Con l’approvazione delle due camere è stato varato un’ulteriore parte delle riforme del mercato del lavoro: il Jobs Act per il lavoro autonomo. Le due parti del titolo tengono assieme innovazione e continuità e questo può essere il giudizio sintetico del provvedimento. Infatti, contiene regole innovative per figure professionali “tradizionali” e pone le prime basi di regole e tutele per il lavoro in rapido cambiamento, dati i mutamenti organizzativi in corso in molti settori produttivi.
L’importanza del provvedimento è data dal tentativo di tenere conto che il lavoro è cambiato e che sempre più rapidamente cambierà ancora. La sharing economy non riguarda solo bici e auto, ma sta cambiando cicli produttivi. Abbiamo da poco preso ragione che non vi è più un lavoro a vita, ma una vita di lavori. Sostenere quindi l’occupabilità della persona prevede una formazione continua lungo tutto l’arco della vita lavorativa. Nello stesso senso si devono muovere i sistemi di tutela se vogliamo che nessuno resti indietro e ci siano servizi in grado di intervenire per sanare eventuali gap formativi e occupazionali.
Nel corso dei cambiamenti possibili che può registrare durante la vita lavorativa, una persona può passare anche attraverso forme contrattuali diverse e rapporti di lavoro diversi. La separazione fra lavoro autonomo e lavoro subordinato diventa sempre più sottile. Può riguardare periodi diversi della vita lavorativa, ma è anche più difficilmente definibile. Molti lavori e lavoretti sono già oggi coordinati da sistemi organizzativi definiti, ma la partecipazione lavorativa è temporanea e/o volontaria.
Le norme della nuova legislazione cercano di definire i contorni, a oggi, dei possibili interventi a tutela delle nuove realtà lavorative. I due capi della legge riguardano al capo 1 il lavoro autonomo e al capo 2 il lavoro agile o smart working. Per lavoro autonomo si vogliono estendere le tutele economiche e sociali a coloro che svolgono la loro attività in forma non imprenditoriale, ma senza essere subordinati alle regole aziendali dell’impresa presso cui svolgono totalmente o parzialmente la loro attività. In questa vasta definizione rientrano sia le partite Iva che i professionisti, sia quelli tutelati da albi professionali che esercitanti quelle nuove professioni non tutelate da albi. Per questi lavoratori vengono estese le tutele economiche contrattuali firmando per i loro contratti dei termini massimi nei tempi di pagamento delle prestazioni, riequilibrando il potere contrattuale delle parti (divieto di modifiche contrattuali unilaterali da parte dell’azienda) e prevedendo l’obbligo della forma contrattuale scritta.
Vi sono poi norme economiche date dall’estensione del “mercato”. La Pubblica amministrazione dovrà promuovere la partecipazione di lavoratori autonomi ai bandi per prestazioni di servizi di consulenza e ricerca. Oggi molte di queste forniture di servizi sono richieste solo a società di capitali e ciò esclude sia singoli specialisti che professionisti e studi professionali. Verranno anche individuate categorie di atti pubblici che potranno essere affidati a professionisti, singoli o associati, sostituendo così l’obbligo del pubblico ufficiale.
Grande importanza ha poi il pacchetto di estensione delle tutele sociali. Siamo ancora distanti da una revisione generale dei servizi di welfare legati al lavoro, ma si introducono elementi di parificazione fra le diverse forme lavorative. Importanti sono le tutele per la maternità, sia come tutela della continuità contrattuale anche con l’uso del diritto a 6 mesi di interruzione per maternità, sia per il conseguente sostegno al reddito.
Stesso principio di parificazione si ha nell’introduzione estesa del sostegno al reddito per fasi di disoccupazione e nell’indicazione dei Centri per l’impiego come sede per servizi di sostegno al lavoro anche per i lavoratori autonomi. Sono poi introdotte anche le facoltà di organizzare prestazioni sociali aggiuntive attraverso enti previdenziali privati per estendere la facoltà di inglobare singoli professionisti non tutelati. Data l’importanza dell’aggiornamento, le spese per la formazione, che sono gli investimenti di consulenti e professionisti, godono di deducibilità fiscale.
Per quanto riguarda il lavoro agile o smart working, una nuova modalità di svolgimento della prestazione lavorativa subordinata, basata sulla flessibilità di orari e di luogo, dove si utilizzano strumenti informativi e telematici e non è prevista una postazione fissa. Lo scopo delle norme introdotte è favorire e tutelare forme di lavoro che permettano di conciliare tempi di vita e tempi di lavoro. L’uso di strumenti informatici e telematici permette di definire forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, anche senza precisare orari e luogo di esecuzione. Per avvalersi del lavoro agile così definito viene introdotta obbligatoriamente la forma scritta e il trattamento economico non può essere inferiore a quello applicato per lavoratori impiegati nelle stesse mansioni, secondo i contratti applicati nel settore. Si apre così una porta tutelata a forme di lavoro “on demand”, ossia una disponibilità a prestare in modo subordinato prestazioni richieste all’occorrenza. È la presa d’atto di mutamenti in corso.
Come spesso succede, l’innovazione si scontra con le tradizioni precedenti. Anche in questo caso il rischio di obbligare il ricorso a consulenti esterni per definire i contratti scritti appesantisce inutilmente le norme. Va visto però con favore complessivo un provvedimento che amplia tutele a un settore di lavoratori che crescerà nel prossimo futuro, spinto dai mutamenti produttivi ed organizzativi.
Un’ulteriore attenzione e semplificazione potrà venire dalla capacità di passare dall’obbligo di legiferare di fronte a ogni cambiamento al dare facoltà di aggiornamento organizzativo direttamente ai corpi intermedi rappresentativi del lavoro.