Il dibattito sul ruolo dei sindacati nella nuova fase politica resta aperto. Come tutti i corpi intermedi, anche i sindacati confederali soffrono di una fase di passaggio e il loro ruolo sociale chiede un cambiamento. Tuttavia il dibattito stenta, anche perché le divisioni di fondo frenano la decisione più importante relativa a proporre una legislazione che fissi le norme di rappresentanza. Quanto previsto dalla Costituzione non si è mai realizzato perché era prevalsa la tesi che bastasse la capacità di dare rappresentanza erga omnes ai contratti confederali.
Le difficoltà del processo unitario e il mancato accordo per trasformare i protocolli definiti in modello legislativo hanno creato una situazione oggi sempre meno gestibile. I contratti sono aumentati da 400 a quasi il doppio, le rappresentanze categoriali a livello territoriale si sono diffuse senza vincoli o controlli, le certezze dei contratti di riferimento sono sempre più labili per molte categorie di lavoratori. Di fronte ai mutamenti del sistema produttivo che chiedono più semplificazione, certezze di riferimento e trasparenza si presenta una selva di rappresentanze e accordi che sono l’opposto di quanto necessiterebbe al sistema economico.
In questo quadro di difficoltà generale la stagione congressuale è però un momento di riflessione sui punti fondamentali, ossia perché e per cosa oggi è importante fare sindacato. In occasione del congresso regionale, la Cisl Lombardia ha realizzato un’importante e innovativa ricerca. Insieme a Euromedia Research e all’Università di Bergamo si sono chiesti, Associar….chi? e per cosa? Le domande sono state poste a un campione di 2000 iscritti Cisl e 2000 persone non iscritte (tra queste 350 iscritti però ad altro sindacato).
Diciamo subito che la fiducia nel sindacato risulta bassa. Prende 6 di media in tutto il campione con poco più del 6,5 fra gli iscritti e 5,19 fra i non iscritti a nessun sindacato. Non sono in discussione i punti di fondo della presenza sindacale sia per l’importanza assegnata alla solidarietà tra lavoratori, sia per quanto riguarda l’importanza della rappresentanza sul luogo di lavoro. Fra chi non è iscritto emergono le posizioni negative che caratterizzano il nuovo “populismo”. Le critiche sono all’eccesso di politicità, inutilità nella difesa dei diritti e far prevalere gli interessi dell’azienda. Una visione tutta negativa, ma che si incontra con la domanda avanzata da chi forse ritiene importante il ruolo del sindacato e pretende una maggiore presenza nella tutela dell’occupazione e del reddito.
Emerge come anche per coloro che si dicono convinti dell’utilità della presenza sindacale – sia per quanto riguarda la presenza in azienda, sia come fornitore di servizi fiscali, ecc. – che sono troppi gli spazi che rimangono scoperti. In questo nessuno ripropone un ruolo concertativo sulle politiche generali quanto il poter avere nell’organizzazione un rapporto personale a diretto e trovare risposta ai bisogni più immediati, per sé e per la famiglia.
Per quanto riguarda i servizi forniti sono molto utilizzati (dal 30% degli iscritti sempre, e saltuariamente dal rimanente 70%) e giudicati positivamente. La ragione è che il sindacato sa gestire il “burocratese”. Meglio sarebbe se agisse anche per servizi molto più immediati su salario, reddito e occupazione. Questo è il risultato alla domanda su cosa dovrebbe vedere più impegnato il sindacato. A seguire vengono sanità, pensioni e ammortizzatori. Non paiono solo richieste di maggiore tutela nei confronti delle paure rispetto al periodo di crisi, quanto nuovi campi dove il sindacato può giocare un ruolo attivo grazie alla sua credibilità acquisita quando affronta direttamente i servizi utili alle persone.
Ciò risulta confermato da quanto si rileva in termini di comunicazione e presenza. Partite Iva e dipendenti delle pmi indicano una ricerca di rapporto con chi è in grado di rapportarsi con le loro aspettative. Serve però una logica di comunicazione più propositiva e non legata solo alle crisi e, in più, una capacità di dare voce in modo partecipato e trasparente a esigenze e aspettative personalizzate e non solo a domande di rappresentanza.
Una seconda parte della ricerca ha invece indagato all’interno del campione quali sono i soggetti target più propensi alla partecipazione nel sindacato. È un’analisi forse senza precedenti per valutare chi è più propenso, almeno tendenzialmente, a prendere in considerazione l’idea di tesserarsi al sindacato. Per classi di età i più propensi sono i giovani e i più anziani. Nella classe di età intermedia vi è invece maggiore difficoltà a scegliere una nuova strada. Le donne sono molto più propense degli uomini a scegliere l’impegno sindacale, così come gli extracomunitari superano largamente i lavoratori italiani o di paesi europei. In termini di titolo di studio prevalgono coloro che hanno titoli più bassi. Però, al di là del titolo formale, più propensi sono coloro che si informano molto sui problemi dell’economia e del lavoro e coloro che si informano su almeno tre canali media.
Per quanto riguarda i lavoratori attivi. risultano più interessati gli operai con contratti indeterminati. Risultano “lontani” i lavoratori con contratti a tempo determinato, part time e a chiamata. Alta invece la propensione sindacale dei “voucheristi”, ma l’abolizione dei voucher rende “inutile” questo dato.
La presenza del delegato sindacale sul luogo di lavoro è una spinta a innalzare la propensione alla sindacalizzazione. Ciò gioca a favore delle imprese di medio/grande dimensione. Però i lavoratori delle pmi sono, a domanda libera, più propensi degli altri lavoratori a prendere in considerazione la scelta sindacale. È quasi una richiesta di maggiore presenza e impegno da parte delle organizzazioni sindacali a dedicarsi maggiormente verso questo importante segmento dell’industria italiana.
Per quanto riguarda i fruitori dei servizi forniti dal sindacato, come già detto vi è una certa stabilità fra chi è già iscritto. Vi è però circa un milione di fruitori dei servizi sindacali che non è iscritto all’organizzazione. Come creare un rapporto che vada oltre il servizio reso resta un campo aperto per riflessioni sulla presenza sociale delle organizzazioni sindacali.
Per concludere segnaliamo che chi è più propenso all’impegno sindacale ha una visione più ottimistica verso la società. È insieme più solidale ma anche convinto che l’impegno migliorerà la situazione economica sua e di tutti. È un giacimento sociale positivo su cui fare leva.