CANCELLARE O SMONTARE LA LEGGE FORNERO?
Durante la campagna elettorale, Lega e Movimento 5 Stelle hanno ripetuto che avrebbero cancellato la Legge Fornero una volta arrivati al Governo. Tuttavia, fa notare Orietta Armiliato sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, ora sembra che si voglia “smontare” la riforma delle pensioni del 2011. “Ad aprire brecce per migliorarla/superarla e quindi smontarla pezzo a pezzo ma senza però sfasciare gli equilibri precari dei conti rendendola però più flessibile e quindi migliore, ci si era già riusciti negli ultimi due esercizi della scorsa Legislatura”, fa notare Armiliato, secondo cui quindi se lo scopo ora è smontare la Legge Fornero, “basta andare avanti seguendo il percorso tracciato”. Anche perché cancellare una riforma significa rifare daccapo un sistema previdenziale “e, francamente, proposte serie in questa direzione non è che se ne siano viste circolare”, aggiunge.
VITALIZI, RISPARMI BLOCCATI
Luigi Di Maio aveva assicurato che i 43 milioni di euro ricavati dal taglio dei vitalizi degli ex parlamentari sarebbero stato destinati alle pensioni minime, per una questione di giustizia sociale. Tuttavia, come viene spiegato dall’Huffington Post, un documento messo a punto dal collegio dei Questori di Montecitorio ha deciso che fino al 2021 questi soldi non potranno essere toccati. “Vista l’elevata possibilità che la deliberazione in questione venga fatta oggetto di impugnazione giurisdizionale, si deve tenere conto che un eventuale annullamento della deliberazione possa pregiudicare i citati effetti di risparmio”. Insomma, per almeno tre anni questi risparmi non saranno utilizzabili, sempre che non vengano cancellati da un ricorso. Roberto Fico ha assicurato che “si tratta solo di una norma figurativa” e che i risparmi ci saranno. Non resta che aspettare.
PARTITA A TRE (ANCHE) SULLA RIFORMA DELLE PENSIONI
Il Governo Lega-M5s ha fatto fatica a trovare una quadra sulle nomine più importanti, come quelle per i vertici della Cassa depositi e prestiti. Secondo quanto scrive Raffaele Marmo sul Quotidiano Nazionale, l’esecutivo non si regge su una diarchia, bensì su una triarchia, visto che sia Giovanni Tria che Giuseppe Conte rappresentano in qualche modo “quel complesso di soggetti e istituzioni che fanno capo direttamente o indirettamente alla Presidenza della Repubblica e alla Banca centrale europea”. Dal suo punto di vista non c’è quindi da stupirsi più di tanto per gli scontri e gli stalli sulle scelte di politica economica. “Su quest’ultimo fronte la partita a tre si giocherà tutta a settembre con la predisposizione della legge di Bilancio e il disvelamento delle carte vere da parte di tutti su pensioni, reddito di cittadinanza e flat tax”, aggiunge Marmo.
LA RICHIESTA SUI PIR
La Federazione banche assicurazioni finanza, attraverso il suo Presidente Luigi Abete, evidenzia la necessità di “implementare la possibilità che il sistema pensionistico col primo pilastro possa utilizzare i Pir per investire nelle medie imprese”. Secondo quanto riporta Italia Oggi, Abete ritiene che i Piani individuali di risparmio funzionino, ma non per soddisfare le esigenze di equity delle aziende Mid Cap. Per queste imprese di piccola dimensione, Luiss Business School e Confindustria stanno mettendo a punto un progetto per creare degli strumenti denominati Permanent capital vehicles (Pcv) “che raccolgano 100-200 milioni per investire in un gruppo definito di aziende in modo poi che lo stesso Pcv, quotandosi, diventi esso stesso un soggetto che consente di valutare da parte degli istituzionali quale sia il valore dell’investimento”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI ROBERTO GHISELLI
Lega e Movimento 5 Stelle avevano parlato già durante la campagna elettorale di cancellazione della riforma delle pensioni targata Fornero. Ora che i due partiti sono al Governo, “si sta passando a parlare esclusivamente di alcuni limitati interventi che, con i vincoli ipotizzati, non sarebbero altro che un ulteriore ritocco alla Fornero, molto parziale per la platea a cui si rivolge, lasciandone intatta la struttura”. È quanto mette in luce Roberto Ghiselli. In un’intervista a pensionipertutti.it, il Segretario confederale della Cgil ricorda che “servirebbe una riforma strutturale che superi quell’impianto e sappia dare risposte che parlino a tutto il mondo del lavoro, a tutte le generazioni, i generi, le professioni, e a tutte le aree geografiche”. In particolare, bisognerebbe far sì che ci fosse “una effettiva flessibilità in uscita, a scelta del lavoratore dopo i 62 anni, o la possibilità di accedere alla pensione dopo i 41 anni di contributi”.
Tutto questo senza dimenticare quanto sia importante un provvedimento capace di dare “una prospettiva previdenziale per i giovani e un sistema che riconosca anche la gravosità dei lavori”. Ghiselli evidenzia anche per ci sono le condizioni per una soluzione definitiva al problema degli esodati e che “è necessaria una soluzione strutturale e non penalizzante per le donne che riconosca la specificità delle loro condizioni nel mercato del lavoro, non rinunciando però ad una battaglia per le politiche di conciliazione e di parità sul lavoro e nella società. Serve poi il riconoscimento del lavoro di cura, svolto nel corso della vita, in particolare quello connesso all’assistenza di familiari non autosufficienti o figli”.