L’APPELLO DEI GIOVANI INDUSTRIALI
Temi come reddito di cittadinanza e pensioni d’oro sembrano non riguardare alcune zone d’Italia, come la provincia di Bolzano, che al contrario fornisce un contributo economico per i pensionati con l’assegno più basso. Come spiega Today.it, dal 2014 in Alto Adige chi percepisce una bassa pensione ha diritto a un contributo provinciale per l’affitto e le spese accessorie. Solo lo scorso anno sono stati duemila gli altoatesini che ne hanno usufruito eppure c’è chi, pur avendone diritto, non richiede questo tipo di sostegno all’ente pubblico. Da oggi, la giunta provinciale di Bolzano ha annunciato l’aumento dell’importo del contributo e dell’importo annuo che rientra nel contributo stesso, aumentando in tal modo il numero degli aventi diritto. “Abbiamo deciso di allargare la platea di coloro che hanno diritto al sostegno provinciale e di adeguare gli importi già introdotti a partire dal 2014. In questo modo, sempre nell’ambito di quanto previsto dalle norme nazionali e dall’Inps, si vuole venire incontro ai pensionati altoatesini che percepiscono una pensione bassa ed hanno obiettive difficoltà economiche”, ha spiegato l’assessora provinciale al Lavoro, Martha Stocker. Intanto, mentre il nuovo governo annuncia l’addio della legge Fornero nella prossima graduale riforma, c’è chi invece lancia un appello in suo favore. E’ il caso dei giovani industriali che vogliono tenerla ben stretta: “La legge Fornero è un mattone della sostenibilità dei conti pubblici: perché non c’è giustizia nell’indebitare la nostra generazione già subissata dal debito”. Sì alla legge Fornero, dunque, e no alla Flat tax, come spiegato da Alessio Rossi, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
QUOTA 100 E L’INTEGRAZIONE DA 200 EURO A BOLZANO
A luglio i pensionati con un assegno di basso importo riceveranno la quattordicesima. In provincia di Bolzano, invece, chi percepisce una pensione bassa ha diritto a un contributo provinciale per l’affitto e le spese accessorie che quest’anno è stato aumentato e può arrivare fino a duecento euro al mese. La Giunta provinciale ha deciso infatti accrescerne l’importo e anche di abbassare il requisito anagrafico per avervi diritto (basta ora essere over 65) e di alzare la soglia di reddito massimo a 9.000 euro l’anno, ovvero 750 euro al mese. Come riporta Askanews, l’obiettivo della Giunta è quello di cercare da raggiungere tutti coloro che hanno diritto a questa misura, per usufruire della quale è necessario presentare una domanda apposita, operazione che sarà possibile a partire dal prossimo 21 giugno.
QUOTA 100, DAMIANO: PARTIRE DA 63 ANNI
Su Quota 100 Cesare Damiano evidenzia che “il Governo ha il dovere di dirci qual è la proposta concreta. Se è quella che è circolata, di partire da 64 anni di età che andrebbero sommati a 36 anni di contributi, si risolverebbe ben poco. Si peggiorerebbe addirittura la situazione di chi, con l’Ape sociale, può già andare in pensione a 63 anni con 36 di contributi se appartiene alle 15 categorie di lavori gravosi”. L’ex ministro del Lavoro, in tema di riforma delle pensioni, non nasconde di avere richieste precise: “Partire, nella Quota, dai 63 anni di età, rendere strutturale l’Ape sociale che scade alla fine di quest’anno e varare la nona e ultima salvaguardia per gli esodati”. Per Damiano, inoltre, non bisogna trascurare “il discorso dell’aggancio dell’età della pensione all’aspettativa di vita: i Governi del Pd sono intervenuti per cambiare un meccanismo infernale inventato dal Governo Berlusconi: bisogna proseguire per rallentarlo o cancellarlo, se non vogliamo andare in pensione a 70 anni. Che ne dice il Governo?”.
NIENTE RIFORMA DELLE PENSIONI NEL CDM
Ieri si è svolto un Consiglio dei ministri lampo, durato meno di un’ora, presieduto da Matteo Salvini, in qualità di vicepremier più anziano, vista l’assenza di Giuseppe Conte volato in Canada per il G7. Secondo alcuni media, si sarebbe dovuto parlare anche di riforma delle pensioni, vista l’enfasi che era stata posta in campagna elettorale sul tema, ma così non è stato. Del resto vista anche l’assenza del Presidente del Consiglio come si sarebbe potuta prendere una decisione così importante? Termometropolitico segnala che Quota 100 e Quota 41 sarebbero rinviate al 2019. C’è da dire che difficilmente un intervento sulle pensioni si potrebbe realizzare prima. Dovendo incidere sui saldi di bilancio, sarà appunto con la Legge di bilancio, che si parlerà di riforma delle pensioni, come del resto è avvenuto nel corso degli ultimi anni. Bisognerà quindi attendere almeno fino dopo l’estate prima di poter vedere una vera e propria decisione del Governo sulle pensioni.
LE NOVITÀ IN TEMA PREVIDENZIALE DEL NUOVO GOVERNO
Con il nuovo governo Lega-5 Stelle, cosa cambia in fatto di pensioni? L’obiettivo centrale del nuovo esecutivo, come ormai ribadito in varie occasioni, resta quello di abolire la legge Fornero sebbene si tratterà di una riforma graduale che prevedrà l’introduzione della quota 41, quota 100 e dell’opzione donna, quest’ultima riproposta. Certamente la novità maggiore ad oggi annunciata consiste proprio nella cosiddetta quota 100, ovvero la possibilità di andare in pensione una volta raggiunta la somma (pari appunto a 100) tra la propria età e gli anni di contributi versati. Tale meccanismo sarà affiancato dalla quota 41, ovvero la possibilità per il lavoratore di andare in pensione se ha versato 41 anni di contributi, a prescindere dalla sua età. Ma chi, attualmente, potrà andare in pensione con un certo numero di anni di contributi? Ciò, come spiega Today.it, è limitato a coloro che a 19 anni avevano già maturato 12 mesi di contributi; coloro che risultano iscritti alla previdenza obbligatoria prima del ’96; disoccupati che da 3 mesi non percepiscono la disoccupazione; invalidi dal 74%; coloro che abbiano svolto lavori usuranti e/o gravosi e coloro che da almeno 6 mesi assistono un familiare convivente entro il 2° grado con un handicap grave. Infine, l’opzione donna, ovvero il meccanismo che anticipa i tempi della pensione delle lavoratrici. Chiaramente il passaggio al nuovo regime previdenziale sarà graduale e potrebbe essere oggetto a slittamenti. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
L’INVITO AL GOVERNO SULLE PENSIONI
Il quotidiano online La Tecnica della Scuola ha chiesto al coordinatore della Gilda Calabria Antonino Tindiglia un commento sulla riforma delle pensioni che Lega e Movimento 5 Stelle vogliono varare. Tindiglia è anche componente della direzione nazionale della Gilda insegnanti e, tra le altre cose, si occupa anche di pensioni. Dal suo punto di vista non bisogna occuparsi troppo dei costi degli interventi previdenziali, nel senso che c’è anche un elevato costo sociale nel tenere in servizio insegnante che hanno sulle spalle molti anni di carriera. “Una docente costretta a restare in servizio contro la sua volontà a 66/67 anni e 41/42 di servizio, a parte la distanza epocale tra generazioni, trova grande difficoltà ad essere ascoltata e seguita”, è l’osservazione che viene fatta dal sindacalista. L’invito al Governo è quindi quello di “ripensare tutta la materia pensionistica in un’ottica meno economica e più produttiva per il bene della Nazione”.
QUOTA 100, IL DUBBIO SUL CALCOLO CONTRIBUTIVO
La riforma delle pensioni non è stata citata nel discorso con cui Giuseppe Conte ha chiesto la fiducia al Parlamento. Su Quota 100 e Quota 41 non mancano domande importanti, come quella che pone Il Sole 24 Ore: i futuri assegni saranno ricalcolati o meno con il contributivo? Il fatto che per gli interventi previdenziali venga prevista una spesa di 5 miliardi di euro può infatti far pensare che si scelga questa strada che comporta una “penalizzazione” per i pensionandi, riguardante di fatto solamente i contributi effettuati dal 1996 al 2012 per coloro tra l’altro che avevano un’anzianità contributiva inferiore ai 18 anni al momento della Riforma Dini. Secondo quanto riporta il quotidiano di Confindustria, chi avuto carriere “piatte”, senza particolari aumenti retributivi negli ultimi anni, si ritroverebbe di fatto senza alcuna perdita. Diversamente, si potrebbe anche arrivare a una “decurtazione” di circa il 9-10%.
OPZIONE DONNA E LAVORI DI CURA: COSA ACCADRÀ?
Sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, di cui è amministratrice, Orietta Armiliato evidenzia che nel contratto di Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle non si cita la piattaforma sindacale unitaria “che evidenzia la necessità di provvedimenti compreso il ‘riconoscimento e la valorizzazione del lavoro di cura’” svolto dalle donne e che la proroga di Opzione donna, inserita invece nel capitolo dedicato alla riforma delle pensioni, “sarà realizzata finanziandola solo ‘utilizzando le risorse disponibili’”. Per questo motivo, Armiliato promette di continuare a seguire le notizie che arriveranno in materia di previdenza, “mantenendo alta l’attenzione su queste due criticità che non sono certo di poco conto”. Soprattutto perché le donne risultano ancora penalizzate dall’attuale sistema pensionistico.
QUOTA 100, LE PAROLE DI BENTIVOGLI
Marco Bentivogli boccia l’idea che Quota 100, o il superamento della Legge Fornero, possa aiutare a far diminuire la disoccupazione giovanile: “La correlazione tra l’uscita dei pensionati e l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro semplicemente non è diretta e, quando accade, è molto limitata: più o meno, entra un giovane ogni tre pensionati che escono. Se queste sono le aspettative, il risultato della riforma alla legge Fornero sarà molto deludente. E lo dice uno che la legge Fornero la correggerebbe…”. Intervistato da Linkiesta, il Segretario generale della Fim-Cisl ritiene che Quota 100 replichi “la stessa ingiustizia della Legge Fornero, quella secondo cui l’età pensionabile non deve dipendere dalla gravosità del lavoro. Ci sono professioni in cui non c’è nessun problema ad arrivare a 67 anni. Per altri, che fanno lavori usuranti, è ridicolo”.
Dal suo punto di vista è piuttosto preoccupante che si parli tanto di pensioni, con interventi che richiedono molte risorse, quando ci sarebbe bisogno di interventi sulla formazione e l’innovazione. Il sindacalista non nasconde nemmeno una certa delusione per il fatto che il contratto di Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle non si occupi di industria. “Noi siamo la seconda manifattura d’Europa: i paesi concorrenti investono, hanno una potenza di fuoco gigantesca. Se noi andiamo indietro è un problema. Lo ribadisco: un Paese pieno di debiti e senza industria non è un Paese sovrano”, spiega, aggiungendo di essere curioso e in attesa delle mosse del nuovo esecutivo, ma non impaurito da esso.