APE SENZA INCIDENZA SULLA SPESA PENSIONISTICA
Tutto pronto per dare il via oggi all’Ape, la novità nel mondo previdenziale che era stata introdotta più di un anno fa, ma che ha subito diversi ritardi. Il Quotidiano Nazionale riporta le parole di Stefano Patriarca, del Nucleo tecnico economico di Palazzo Chigi: “Decolla una novità nel panorama sia italiano sia europeo: si consente a tutti di anticipare l’uscita dal mercato del lavoro, o una permanenza con impegno ridotto. Lo si fa con l’utilizzo di finanza privata e non pubblica e quindi con un costo per il bilancio pubblico molto limitato e che non incide sulla spesa pensionistica”. L’Inps dovrebbe far partire un simulatore sul proprio sito, in modo che gli interessati possano verificare i costi e l’importo dell’Ape che andrebbero a incassare prima di presentare la domanda allo stesso Istituto nazionale di previdenza sociale, con modalità, è stato assicurato, molto semplici.
IL SONDAGGIO SU LEGGE FORNERO E FLESSIBILITÀ
In questo periodo di campagna elettorale non mancano i sondaggi e uno condotto da Lorien Consulting ha rivolto agli intervistati una domanda relativa alle misure che andrebbero prese in campo previdenziale. Come spiega termometropolitico.it, il 16% degli intervistati vorrebbe venisse cancellata la Legge Fornero. Si tratta perlopiù di sostenitori di Lega, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle. Il numero maggiore di consensi (36%) va alla possibilità di introdurre più flessibilità in base ai contributi versati, indipendentemente dall’età anagrafica. Opzione preferita dai sostenitori di Pd, M5S e Lega. Per il 34% degli intervistati (sostenitori di Liberi e Uguali, Fratelli d’Italia e Forza Italia) bisognerebbe invece abbassare le soglie di anzianità, al di là dei contributi versati. Infine, per il 5% (in maggioranza sostenitori di Forza Italia) bisogna lasciare le cose come stanno. È pari al 9% la quota di coloro che hanno risposto “non so”.
APE SOCIAL, LA UIL CONTRO IL MIUR
La Uil si schiera contro il Miur dopo la sua circolare relativa all’accesso all’Ape social del personale della scuola, che potrà avvenire solo dal 1° settembre 2018, anche se la domanda è già stata accolta dall’Inps. Domenico Proietti e Pino Turi parlano di “un ritardo inaccettabile che procrastina di oltre un anno l’Ape per chi ne ha diritto danneggiando proprio quelle categorie ritenute meritevoli di tutele”. Il Segretario confederale Uil e il Segretario generale della Uil Scuola chiedono al Miur di stabilire “in tempi brevissimi delle modalità che consentano l’accesso all’Ape dal 1° settembre 2018 a chi farà domanda quest’anno, prevedendo eventualmente delle dimissioni con riserva, che sarà sciolta a giugno con la pubblicazione della graduatorie. Questo sarebbe un modo efficace per garantire il diritto alla prestazione a chi ne ha diritto rispettando le necessità organizzative del settore, evitando di protrarre una discriminazione che penalizza gravemente i lavoratori della scuola riducendo di fatto la durata dell’Ape”.
LE TRAPPOLE DA EVITARE IN CAMPAGNA ELETTORALE
La campagna elettorale prosegue, ma non sembra esserci ancora chiarezza su quello che i partiti farebbero concretamente su alcune questioni in caso di vittoria alle urne. Orietta Armiliato sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social ricorda infatti che “leggiamo tutto ed il contrario di tutto, miracoli con conseguenti collettive beatitudini che solo un cittadino smemorato e/o distratto può accettare di sentirsi promettere senza provare la fastidiosa sensazione di essere scambiato da taluni per, come ho già avuto occasione di dire, spettatore idiota o peggio, demente”. Dunque, per quanto concerne le istanze del Cods, è difficile dire quale formazione è realmente più vicina alle stesse. Ci vorrà del tempo per capirlo. Nel frattempo “il suggerimento è sempre lo stesso: documentiamoci, ragioniamo con la nostra testa e non facciamoci drogare da tutti questi effetti speciali…luci…suoni e colori che ci vogliono rimbambire ad hoc”, aggiunge Armiliato.
BOCCIA: LEGGE FORNERO DA NON TOCCARE
Vincenzo Boccia non vuole lasciare dubbi su quel che pensa riguardo le ipotesi di cancellare la Legge Fornero o di intervenire per modificare l’attuale sistema previdenziale. Il Presidente di Confindustria, durante il suo intervento al Forex che si è svolto a Verona, ha infatti detto che ritiene che sia il Jobs Act che le riforma delle pensioni non si debbano toccare. Un chiaro riferimento alle proposte e alle promesse che stanno arrivando dalla campagna elettorale. Non mancano infatti forze politiche che ritengono necessario intervenire sulla Legge Fornero e anche il contratto a tutele crescenti è oggetto di critiche: c’è chi vorrebbe infatti ritornare al sistema previgente il Jobs Act. Come detto, non è la prima volta che Boccia difende l’attuale sistema pensionistico e recentemente aveva spiegato di esserlo per senso di responsabilità, dato che come industriale la possibilità di svecchiare la forza lavoro sarebbe un elemento positivo.
BLOCCO RIVALUTAZIONI, PRONTO RICORSO ALLA CEDU
Non sembra essere finita la battaglia dei pensionati che mirano ad avere indietro tutto quel che sarebbe loro dovuto in virtù della sentenza che ha dichiarato illegittimo il blocco delle rivalutazioni operato dal Governo Monti nel 2011. La Consulta ha promosso il bonus Poletti che ha concesso ad alcuni di loro un rimborso spesso parziale, ma ci sono associazioni che sono pronte a rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il Giornale riporta le parole di Celeste Collovati, legale di Aspes, secondo cui “tante, forse troppe sono state le violazioni del diritto al giusto processo in tal vicenda, tra cui la violazione della precedente sentenza che costituiva un giudicato costituzionale e l’art. 6 (Cedu)”. Vedremo se la battaglia legale andrà avanti, con quali tempi e quali saranno i risultati.
IL FOCUS DELL’UPB
L’Ufficio parlamentare di bilancio ha dedicato un focus alle novità introdotte dalla Legge di bilancio 2018, tra cui la deroga che è stata concessa a 15 categorie di lavori gravosi all’innalzamento dei requisiti pensionistici in base all’aspettativa di vita che scatterà dal 2019. Mf-Dow Jones riporta una sintesi del documento, nella quale si legge che nell’ultimo decennio “si è assistito a un graduale depotenziamento delle deroghe per interi settori/comparti a favore di quelle per tipologie di lavoro gravose e usuranti. Ciò tuttavia è avvenuto senza un disegno complessivo sufficientemente omogeneo e stabilendo requisiti di accesso all’agevolazione differenti a seconda della tipologia”. Fortunatamente la Legge di bilancio ha previsto, su pressione dei sindacati, la creazione di una commissione tecnico-scientifica per identificare le professioni usuranti con criteri quanto più possibile oggettivi.
In ogni caso, secondo l’Upb, “andrebbe fatta una riflessione sull’opportunità di mantenere nella loro configurazione attuale i trattamenti agevolati a favore di specifici settori e comparti”. L’idea di fondo è che “un mercato del lavoro più flessibile nella fase terminale delle carriere potrebbe consentire ad alcune tipologie di lavoratori di svolgere la propria attività con modalità meno gravose e contemplare, tra le funzioni, una posizione specifica per la trasmissione delle conoscenze e delle esperienze ai più giovani”. Questo consentirebbe infatti “di ridimensionare la portata di deroghe ed esenzioni e di concentrare gli sforzi sui casi più rilevanti e urgenti”.
MEZZO MILIONE DI ITALIANI PRENDE LA PENSIONE DA OLTRE 37 ANNI
I dati resi noti dall’Inps sulla situazione delle pensioni italiane e sulla longevità di molti pensionati nostrani fanno impressione e fanno comprendere come siano realmente problematiche le prossime discussioni sul piano previdenziale dei prossimi decenni. In sostanza, ci sono quasi 700mila italiani che ricevono la pensione già da prima del 1982: i numeri, tra l’altro, non includono trattamenti di invalidità e neanche pensioni sociali. Insomma, quasi un milione di persone vive di pensione da quasi 40 anni, una cifra incredibile che certifica il “pensionato professionale”. «L’età alla decorrenza delle pensioni liquidate prima del 1980 è di 49,9 anni per la vecchiaia e di 46,4 per l’anzianità, mentre per i superstiti da assicurato è di 41,5 anni (45,7 per i superstiti da pensionato). Per i pensionati del settore privato l’età è un po’ più alta per i trattamenti di vecchiaia (compresa l’anzianità) con 54,7 anni, mentre è più bassa per i superstiti con appena 40,7 anni al momento della liquidazione della pensione», spiegano i dati Inps esposti nelle ultime ore. (agg. di Niccolò Magnani)