Padoan è pronto a rinviare l’Ape, la novità principale introdotta con la riforma delle pensioni. Lo scrive La stampa, secondo cui questo passo sarebbe reso necessario dalla richiesta di una manovra correttiva da 3,4 miliardi da parte della Commissione europea. L’idea di rinviare il taglio dell’Ires, scrive il quotidiano torinese, è stata subito scartata, anche perché “tutte le imprese hanno già a bilancio quel risparmio”. Se dunque si tornasse indietro si deprimerebbero le prospettive di crescita, esattamente quello che Gentiloni ha detto di voler evitare. Dunque “più plausibile” il rinvio dell’entrata in vigore dell’Ape, in particolare di quella social, che, secondo la Ragioneria Generale dello Stato, “costerebbe non meno di 70 milioni al mese”. Dunque “il rinvio del lancio di sei mesi varrebbe 400 milioni di euro”. Un bel “gruzzoletto” da mettere sul tavolo. Vedremo se davvero il ministro dell’Economia deciderà di giocarsi questa carta piuttosto pericolosa per il consenso.
Il Governo starebbe studiando una riforma delle pensioni che preveda un’Ape appositamente studiato per le donne. Lo scrive forexinfo.it, parlando di “una pensione anticipata che passi dal riconoscimento dei lavori di cura in termini di anni contributivi da addizionare a quelli effettivamente prestati”. Difficile dire come concretamente potrebbe essere questo provvedimento, ma di fatto potrebbe accogliere anche delle istanze presentate in passato per riconoscere alle donne alcuni periodi contributivi figurativi “extra”, per esempio per il periodo passata a casa in maternità o nell’accudimento di anziani o parenti disabili. Detta così, sarebbe una sorta di variante dell’Ape social, in cui si riconosce l’accesso anticipato alla pensione a chi ha familiari con handicap. Non è escluso però che venga richiesta una “penalizzazione”, un po’ come avviene oggi con Opzione donna, che tramite il ricalcolo contributivo dell’assegno pensionistico infligge una decurtazione pesante a chi riesce ad accedervi.
L’Ape deve decollare a maggio. Così Cesare Damiano torna a parlare della misura principale della riforma delle pensioni rivolgendosi a Giuliano Poletti. Il Presidente della commissione Lavoro della Camera ieri pomeriggio ha partecipato a un incontro organizzato dal Partito democratico dov’era presente il ministro del Lavoro insieme ai tre leader sindacali e ha evidenziato la necessità di varare al più presto i decreti attuativi necessari per far partire l’Anticipo pensionistico. Un “promemoria” importante, perché non mancano in questi giorni le preoccupazioni sul futuro delle misure previdenziali approvate con la Legge di stabilità. C’è infatti il timore che possano essere riviste o rinviate per accontentare le richieste della Commissione europea di una manovra correttiva da 0,2 punti percentuali di Pil. Secondo quanto riporta Repubblica, Poletti ha annuito alla richiesta di Damiano. Non resta quindi che aspettare i decreti necessari all’avvio dell’Ape.
Non si tratta dell’Ape, ma una piccola riforma delle pensioni che permette di anticipare l’entrata in quiescenza è arrivata anche per gli agenti e i rappresentanti di commercio iscritti all’Enasarco. Gli agenti uomini che non arrivano alla normale pensione di vecchiaia potranno chiedere la pensione anticipata di uno o due anni in cambio di una penalizzazione sull’assegno che andranno a incassare. Nello specifico, per accedere a questa particolare misura, occorre perfezionare quota 90 con un minimo di 65 anni di età. La futura pensione verrà quindi decurtata del 5% per ogni anno di anticipazione rispetto all’età anagrafica necessaria per la pensione di vecchiaia. Dal 1° gennaio, in particolare, per poterla conseguire occorre avere almeno 66 anni di età (63 per le donne) e 20 anni di contributi, oltre che una quota (data dalla somma tra età anagrafica e contributiva) pari a 91 (87 per le donne).
Tra l’altro a partire dal 2018 la quota richiesta salirà a 92. Come detto, l’anticipo di uno o due anni è per ora consentito solamente per gli uomini, mentre per le donne diventerà utilizzabile a partire dal 2021. Di fatto, quindi, l’Enasarco ha varato una propria forma di flessibilità previdenziale. Non resta che vedere quanto sarà utilizzata, considerando che non fornisce uno “sconto” particolare rispetto alla normale età di pensionamento e ha un costo non indifferente, considerando oltretutto che la decurtazione dell’assegno ha carattere strutturale non limitato a un certo numero di anni, come avviene per esempio per l’Ape. Il numero di richieste di utilizzo di questa forma di pensionamento anticipato potrà sicuramente essere un buon indicatore anche per le altre casse e più in generale per il sistema previdenziale.
L’Inps ha fissato gli importi per i versamenti volontari dei contributi nel 2017 attraverso una circolare. Di fatto occorrerà una spesa minima di 3.445 euro annui, salvo che per gli autorizzati entro il 1995, per i quali il minimo è di 2.909 euro. Per calcolare l’ammontare del contributo volontario occorre applicare alla retribuzione dell’ultimo anno di lavoro l’aliquota del 33% (in rialzo rispetto al 32,87% precedentemente previsto), a meno che non si sia stati autorizzati entro il 1995. In questo caso, infatti, l’aliquota è pari al 27,87%. Se, tuttavia, il reddito risulta superiore ai 46.123 euro, è prevista un’aliquota aggiuntiva dell’1%. Entro il 30 giugno bisognerà versare i contributi volontari relativi al primo trimestre dell’anno. Per chi è iscritto alla gestione separata dell’Inps, l’importo minimo per i versamenti volontari è pari a 3.887,04 euro per i professionisti (per i quali l’aliquota contributiva è scesa dal 27% al 25%) e a 4.975,44 per gli altri iscritti, per cui invece l’aliquota è passata dal 31% al 32%.
Il discorso si fa più complesso per i lavoratori autonomi e i commercianti, per i quali l’importo da versare varia a seconda del reddito, con ben otto fasce previste. Le aliquote di contribuzione volontaria variano dal 23,55% degli artigiani (dal precedente 23,1%) al 23,64% (dal precedente 23,19%) dei commercianti. Ovviamente il versamento dei contributi volontari deve essere autorizzato dall’Inps e può consentire a chi non ha più un lavoro, o è passato a part-time, di perfezionare i requisiti contributivi richiesti per avere la pensione o per incrementare il trattamento pensionistico cui si avrebbe diritto nel caso i requisiti siano già stati perfezionati
Elsa Fornero torna a parlare della riforma delle pensioni che porta il suo nome, stavolta per difenderla dalle accuse che sono arrivate da Giuliano Poletti. Il ministro del Lavoro ha infatti detto che aver innalzato l’età pensionabile ha tolto opportunità di lavoro ai giovani, ma per la professoressa piemontese, questo è “un modo vecchio e sbagliato di pensare”. “Questa idea che gli squilibri del sistema pensionistico si aggiustino mandando in pensione le persone è una idea che ha portato all’insostenibilità del sistema. Riproporla ora vuol dire guardare al passato e non al futuro”, ha aggiunto la Fornero, che evidenzia poi che Poletti “dovrebbe ricordare che a quel tempo lui era tra gli interlocutori che chiedevano una riforma del sistema pensionistico”. Dunque, “l’idea che si possano risolvere i problemi semplicemente mandando in pensione le persone è sbagliata e la storia lo dimostra. Bisogna lavorare per un mercato del lavoro più inclusivo”.