Il film "Lettera a Franco" racconta le vicende della guerra civile spagnola con gli occhi del filosofo e scrittore Miguel de Unamuno
Lettera a Franco è un film del regista Alejandro Amenábar, il cui filo rosso è la drammatica vicenda del filosofo e scrittore Miguel de Unamuno (interpretato da Karra Elejalde), che nel 1936 vive a Salamanca assieme alle due figlie e a un nipote con una domestica molto vicina.
De Unamuno è rettore dell’Università di Salamanca, è una voce molto apprezzata e si trova di fronte all’inizio della guerra civile spagnola. Così il regista affrontando il percorso di de Unamuno fa anche vedere dal suo punto di vista l’origine della guerra civile spagnola con un’interpretazione interessante ma tutta da discutere. Due sono così le tracce del film: la prima è quella che lascia Miguel de Unamuno, la seconda è una riflessione sulla guerra civile spagnola.
De Unamuno inizialmente appoggia le forze nazionaliste di Franco (Santi Prego) perché vede in esse la possibilità di pacificazione del Paese. Però de Unamuno ha due amici con cui discute animatamente e con grande libertà di quello che sta succedendo in Spagna: uno è Atilano Coco (Luis Zahera), protestante e docente della Chiesa episcopale, l’altro è un giovane professore universitario, Salvador Vila (Carlos Serrano-Clark), di chiare tendenze socialiste.
I due amici tentano in tutti i modi di aprirgli gli occhi su quello che sta succedendo, che quella di Franco non è una difesa della Spagna ma l’instaurazione di un preciso e spietato fascismo. De Unamuno discute con grande apertura con gli amici, tiene duro sulla convinzione che ci sia bisogno di un ordine in Spagna che la riporti a una pacificazione delle parti. Il metodo di Franco, però, non è quello di cui si illude de Unamuno, non è una composizione delle parti opposte, ma è l’eliminazione di chi ha posizioni diverse da quelle del dittatore spagnole.
È affascinante come il regista Alejandro Amenabar mostra come avviene il cambiamento in de Unamuno: una discussione senza fine tra lui e Salvador Vila, e i due amici alla fine di questo dialogo che camminano per tornare a Salamanca; arriva un’auto con la polizia franchista, Salvador Vila viene arrestato e portato a forza nell’auto, mentre de Unamuno viene minacciato e gli viene imposto di non guardare alla violenza che si sta commettendo contro un giovane colpevole solo delle sue idee. Atilano Coco era già stato arrestato e invano de Unamuno aveva chiesto la sua liberazione.
Sono i suoi due amici privati della libertà (poi verranno giustiziati) a mettere in crisi tutto il sistema giustificatorio che de Unamuno si era creato. Ora finalmente vede le cose come stanno, riconosce lo spietato fascismo di Francisco Franco e alla Festa della Razza a Salamanca pronuncia un memorabile e coraggioso discorso contro la disumanità dei nuovi potenti. “Vincerete perché avete forza bruta in abbondanza – dirà de Unamuno -. ma non convincerete. Per convincere bisogna persuadere e per persuadere avreste bisogno di qualcosa che vi manca: ragione e diritto nella lotta”.
De Unamuno finisce per opporsi in modo esplicito al regime e per questo verrà deposto da tutte le sue cariche, ma così avrà ritrovato la sua dignità e il suo amore alla libertà e al dialogo.
Il contesto in cui si svolge il percorso di de Unamuno è quello degli inizi della guerra civile spagnola e a questo riguardo il regista Alejandro Amenabar lascia aperta una questione molto interessante su cui discutere: Amenabar racconta come la salita al potere di Francisco Franco sia lenta e titubante, ma accelerata da alcuni suoi generali e tra loro la figura più determinante è quella del generale José Millán-Astray (Eduard Fernandez).
Altra sottolineatura di Amenabar è quella che lo scontro non è tra Francisco Franco e i repubblicani, perché il vero nemico temuto dal futuro dittatore fascista sono gli stalinisti che sono annidati nelle schiere repubblicane. Quindi, la vicenda è molto complessa e all’inizio il franchismo sembra essere un nazionalismo a difesa della Spagna contro il pericolo del comunismo staliniano.
Così sembra che la vicenda spagnola si possa inserire dentro lo scontro che vi è a livello europeo tra le forze liberali e quelle del comunismo, quindi così si spiegherebbe la prima faccia nazionalista del franchismo, che però si trasforma in fascismo per una spinta interna molto forte impersonificata da Josè Millan-Astray. Non si tratta di una giustificazione della presa di potere di Francisco Franco, il film di Amenabar dice tutt’altro, non giustifica l’Alzamiento, ma evidenzia la debolezza della cultura democratica, del resto anche de Unamuno ha dovuto vedere il fascismo per condannarlo.
È una significativa domanda quella che apre il film di Amenabar, la domanda sull’origine della guerra civile spagnola e sul ruolo giocato dalle forze staliniste e dalla debolezza della cultura spagnola.
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