Caro direttore,
ho letto con attenzione l’articolo di Paola Binetti del primo febbraio intitolato Eutanasia. La risposta dei medici inglesi al partito della morte. In esso l’autrice adombrava che sia in Francia che in Gran Bretagna la legislazione sull’eutanasia fosse presentata dai promotori accanto a quella sulle cure palliative, considerandole una sorta di “cavallo di Troia” per fare entrare l’eutanasia nella legislazione. Secondo l’autrice, questa era l’intenzione dei promotori della legge.
Mi sono chiesto: è poi così diversa la percezione delle cure palliative che hanno tanti cattolici e nostri compagni di cammino, senz’altro in buona fede, ma comunque con tanta confusione in mente? Non ritengono forse tanti che le cure palliative siano una strada per aprire all’abbandono terapeutico, quando non a metodi di suicidio medicalmente assistito ed eutanasia? O meglio, qual è la vera natura delle cure palliative?
Per non essere tacciato di “conflitto di interessi” (faccio cure palliative da 40 anni), preferisco far parlare tre Pontefici.
Giovanni Paolo II alla Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio della Pastorale della Salute (12 nov. 2004): “Soprattutto nella fase della malattia, in cui non è più possibile praticare terapie proporzionate ed efficaci, mentre si impone l’obbligo di evitare ogni forma di ostinazione o accanimento terapeutico, si colloca la necessità delle cure palliative che, come afferma l’Enciclica Evangelium vitae, sono “destinate a rendere più sopportabile la sofferenza nella fase finale della malattia e di assicurare al tempo stesso al paziente un adeguato accompagnamento” (n. 65). Le cure palliative, infatti, mirano a lenire, specialmente nel paziente terminale, una vasta gamma di sintomi di sofferenza di ordine fisico, psichico e mentale, e richiedono perciò l’intervento di un’équipe di specialisti con competenza medica, psicologica e religiosa, tra loro affiatati per sostenere il paziente nella fase critica”.
Benedetto XVI ai partecipanti alla XXII Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari (17 nov. 2007): “L’odierna mentalità efficientista tende spesso ad emarginare questi nostri fratelli e sorelle (anziani, ammalati) sofferenti, quasi fossero soltanto un peso ed un problema per la società. Chi ha il senso della dignità umana sa che essi vanno, invece, rispettati e sostenuti mentre affrontano serie difficoltà legate al loro stato. È anzi giusto che si ricorra pure, quando è necessario, all’utilizzo di cure palliative, le quali, anche se non possono guarire, sono in grado però di lenire le pene che derivano dalla malattia. Sempre, tuttavia, accanto alle indispensabili cure cliniche, occorre mostrare una concreta capacità di amare, perché i malati hanno bisogno di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento e accompagnamento”.
Papa Francesco alla Rete Mondiale di Preghiera del Papa con l’intenzione per febbraio 2025, richiama l’attenzione sull’importanza della cura e dell’accompagnamento dei malati terminali e sul sostegno doveroso alle loro famiglie che “non possono essere lasciate sole. Non sempre si ottiene la guarigione”, osserva poi il Papa, ma sempre è possibile prenderci cura del malato. “Ed è qui che entrano in gioco le cure palliative, che garantiscono al paziente non solo un’assistenza medica, ma anche un accompagnamento umano e vicino. Le famiglie non possono essere lasciate sole in questi momenti difficili. Il loro ruolo è decisivo. Devono disporre di mezzi adeguati per fornire il supporto fisico, il supporto spirituale, il supporto sociale”.
Queste sono le vere cure palliative, quelle originali, quelle dell’infermiera Cicely Saunders che definiva l’hospice “luogo di vita, di ricerca, di assistenza, e di formazione”. Le “cure palliative originali” sono l’unico argine alla banalizzazione ed esplosione del suicidio assistito e della eutanasia, almeno per una importante fetta di tali richieste (Asher Colombo, Gianpiero Dalla Zuanna. “La demografia del fine-vita”, Rassegna Italiana di Sociologia, Fascicolo 3, luglio-settembre 2023).
Una sorta di “obiezione di coscienza” in positivo, sistematica e condivisa, anche da non credenti.
Qualunque misconcezione delle cure palliative deve essere presentata per quello che è, appunto un fraintendimento delle cure palliative, dando questo giudizio di confusione strumentale in modo chiaro e facilmente comprensibile da tutti.
Grazie per l’ospitalità.
Marco Maltoni, presidente dell’Associazione “Sul sentiero di Cicely per le Cure Palliative”
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