Ha colpito vedere la commozione di Leone XIV nel ricevere l'Anello del Pescatore. Importanti le parole del Papa sulla centralità di Cristo
Durante la messa d’intronizzazione l’attesa era rivolta principalmente alle parole che il Santo Padre avrebbe rivolto al mondo: nonostante non fosse la prima uscita pubblica, l’omelia nella messa d’inizio Pontificato risulta sempre essere particolare. Alcuni vi leggono le indicazioni del suo governo della Chiesa, altri progetti più personali del Pontefice, altri ancora letture più politiche relative non solo alla Chiesa ma al mondo e alle relazioni internazionali.
Oltre all’omelia del Santo Padre, già analizzata dai vari commentatori, c’è stato un altro momento rivelatosi particolarmente intenso, ed è stato quando l’Anello del Pescatore è stato consegnato dal cardinale Tagle subito dopo il pallio: l’anello è chiamato così in quanto richiama le parole di Cristo a Pietro, “vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19), ed è uno dei segni visibili del legame diretto tra il Papa e Pietro, di cui è appunto successore.
In quel momento più che in ogni altro si è reso visibile la grandezza e il peso che Robert Francis Prevost è stato chiamato a portare, rendendo evidente al mondo la coscienza personale del Santo Padre davanti al mistero e alla sacralità di questo incarico. Lo sguardo sull’Anello, poi gli occhi rivolti verso il cielo: qualcosa è cambiato, per sempre.
In qualche modo il cardinale Prevost è scomparso per lasciare spazio d’ora in avanti al Pontefice Leone XIV: “Quello che vidi in seguito al Conclave non era più il cardinale ma un Papa, con la sua veste sacra, che compariva per la prima volta dalla finestra di San Pietro. In quel preciso istante inconsapevolmente capii che tutto era cambiato per lui. In quel preciso istante compresi che la sua vita precedente era finita – senza però scomparire – per sempre. […] La sua vita personale da quel giorno ha fatto un passo indietro per lasciare spazio all’identità sacra e alla responsabilità dell’istituzione” (Navarro-Valls, A passo d’uomo).
Leone XIV si è commosso. Ecco il primo vero segno, più grande forse delle sue stesse parole. Il Pontefice che si commuove, memore della chiamata a un compito più grande di lui che porta con sé un amore anch’esso più grande. Come ha ricordato nell’omelia, l’amore di Cristo a Pietro è indicato nel Vangelo con “il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia”. Ecco il mistero del ministero petrino, un ministero particolarmente avvolto nell’amore.
La commozione del Papa, già vista alla loggia delle benedizioni al termine del Conclave, non è segno di debolezza ma coscienza di essere chiamato ad un compito sovrumano, al di là delle proprie forze, nel quale non sarà mai solo: questa è la forza del Papato e della Chiesa, la Presenza di Cristo che commuove, e a cui il Papa, già dai suoi primi discorsi, rimanda con fede viva e ardente. Cristo al centro di tutto.
Solo da qui è possibile capire i suoi riferimenti alla pace e all’amore, fino ad arrivare alla fraternità e all’unità: “Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno”.
Papa Leone ha tracciato la rotta millenaria della Chiesa: non sforzi volontaristici o programmi di Governo, ma la centralità della Presenza di Cristo.
Ecco la risposta di Pietro alla domanda di Gesù risorto, ecco l’emozione di Leone XIV: non un segno di debolezza, ma la coscienza della propria fragilità e dell’amore di Cristo.
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