento su cui val la pena riflettere. C’è infatti chi fa notare che lo Stato attualmente integra in diversi casi gli assegni di persone che non riescono a raggiungere la “minima”. Un’integrazione ritenuta giusta. Per lo stesso principio bisognerebbe però prevedere che ci sia un minimo garantito (1.000 euro) anche per chi usufruisce di Opzione donna e quindi ha versato almeno 35 anni di contributi. Andare in pensione anticipata con questa opzione, infatti, comporta il ricalcolo contributivo del proprio assegno e ci si può anche trovare con somme “modeste”.
Si sa che la battaglia più forte sulla riforma delle pensioni è quella relativa all’introduzione della flessibilità. Ma c’è n’è un’altra forse più importante e strategica per il futuro, quando le pensioni, per via del sistema contributivo, saranno via via più magre, tanto più che ci sono giovani che hanno iniziato a lavorare piuttosto tardi o che hanno affrontato periodi di disoccupazione a causa della crisi. La previdenza complementare è quindi “strategica” per riuscire un domani a non dover contare solamente sul proprio assegno mensile dell’Inps. Per questo motivo Stefano Bargi insieme ai consiglieri regionali Lega Nord dell’Emilia Romagna hanno depositato un progetto di legge alle Camere, in cui si chiede di dare finalmente un impulso alla previdenza complementare. Questo perché con la Legge di stabilità 2015, il Governo Renzi ha penalizzato i fondi pensione, prevedendo che siano sottoposti a una tassazione del 20%.
Per Bargi e i suoi colleghi di partito è paradossale che il Governo si prenda una parte così consistente dell’investimento, “specie ora che la Riforma Fornero è destinata a creare schiere di pensionati sempre più poveri. Per questo motivo la nostra proposta è quella di riportare la tassazione sui piani previdenziali complementari all’11%”, com’era prima dell’intervento dell’esecutivo.